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Zungri: archeologia di un villaggio rupestre calabrese di epoca medievale

lunedì, 26 aprile 2021 09:18

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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
FtNews ha intervistato l'archeologo Santino Alessandro Cugno, autore, insieme all'archeologa calabrese Rosalba Piserà, del libro Zungri. Archeologia di un villaggio rupestre medievale nel territorio di Vibo Valentia (Roma - Bristol: L’Erma di Bretschneider, 2021), con la prefazione della dott.ssa Maria Teresa Iannelli, già direttrice archeologa della Soprintendenza Archeologica della Calabria, e la presentazione della prof.ssa Carmela Crescenzi dell'Università di Firenze. In questo volume sono confluiti i risultati delle ricerche effettuate dalla collaborazione tra Santino Alessandro Cugno, Funzionario Archeologo del Ministero della Cultura e specialista in insediamenti rupestri di epoca medievale, e Rosalba Piserà, perito esperto in archeologia giudiziaria, entrambi membri del Centro Studi sull’Habitat rupestre di Zungri e della Calabria.
In provincia di Vibo Valentia sorge una delle più famose concentrazioni di testimonianze rupestri medievali dell’intera Calabria: il villaggio rupestre di Zungri, noto a livello locale anche come Grotte degli "Sbariati". Nel corso della nostra intervista, il dott. Cugno ha parlato dell’importanza culturale del villaggio rupestre, ripercorrendo anche la storia delle indagini archeologiche nel territorio. Si è soffermato sui dati più importanti acquisiti grazie alle ricerche che ha avuto modo di portare avanti con Rosalba Piserà e sulle caratteristiche dell'area insediativa, che solo in un secondo momento, probabilmente in una fase inoltrata del Medioevo, divenne un abitato “strutturato” vero e proprio. Nelle parole dello studioso l'auspicio che questo lavoro, così rigoroso dal punto di vista dei contenuti scientifici, possa suscitare l’interesse e la sensibilità di un ampio pubblico di lettori, non solo degli addetti ai lavori.

Dott. Cugno, insieme all'archeologa Rosalba Piserà ha curato il libro Zungri. Archeologia di un villaggio rupestre medievale nel territorio di Vibo Valentia(Roma - Bristol: L’Erma di Bretschneider, 2021), con la prefazione della dott.ssa Maria Teresa Iannelli e la presentazione della prof.ssa Carmela Crescenzi. Come e quando è nata l'idea di pubblicare un libro contenente i risultati delle ricerche effettuate in loco da lei e dalla dott.ssa Piserà?
Questo libro nasce in seguito alla partecipazione ad un proficuo convegno di studi svoltosi a Zungri nel mese di novembre 2019, organizzato dall'Amministrazione Comunale e dedicato interamente all'affascinante "città di pietra" della Calabria. In quella circostanza ebbi l'opportunità di visitare personalmente le Grotte degli "Sbariati", con l'attenta guida dell'arch. Maria Caterina Pietropaolo in qualità di coordinatrice del locale Museo della Civiltà Contadina e dell'area archeologica, e presi immediatamente consapevolezza delle straordinarie analogie (insieme a peculiari differenze) con gli insediamenti rupestri siciliani, pugliesi e materani, oggetto principale dei miei studi da diversi anni a questa parte. In modo particolare, è stata la dott.ssa Angela Ippolito, l'ideatrice dell'incontro di studio, e il suo amore per Zungri e per tutto il patrimonio culturale calabrese, ad avermi indotto ad indagare personalmente questo straordinario sito archeologico per metterne in risalto le principali caratteristiche e potenzialità conoscitive. Determinante, tuttavia, è stata la preziosa collaborazione con la dott.ssa Rosalba Piserà, abile archeologa disegnatrice del Vibonese, che si era già occupata di Zungri per la sua tesi di laurea all'Università della Calabria. Con lei si è instaurato subito un bel rapporto di affiatamento e stima reciproca, necessario per la buona riuscita di ogni progetto e collaborazione di questo tipo.

A quando risalgono e a chi sono dovuti la riscoperta dell’importanza culturale del villaggio rupestre di Zungri, noto a livello locale anche come Grotte degli “Sbariati”, e l'avvio delle indagini archeologiche nel territorio?
La riscoperta dell’importanza culturale delle Grotte degli “Sbariati” sembra essere avvenuta solo a partire dal 1983, quando Achille Solano, direttore del Civico Museo Archeologico di Nicotera, con la collaborazione di Pasquale Mazzitelli, sindaco del Comune di Zungri, si adoperò per il rilevamento topografico di questo abitato rupestre, adibito al ricovero degli animali dai proprietari dell’epoca. Il territorio di Zungri è stato oggetto di indagini archeologiche preliminari nell’agosto del 1985, per la stesura di una carta archeologica comunale, da parte dell’équipe del Centro per l’Archeologia Medievale dell’Università di Salerno, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Calabria. Nel biennio 2006-2007, infine, una serie di nuove ricognizioni di superficie e una campagna di scavo, nel fianco meridionale del colle di Zungri, furono effettuate dall’insegnamento di Archeologia Medievale dell’Università della Calabria, sotto la direzione scientifica della prof.ssa Adele Coscarella.
Interno dell'unità rupestre 14 con particolare dei fori sul soffitto
Quali sono i dati più importanti acquisiti grazie alle ricerche che ha avuto modo di portare avanti con la dott.ssa Piserà? Cosa ci rivelano gli studi più recenti di carattere archeologico e topografico? In quale momento Zungri divenne un abitato “strutturato” vero e proprio? Abbiamo testimonianze risalenti a questo periodo?
L’area insediativa occupa una superficie di circa 3000 mq ed emerge con un crinale molto ripido, sui cui terrazzamenti si distribuiscono circa 40 unità ad uno o più vani, di diverse dimensioni e forma. Esse comprendono abitazioni prevalentemente monolocali (alcune a più piani), impianti produttivi (palmenti, apiari, calcare, ecc.), ambienti destinati all’allevamento degli animali, depositi e/o magazzini, sistemi di vasche e canalizzazioni per l’approvvigionamento idrico. I nuovi studi di carattere archeologico e topografico, editi in questo libro, hanno permesso di censire e analizzare in dettaglio 28 unità rupestri che mostrano chiaramente le tracce di un continuo reimpiego nel corso del tempo, che ha alterato profondamente la loro fisionomia originaria e ha distrutto i depositi stratigrafici più antichi, mediante la pulitura costante dei piani di calpestio. Per quanto riguarda l’articolato impianto di sfruttamento delle risorse idriche, costituito da vasche a cielo aperto e canalette connesse tra di loro, viene proposto un uso articolato tra la vita quotidiana dell’insediamento e le sue attività produttive, in modo particolare quelle ove era necessaria una elevata disponibilità d’acqua (come, ad esempio, la concia delle pelli, la frollatura del lino o della canapa, la lavorazione della fibra di ginestra, la tintura della lana). Degna di nota è la diffusa presenza di enormi silos per lo stoccaggio dei cereali, scavati nella nuda roccia e di diversa forma e tipologia (a campana, a sacco, ecc), che sembrano rimandare all’età bizantina o addirittura ad una cronologia più antica.
Di conseguenza, in epoca greca e/o bizantina questo sperone roccioso doveva essere un immenso deposito collettivo per le granaglie che si producevano nella zona del Poro; soltanto in un secondo momento, probabilmente in una fase inoltrata del Medioevo, quando l’esigenza di concentrare la raccolta del grano venne meno, Zungri prese forma come abitato “strutturato” vero e proprio. La maggior parte delle unità rupestri testimonia, ancora in tempi molto recenti, il parziale riutilizzo come ripari per gli animali, magazzini e cantine, conglobati in abitazioni preesistenti, oppure come rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale. Frequenti e visibili sono gli interventi di riadattamento alle varie esigenze che le escavazioni hanno subìto nei secoli, soprattutto in corrispondenza degli interni e degli ingressi, con integrazioni di murature e scale in legno.

A quando risale la più antica testimonianza scritta dell’esistenza dell'insediamento?
Le Grotte degli “Sbariati” di Zungri nascono verosimilmente come uno dei casali di pertinenza dell’importante centro di Mesiano, fondazione bizantina nel cui territorio si sviluppa una forma insediativa molto particolare quale quella rupestre. La più antica testimonianza scritta, che attesta l’esistenza di un centro abitato denominato Zungri, risale al 1310: nelle Rationes decimarum, infatti, apprendiamo che un «Presbiter Nicolaus Cappellanus Ecclesie S. Nicolai de Zungri pro secunda decima solvit tar. II». Il toponimo Zungri, nel corso del tempo, ha indubbiamente subìto notevoli variazioni, e ritroviamo, per esempio, in alcuni documenti dell’Archivio Pignatelli di Napoli il nome Zunghiri, oppure in molteplici carte geografiche Zungari o Zungrium. Nel 1571 Gabriele Barrio scrive di Zungri (Zeugarium) quale villaggio della «cittadella di Mesiano» (mesianum oppidum); nel XVII secolo Girolamo Marafioti e Giovanni Fiore da Cropani citano entrambi Zungri o Zungare quale casale di Mesiano.

Quali caratteristiche aveva l'area insediativa prima della sua fondazione? Oggi come si presenta?
Il villaggio rupestre di Zungri è situato nel versante sud-orientale del colle, dove sorge il moderno centro urbano, su un ampio costone roccioso, in una località denominataFossi, a breve distanza dal tratto dell'antica Via Popilia (ab Regio ad Capuam) che collegava le pianure di S. Eufemia e di Gioia Tauro. Fanno parte del territorio di Zungri anche varie attestazioni risalenti all’età del Bronzo Antico (località Costone Armo, Corno di Amaltea, Crista, Fosso Agrillusa, Micofole, ecc) e l’ipogeo di Papaglionti (noto anche come Grotta di Trisulina), datato al I-II sec. d.C. e interpretato come cisterna o ninfeo di una villa romana.
Frequentato fino ad epoche abbastanza recenti, l’insediamento rupestre di Zungri è localizzato sopra alcuni affioramenti rocciosi costituiti da banchi verticali e gradoni di arenaria a prevalente cemento calcareo: questo tipo di roccia, essendo facilmente lavorabile, si adatta bene allo sfruttamento per l’impiego nell’edilizia e per la creazione di architetture sottrattive. Tali caratteri meccanici e morfologici hanno favorito la realizzazione di una serie di terrazzamenti coltivabili e di un impianto insediativo peculiare, in parte articolato sul fronte di un percorso principale scavato nella roccia che attraversa l’intero pendio, e in parte distribuito in maniera abbastanza irregolare con unità isolate o raggruppate su più filari sovrapposti. Negli ultimi anni buona parte delle “grotte” in località Fossi sono state espropriate dal Comune di Zungri per renderle fruibili alla collettività.
Panoramica di un'unità dell'insediamento rupestre di Zungri
Quali sono le prospettive di ricerca future?
Sebbene non si possa escludere a priori che qualche cavità artificiale di Zungri, nel corso dei secoli, abbia ospitato eremiti o monaci erranti, tale contesto insediativo interessato dal fenomeno rupestre deve intendersi piuttosto come un abitato di matrice fortemente laica e civile, dove prevaleva un’economia di tipo sostanzialmente agro-pastorale, basata sullo sfruttamento razionale di tutte le risorse offerte dal territorio. La presenza di graffiti cristiani (croci latine sul Calvario e altri soggetti simbolici) in alcune unità rupestri delle Grotte degli “Sbariati”, di conseguenza, può essere legata più semplicemente alla fervente religiosità locale e devozione popolare.
Le problematiche archeologiche e topografiche connesse alle Grotte degli “Sbariati” di Zungri sono molteplici, in un contesto insediativo caratterizzato da una marcata carenza di fonti documentarie ed epigrafiche, e numerose sono anche le domande che aspettano ancora una risposta precisa ed adeguata. Da approfondire ulteriormente, ad esempio, sono i sistemi di difesa passiva; la consistenza delle comunità che vi risiedevano, la dieta e lo stile di vita; l’ubicazione delle aree sepolcrali; l’habitat ambientale e i cambiamenti climatici che hanno influito sull’assetto paesaggistico e sullo stanziamento antropico; l’eventuale incidenza e reimpiego di evidenze materiali legate a frequentazioni più antiche di epoca pre-protostorica e greca. Un nodo ancora irrisolto, infine, è la questione relativa alla presenza di luoghi culto (chiese, cappelle private, piccoli oratori) costruiti in muratura o scavati nella nuda roccia.

Cosa si augura per il futuro del villaggio rupestre di Zungri e quale messaggio si augura possa arrivare a tutti coloro che leggeranno questo volume?
Il nostro studio sull'abitato rupestre di Zungri è stato ideato e realizzato allo scopo di raccogliere nuova documentazione scientifica destinata a una migliore comprensione del fenomeno rupestre medievale. Tale iniziativa, tuttavia, si è posta anche l’ambizioso obiettivo di mettere a disposizione le informazioni e le esperienze acquisite, per sviluppare innovative e più efficaci strategie di conservazione, gestione, valorizzazione e comunicazione del patrimonio archeologico cosiddetto “minore”, in quanto poco conosciuto e di conseguenza poco considerato dalle istituzioni, dalla comunità scientifica e dal turismo di massa. Tutte queste caratteristiche, insieme al buon successo riscontrato fino a questo momento, inducono a ritenere che esso possa rappresentare un progetto pilota di estremo interesse, da esportare e replicare anche nel resto della Calabria.
Questo tipo di approccio "globale" alla complessità delle molteplici problematiche connesse alla tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, infatti, deve contribuire a creare un tessuto connettivo forte tra ricerca archeologica, paesaggio e comunità locale. Solo la comunicazione può dare un senso reale all’attività di conoscenza e valorizzazione portata avanti quotidianamente e faticosamente dagli archeologi e, quindi, alla tutela del patrimonio culturale: se il passato è di tutti, il problema è come mettere tutti in condizione di possederlo e cioè di conoscerlo. Si tratta, dunque, di creare un legame forte da esplicitare in un vero e proprio “racconto”, facendo ricorso anche al massiccio impiego dei social media e delle nuove tecnologie digitali che permettono di predisporre innovative ricostruzioni grafiche ed elaborazioni virtuali; un legame rigoroso dal punto di vista dei contenuti scientifici e tale da suscitare l’interesse e la sensibilità del pubblico nel senso più ampio del termine, appartenente, cioè, a diverse fasce d’età, livelli di istruzione, esperienze professionali ed estrazione sociale.
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