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Il mito immortale di Cartagine in mostra a Roma

mercoledì, 04 dicembre 2019 00:02

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Francesca Bianchi
Resterà aperta fino al 29 marzo 2020 la splendida mostra Carthago. Il mito immortale, la prima monumentale mostra interamente dedicata alla storia e alla civiltà di una delle città più potenti del mondo antico. Curata da Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo, Francesca Guarneri, Paolo Xella e José Ángel Zamora López, con Martina Almonte e Federica Rinaldi, è promossa dal Parco archeologico del Colosseo, con l’organizzazione di Electa editore, ed è allestita nei suggestivi spazi del Colosseo e del Foro Romano (Tempio di Romolo e Rampa Imperiale).
In mostra oltre quattrocento reperti provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali italiane e straniere, dal Museo Nazionale di Beirut, al Museo Archeologico della Catalogna, dal Museo Archeologico di Ibiza e Formentera, al Museo del Bardo di Tunisi e a quello di Cartagine. La rassegna ripercorre in maniera scrupolosa e riccamente documentata le tappe fondamentali della storia di Cartagine, a partire dalla sua fondazione, avvenuta alla fine del IX sec. a.C., passando attraverso la sua espansione nel Mediterraneo, la ricchezza degli scambi commerciali e culturali e la distruzione nel 146 a.C., fino ad arrivare alla sua rifondazione nel 29 a.C. come Colonia Concordia Iulia Carthago da parte di Ottaviano, e alla successiva cristianizzazione. In mostra, tra le altre cose, è possibile ammirare dal vivo i rostri delle navi della battaglia delle Egadi (241 a.C.), qui esposti per la prima volta, in cui la flotta romana sconfisse quella cartaginese, ponendo fine alla prima guerra punica. Questi reperti bronzei sono stati rinvenuti dalla Soprintendenza del Mare siciliana, sotto la direzione del compianto Sebastiano Tusa, nelle acque dell'isola di Levanzo. In un video proiettato nel percorso espositivo, l'archeologo - tragicamente scomparso il 10 marzo 2019 nell’incidente aereo del volo dell’Ethiopian Airlines diretto a Nairobi - racconta i dettagli relativi al loro rinvenimento. Proprio a Tusa e allo studioso del mondo fenicio e punico Paolo Bernardini, anche lui scomparso, è dedicata la mostra.
FtNews ha intervistato la dott.ssa Afonsina Russo, che in una piacevole conversazione ha raccontato qualche dettaglio in merito al percorso espositivo, ripercorrendo per noi la storia dei rapporti tra Roma e Cartagine, dell’espansione cartaginese nel Mediterraneo e degli antichi rapporti con la penisola italica. Ha parlato della complessità della cultura cartaginese, così come è testimoniata dai numerosi reperti esposti. La studiosa ha affrontato anche l'argomento relativo alle testimonianze che l'archeologia ci restituisce della Sicilia e della Sardegna fenicio-puniche, delle loro necropoli e dell'ideologia funeraria attestata nelle due isole maggiori del Mediterraneo (nel Tempio di Romolo, attraverso i casi di Pantelleria in Sicilia e Nora in Sardegna, è approfondito il sincretismo tra la cultura punica e quella romana).
Questa esposizione accoglie i risultati degli scavi archeologici e delle recenti acquisizioni scientifiche che hanno dato della civiltà di Cartagine una visione completamente diversa rispetto a quella delle fonti classiche, spesso fortemente stereotipata, che popola l'immaginario collettivo; del resto, si sa, la storia la scrivono i vincitori! E non è un caso che ad accogliere i visitatori all’ingresso del Colosseo ci sia una ricostruzione del Moloch del film Cabiria del 1914 di Giovanni Pastrone, sceneggiato da Gabriele D’Annunzio. Moloch è la terribile divinità legata ai culti fenici e cartaginesi, il famigerato "divoratore di bambini", che in realtà - come ha affermato la dott.ssa Alfonsina Russo nella nostra bella e ricca intervista - "non è mai stata una divinità punica, ma un’invenzione moderna".
Riprendendo le parole con cui la dott.ssa Russo ha concluso la nostra conversazione, non resta che sperare che questo entusiasmante viaggio nella storia cartaginese possa aiutarci ad accogliere senza pregiudizi culture e tradizioni solo apparentemente lontane e diverse dalle nostre, e a riconoscere nella storia passata percorsi ideologici in buona misura familiari, aiuto prezioso per definire la nostra identità.

Il Parco archeologico del Colosseo, con l’organizzazione di Electa, ha promosso la mostra Carthago. Il mito immortale, allestita negli spazi del Colosseo e del Foro Romano (Tempio di Romolo e Rampa Imperiale) fino al 29 marzo 2020. Come e con quali finalità è nata questa esposizione? Perché il "mito immortale"? A cosa si riferisce il sottotitolo della mostra?
Questa esposizione è nata con varie finalità. Ne sottolineerei tre in particolare. In primo luogo, è stata concepita come un’occasione eccezionale, per il PAC, per presentare al grande pubblico, e proprio a Roma, un capitolo fondamentale della storia del Mediterraneo: incentrandosi sulla cultura di Cartagine, la mostra si è proposta di recuperare alla storia le fasi salienti di un incontro/scontro tra due civiltà, quella punica e quella romana, che ha avuto un ruolo decisivo nelle dinamiche culturali e politiche che condizionarono e in parte forgiarono l’assetto del mondo classico di cui noi siamo eredi diretti.
In secondo luogo, si è voluto restituire a Cartagine il suo vero ruolo – così spesso mal valutato o mistificato dalle fonti dei vincitori romani – grazie alle più recenti acquisizioni scientifiche guadagnate dalla ricerca archeologica.
Infine, attraverso una rievocazione storica rigorosamente documentata dell’esperienza fenicia e punica nel nostro Mediterraneo, si sono privilegiate chiavi di lettura che consentissero al visitatore una riflessione su fenomeni moderni in qualche modo comparabili: la questione della convivenza tra genti in grande mobilità, la necessità d’integrazione socio-culturale tra popoli di tradizioni e lingue diverse, l’accoglienza dell’altro senza strumentalizzazioni o pregiudizi.
Quanto al ‘mito immortale’, il sottotitolo della mostra si riferisce all’eccezionale eredità che la civiltà punica ci ha trasmesso, attraverso vari personaggi divenuti icone (Didone, Annibale…) e alterne vicende, tra stereotipo e storia reale, che in ogni caso hanno profondamente marcato la nostra cultura nella letteratura, nella musica, nella pittura, fino ai fumetti e ai videogiochi.
Maschera ghignante Da Mozia, tofet, favissa centrale (VI secolo a.C.) Mozia, Museo G. Whitaker © SABAP Trapani
Come è strutturato il percorso espositivo?
Il percorso espositivo prende le mosse dalle radici fenicie di Cartagine nel Levante (odierno Libano), presentando le maggiori città fenicie – prima fra tutte Tiro – da cui partirono i migranti colonizzatori di Cartagine. Si ripercorrono poi le fasi formative, quindi quelle dell’espansione mediterranea, per giungere ai primi contatti con Roma, che per secoli furono di pacifica convivenza, ma che finirono per segnare, dopo la III Guerra Punica, la distruzione di Cartagine. Ma la città fu ricostruita e integrata nel mondo romano e, successivamente, in quello cristiano. La presentazione si chiude con una riflessione sulla visione di Cartagine nell’immaginario moderno e contemporaneo. Si sottolinea, così, la traccia incancellabile lasciata da una civiltà restituita scientificamente dalla ricerca, ma tuttora prigioniera di clichés creati da altri: ecco di nuovo la tematica del ‘mito immortale’.

È possibile ripercorrere le tappe fondamentali della storia cartaginese? Che ruolo ha svolto la metropoli punica dal punto di vista militare, politico, economico e culturale a partire dalla sua fondazione, avvenuta alla fine del IX sec. a.C., alla sua distruzione nel 146 a.C., fino ad arrivare alla sua rifondazione nel 29 a.C. come Colonia Concordia Iulia Carthago da parte di Ottaviano, e alla sua successiva cristianizzazione?
La storia di Cartagine la si può ricostruire in forma discontinua, con molte notizie sulle fasi belliche con Roma, e molte meno informazioni per altri periodi e aspetti della vita economica e sociale. Ma una visione d’assieme è certo raggiungibile e in essa si evidenzia l’eccellenza fenicia e punica nella marineria, nell’industria e nell’artigianato, nonché nella costituzione di Cartagine, lodata anche dai Romani. E non dimentichiamo l’alfabeto, giunto in Occidente da genti semitiche venute dal Mediterraneo orientale.

Le fonti romane ci forniscono di Cartagine una descrizione fortemente di parte e stereotipata, smentita dai più recenti scavi archeologici e dalle ricerche degli ultimi decenni. Questi, infatti, hanno evidenziato che tra Roma e Cartagine i rapporti non sono sempre stati conflittuali come lasciano intendere le fonti. Quali caratteristiche assunse l’incontro/scontro tra queste due metropoli che hanno avuto un ruolo decisivo nelle dinamiche culturali e politiche del Mediterraneo? Abbiamo qualche testimonianza circa eventuali relazioni commerciali e vicendevoli influenze culturali?
E’ fatale che la storia sia raccontata dai vincitori, con dinamiche di ricostruzione e riformulazione di eventi e personaggi che lo storico ha il difficile compito di decrittare. Tuttavia, in questo siamo aiutati dalle scoperte archeologiche ed epigrafiche: disponiamo di migliaia di iscrizioni che parlano aldilà di ogni condizionamento, ed anche le fonti latine e greche non sono sempre così univocamente di parte, come si sostiene. Vi fu una notevole permeabilità culturale tra mondo punico e mondo romano, e anche se non si può affermare qui che Carthago capta ferum victorem coepit, la cultura punica fu però ammirata e assorbita per molti aspetti da Roma. Tanto per fare un esempio: se pure non è provata un’influenza diretta, entrambe le grandi rivali avevano un sistema di governo imperniato su una coppia di magistrati pro tempore: consoli vs sufeti, anche se poi le due società differivano ovviamente per composizione e struttura.

Cosa sappiamo, invece, dell’espansione cartaginese nel Mediterraneo e degli antichi rapporti con la penisola italica?
Dell’espansione cartaginese nel Mediterraneo sappiamo abbastanza grazie alle ricerche e agli scavi archeologici. Cartagine fu a sua volta, dopo i primi migranti fenici, attiva fondatrice di nuovi centri, e una volta consolidatasi in suolo africano, in taluni casi – come in Sardegna – effettuò vere e proprie conquiste e colonizzazioni e ri-colonizzazioni in varie regioni. Quanto alla penisola italica, oltre ai rapporti con Roma, Cartagine stabilì importanti relazioni con i popoli dell’Italia medio-tirrenica. Tra queste, in particolare, fu determinante la coalizione con gli Etruschi nella lotta contro i greci Focei, suggellata nel santuario di Pyrgi (porto di Caere – attuale Cerveteri - sulla costa laziale) con le lamine d’oro iscritte nelle due lingue. Altri oggetti, come le tesserae hospitales, trovate sia a Roma che a Cartagine, raccontano dei rapporti di Cartagine con l’Italia tirrenica. Si tratta di piccoli oggetti d’avorio a forma di animali con iscrizioni etrusche, che sanciscono patti di scambio e ospitalità tra individui di etnia diversa.

Le tappe più significative della storia di Cartagine sono raccontate attraverso più di quattrocento reperti, provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali italiane e straniere, dal Museo Nazionale di Beirut, al Museo Archeologico della Catalogna, dal Museo Archeologico di Ibiza e Formentera, al Museo del Bardo di Tunisi e a quello di Cartagine. Può svelarci qualche dettaglio in merito alle opere più rilevanti che sarà possibile ammirare nel percorso espositivo? Che immagine ci forniscono della civiltà che le ha prodotte e dell’ambiente sociale, economico, culturale e religioso dell'antica città fenicia?
Partendo dalla fine, i reperti ottenuti per la mostra cercano di fornire l’immagine più ampia possibile della metropoli punica, naturalmente attraverso una selezione esemplificativa dei vari aspetti della storia e della vita quotidiana. Tra i reperti esposti, è davvero impossibile evidenziarne qualcuno a scapito di altri: dalle stele dei santuari-tophet (una produzione copiosa, ma di estrema importanza storico-religiosa e artistica), ai gioielli, al magnifico sarcofago della Sacerdotessa alata che apre l’esposizione, agli eccezionali reperti punici di Pantelleria, si presenta un repertorio che va fruito nel suo insieme, seguendo il filo storico degli eventi e delle persone che li produssero.
Rostro Egadi 4 con decorazione di Vittoria alata sormontante iscrizione con i nomi dei due questori - Da Capo Grosso di Levanzo, areale Battaglia delle Egadi, isola di Levanzo (TP), III sec. a.C. Antiquarium ex stabilimento Florio, Favignana (TP) - © Sopr
Quale messaggio comunicano oggi tutte queste testimonianze? Cosa l'ha colpita dei tanti reperti esposti?
Del messaggio, abbiamo fatto cenno sopra e ci torneremo a breve. Quello che colpisce dei reperti esposti è la loro straordinaria varietà ed eterogeneità, che testimoniano della complessità di una cultura bimillenaria che ha sofferto, e tuttora in parte soffre, del ‘dominio’ della classicità, ma che riemerge sempre più da un passato che gli sforzi degli studiosi stanno sempre più illuminando, anche se ancora sono barlumi discontinui.

Nel Tempio di Romolo è approfondito il sincretismo tra la cultura punica e quella romana, illustrato attraverso i casi di Pantelleria in Sicilia, Nora in Sardegna e il culto di Saturno, erede del punico Baal Hammon, in Nord Africa. Cosa suggeriscono queste realtà? Cosa ci dice l'archeologia della Sicilia e della Sardegna fenicio-puniche, delle loro necropoli e dell'ideologia funeraria attestata nelle due isole maggiori del Mediterraneo?
Come è noto, il culto di Saturno assunse dimensioni pan-africane e costituì un osso duro per il cristianesimo nascente. Questo testimonia la profondità delle radici culturali puniche, cui si riconosce una persistenza straordinaria anche a contatto con i culti di Roma.
L’archeologia e i testi rivelano che l’ideologia funeraria punica fu caratterizzata da un conservatorismo di fondo, aldilà dei riti funebri usati (inumazione o incinerazione), in continuità con concezioni levantine di estrema arcaicità. Approfondimenti sull’escatologia ci sono al momento preclusi dal tipo di documentazione disponibile.

Cosa sappiamo del ruolo che ebbe Cartagine quando la religione cristiana raggiunse la provincia d’Africa?
Testimonianze archeologiche e letterarie ci forniscono moltissime informazioni sul ruolo di Cartagine e dell’area dell’attuale Tunisia come centro propulsivo per la diffusione del Cristianesimo. Famosi sono i padri della Chiesa che hanno vissuto e professato a Cartagine. Tra tutti, San Cipriano e Sant’Agostino. In mostra, a testimoniare il nuovo linguaggio figurativo del culto cristiano, ritroviamo mosaici funerari con raffigurazione di offerenti, il mosaico dei quattro evangelisti e, su tutti, spicca quello della cosiddetta Dama di Cartagine. Quest’ultimo rappresenta un busto femminile con aureola, ma con abiti maschili, rappresentato nel gesto della benedizione.
Ad accogliere i visitatori all’ingresso del Colosseo c'è l'imponente ricostruzione del Moloch del film Cabiria, diretto da Giovanni Pastrone e sceneggiato da Gabriele D’Annunzio. Chi era Moloch? Perché avete voluto che fosse proprio questa statua ad accogliere i visitatori e a catturare subito la loro attenzione?
La scelta del Moloch – che, è bene ricordarlo, non è mai stata una divinità punica, ma un’invenzione moderna ¬– vuole appunto richiamare l’attualità di questa cultura attraverso un’icona creata a posteriori e connessa a una realtà sacrificale – le immolazioni infantili – ben testimoniata dalle fonti, ma non nella forma di stragi indiscriminate immaginate da certi moderni. In altre parole: i Cartaginesi non erano certo né più cattivi né più feroci dei Romani, che pure non erano teneri in fatto di prole, schiavi, prigionieri di guerra e via dicendo. Il sacrificio infantile era un’extrema ratio per gravi problemi sociali e personali. Ma è assurdo, naturalmente, voler confrontare l’etica contemporanea con i valori che caratterizzarono civiltà antiche (e altre da noi).

Alla mostra si accompagnano due pubblicazioni edite da Electa: un volume di studi e una guida bilingue italiano-inglese. Come sono strutturati i due testi?
La guida bilingue è un fedele vademecum che, oltre a fornire informazioni dettagliate sui singoli pezzi, presenta brevi introduzioni ai vari settori; il volume di studi – anch’esso in una versione italiana ed una inglese ¬– raccoglie nei saggi principali aspetti della storia, della vita sociale, economica e religiosa del mondo fenicio-punico, inclusi approfondimenti su singoli temi e problemi. Gli autori sono i migliori specialisti in materia e si è tenuto ad un profilo scientifico alto, che non va a scapito della chiarezza informativa.

Quale messaggio si augura possa arrivare a coloro che visiteranno questa esposizione?
Come accennato prima, e premesso che, naturalmente, ogni fruizione individuale segue vie sue proprie, almeno i due seguenti: conoscenza di orizzonti culturali apparentemente ‘altri’ dai nostri, ma che a ben vedere rivelano analogie sorprendenti; l’importanza di cercare di integrare la storia passata nel quotidiano, non nel senso di comparare i fatti, ma di riconoscere in essa percorsi ideologici in buona misura familiari, aiuto prezioso per definire la nostra identità.
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