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giovedì, 08 agosto 2019 15:56 |
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Il Tempio (Foto Archivio Parco Archeologico di Segesta)
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Francesca Bianchi
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Il sentiero pareva essere quello antico, con i gradini a cordonata e le pietre esagonali. A misura che salivo, m'investiva un calore vivificante. Il sole illuminava le rosse colonne fino a tre quarti della loro statura; sui capitelli rotondi era l'ombra dell'alto frontone; e parevano persone ritte nella luce, con la faccia riparata e gli occhi nascosti. Il verso liquido dei neri uccelli, cui il luogo silenzioso ed attonito rifiutava la benché minima eco; la folta erbaccia che cresceva sul suolo interno del tempio; la vista sfondata delle montagne lontane tra l'una colonna e l'altra; sul capo il cielo dove un tempo era stato il soffitto; e nonostante questi segni di desolazione e d'abbandono, il nessun senso di rovina, l'accordo insomma del tempio con la natura circostante, come se fosse stato costruito per starsene così solo e vuoto e non per riti solenni di un popolo vivente. Fu questo contrasto o, meglio, questa mancanza di contrasto, questa serenità, ciò che mi fece a prima vista impressione. (Alberto Moravia)
Il 17 giugno scorso ho visitato il Parco Archeologico di Segesta, un luogo in cui storia e natura si fondono mirabilmente, dando vita ad un contesto dal fascino unico. Guidata dal sig. Giuseppe Lipari, del Servizio di Sorveglianza del Parco, sono rimasta in contemplazione al cospetto del maestoso Tempio, armonicamente inserito nel paesaggio circostante, come se fosse parte integrante dell'ameno contesto naturale che lo accoglie. Questa mirabile perfezione e un senso di ancestrale e insondabile mistero affascinarono anche Alberto Moravia, come si evince dalla descrizione che ho scelto come incipit di questo articolo dedicato a Segesta. Moravia la pubblicò sulla rivista "Vie d'Italia" del Touring club nel 1960, quando realizzò un reportage sul tempio dell'antica città. Il felice connubio tra architettura, storia e natura, la bellezza mozzafiato del posto, il silenzio che regna sovrano, il senso di magia che si respira in ogni angolo, per secoli hanno sedotto ed emozionato artisti e viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo e a me hanno regalato un'impagabile sensazione di serenità e gratitudine.
Durante la mia visita ho fatto tappa anche al Teatro, situato sulla cima più alta del Monte Barbaro, in una posizione da cui si può ammirare una scenografia superba sul Golfo di Castellammare e sulle colline circostanti. Il sig. Giuseppe Lipari mi ha poi indicato i resti di un villaggio di età musulmana e di un successivo insediamento d'epoca normanno-sveva con tracce di un castello alla sommità del Monte Barbaro. Queste testimonianze inducono a pensare che Segesta non sia stata abbandonata dopo le invasioni dei Vandali, come si è a lungo ritenuto.
Per FtNews
ho intervistato la dott.ssa Rossella Giglio, Direttrice del Parco Archeologico di Segesta, che ha ripercorso la storia gloriosa dell'antica città di origine elima. Nel corso della nostra conversazione la dott.ssa Giglio si è soffermata sulle tante iniziative all'insegna della cultura e della condivisione che il Parco ospita, a cominciare dal Festival "Le Dionisiache", che ogni anno, da giugno a settembre, ripropone la cultura del teatro antico all'aperto, con una programmazione ricca e ampia che prevede anche spettacoli all'alba o al tramonto. La Direttrice ha parlato anche dei diversi progetti in cantiere per rendere il Parco Archeologico di Segesta sempre più accogliente e fruibile, punto di riferimento culturale per tutto il territorio circostante.
Segesta consente al visitatore accorto e consapevole di immergersi nell'anima della Storia: le imponenti testimonianze del passato di questa antica città della Sicilia nord-occidentale, che per millenni hanno resistito alla forza divoratrice del tempo, arrivando fino ai giorni nostri in tutta la loro stupefacente bellezza, parlano e continueranno sempre a parlare a chi sa mettersi in ascolto, in silenzio, lontano dal frastuono che ormai governa le nostre vite frenetiche.
Dott.ssa Giglio, quando iniziò la storia di Segesta?
Segesta fu una delle principali città degli Elimi, una popolazione di origine italica. Presto Segesta divenne una delle principali città del bacino del Mediterraneo, rivale della vicina Selinunte. Nel 409 a.C., con l’aiuto dei Cartaginesi, riuscì a prevalere su Selinunte, affermando, così, il suo dominio sui siti elimi, punici e sicani della Sicilia occidentale. Visse il suo periodo di splendore fino al 307 a.C., quando venne conquistata e distrutta da Agatocle, tiranno di Siracusa.
Nel corso della prima guerra punica, nel conflitto tra Roma e Cartagine, Segesta passò dalla parte di Roma, che nel 241 a.C. conquistò la Sicilia e la proclamò provincia romana e granaio di Roma. Sappiamo che nel 225 a.C. Roma dichiarò Segesta città libera et immunis, esentandola dal pagamento dei tributi e consentendole di vivere una nuova fase di prosperità. Forse la concessione di questi benefici si spiega in virtù della comune origine leggendaria troiana di Roma e Segesta, attestata anche da Virgilio e Cicerone.
Dopo il I sec. d.C. la città visse una fase di grave declino, forse a causa delle incursioni vandale. Si è a lungo ritenuto che Segesta venisse abbandonata dopo le invasioni dei Vandali, ma indagini e ricerche approfondite hanno rilevato un esteso villaggio di età musulmana con moschea, necropoli e abitazioni, seguito da un insediamento normanno-svevo, oggi testimoniato da un castello alla sommità del Monte Barbaro, intorno al quale sorgono una Chiesa e il cimitero cristiano. Le ultime notizie relative alla città giungono a noi attraverso i documenti relativi alla Chiesa di San Leone, eretta sul Monte Barbaro nel 1442.
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Cosa ci dicono le fonti antiche in merito al nome della città e alla sua fondazione?
Le fonti e le testimonianze relative a Segesta sono numerose. Citerò le più autorevoli: Virgilio nel V libro dell'Eneide parla della nascita di Segesta, che prese il nome di Acesta dal re Aceste, suo fondatore; Cicerone nelle Verrine afferma che la città sarebbe stata fondata da Enea; parlano di Segesta anche il poeta greco Licòfrone e gli storici greci Polibio, Dionigi di Alicarnasso e Diodoro Siculo. Tutte queste testimonianze rafforzano la tesi di Tucidide, che già nel V sec. a.C. aveva parlato della fondazione di Segesta da parte di personaggi troiani o di origine troiana.
Quanto al nome della città, in tutte le fonti si parla di Egesta, eccetto nelle Verrine, dove Cicerone parla di Segesta. Si pensa che la lettera "s" sia stata aggiunta dai Romani, dal momento che egestas in latino significa 'povertà', un termine per niente idoneo a designare l'importante e florida città di origini elime, divenuta un'affermata potenza commerciale e politica.
Sappiamo che il tiranno siracusano Agatocle, dopo aver conquistato la città nel 307 a.C., per punirla fece giustiziare i suoi cittadini più importanti e ne cambiò il nome in Diceopoli, la "città dei giusti".
Il Tempio e il Teatro Antico, simboli rispettivamente della funzione religiosa e di quella politica, sono i due monumenti principali di Segesta, custodi di un mistero millenario che ancora oggi incanta turisti e visitatori. Del Tempio Guy de Maupassant disse: Il tempio di Segesta sembra essere stato posto ai piedi della montagna da un uomo geniale che aveva avuto la rivelazione del punto unico in cui lo doveva erigere. Anima da solo l'immensità del paesaggio che vivifica ed abbellisce divinamente. Ciò che, infatti, colpisce appena ci si trova al cospetto dell'imponente Tempio, è proprio l'armonia con cui è inserito nel paesaggio circostante, come se fosse parte integrante dell'ameno contesto naturale che lo accoglie. Cosa sappiamo di questo monumento?
Il Tempio di Segesta sorge su un sito di origine elima, non greca, in una zona chiusa all’interno delle fortificazioni arcaiche. Fu costruito tra il 430 e il 420 a.C., quando Segesta aveva rapporti molto intensi con Atene. E proprio per guadagnarsi il favore ateniese, nella speranza di ottenere dalla città greca un'alleanza contro Selinunte, si decise di monumentalizzare il tempio. Oggi è inquadrabile come un'opera non finita. Probabilmente, proprio il conflitto con Selinunte, in cui furono coinvolte Atene e Siracusa, determinò l'interruzione dei lavori di completamento. Rispetto ai classici templi antichi greci è contraddistinto dalla mancanza della copertura e di una cella interna, abitualmente destinata al dio da venerare. I Greci costruivano partendo dalla cella, che anticamente identificava i templi come luoghi di culto. Solo in un secondo momento edificavano il colonnato. Nel caso del Tempio di Segesta, invece, la costruzione partì dall'esterno. L'altare non è pervenuto; le colonne non sono state rifinite e appaiono incompiute, infatti mancano le scanalature tipiche delle colonne doriche. Non è pervenuta neppure la scalinata d'accesso. Tutto questo lo rende un esempio unico nel panorama dell'architettura dorica.
Il teatro, situato sulla cima più alta del Monte Barbaro, in un punto da cui si può ammirare una scenografia superba sul Golfo di Castellammare e sulle colline circostanti, è senz'altro di epoca posteriore rispetto al Tempio...
Sì, il teatro fu costruito intorno alla metà del II sec. a.C. e testimonia la fase di ricchezza e prosperità che visse Segesta sotto la dominazione romana. Era capace di accogliere circa 4000 spettatori. L'edificio scenico era organizzato su due piani arricchiti da colonne doriche e ioniche. I lati ospitavano figure a tutto tondo riconducibili al dio Pan. Da più di cinquant'anni, ormai, ogni estate il teatro accoglie centinaia di visitatori desiderosi di assistere dal vivo alle antiche rappresentazioni teatrali greche e latine.
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Il Teatro (Foto Archivio Parco Archeologico di Segesta)
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Ogni anno il Teatro di Segesta ospita il Festival "Le Dionisiache", che da giugno a settembre ripropone la cultura del teatro antico all'aperto. La programmazione è ampia e ogni anno diversa, con possibilità di spettacoli all'alba o al tramonto. Come è nato questo Festival? Può svelarci qualcosa in merito al ricco programma di quest'anno?
Come dicevo poco fa, da più di cinquant'anni il teatro greco, da sempre simbolo di aggregazione sociale, politica, condivisione, dialogo e integrazione nel segno di Dioniso, la divinità a cui erano dedicate le Dionisiache, ha un ruolo fondamentale nella nostra programmazione estiva. Quest'anno il Festival ha avuto inizio il 19 luglio, con un concerto organizzato dall’Associazione Nazionale Magistrati in memoria di Paolo Borsellino, che ha ottenuto il patrocinio della Commissione Nazionale Antimafia, e terminerà l'8 settembre. Tra le tragedie e le commedie più note in programma quest'anno spiccano Le donne al parlamento di Aristofane, Le Troiane, Elena e Ecuba di Euripide, Anfitrione di Plauto, Aiace di Sofocle.
Quanto agli spettacoli organizzati all'alba, il primo spettacolo messo in scena all'alba risale a venti anni fa. Questa tradizione è stata riproposta nel corso degli anni, ottenendo sempre maggiore affluenza e sempre più imitatori. Con l'autonomia del Parco la Regione Sicilia ha assunto la responsabilità della manifestazione; a me è affidato il coordinamento generale. Devo dire che all'immagine culturale del teatro antico tengo davvero molto. Per incrementare l'offerta turistica quest'anno abbiamo pensato di aprire anche altre aree del Parco di Segesta, che comprende circa 150 ettari di campagna. Abbiamo organizzato conferenze e concerti per aprire al pubblico anche la collina del Tempio dopo lo spettacolo teatrale.
Il Parco Archeologico, in accordo con l'Università di Palermo e con il Comune di Calatafimi, ha sottoscritto il "Progetto Segesta". Di cosa si tratta?
Il Centro internazionale di studi e di ricerca sul teatro antico”Progetto Segesta” è nato da un accordo tra l’Università di Palermo, il Dipartimento di Scienze Umanistiche, il Parco Archeologico di Segesta e il Comune di Calatafimi–Segesta/Festival “Dionisiache”. Il Centro opera nell'ambito della formazione sulla drammaturgia greca e latina. Dal 2018 abbiamo programmato seminari, lezioni e conversazioni di scena sul tema I volti di Medea. Quest'anno ci siamo concentrati sulla figura del tiranno. Il "Progetto Segesta" si è occupato di ricerca scientifica e filologica e messa in scena dei testi classici, con un ciclo di seminari sulla figura del tiranno, in riferimento a teatro greco e latino, letteratura, musica, cinema, giurisprudenza. Qualche giorno fa al Parco abbiamo discusso di questa figura ideologica, dall’antichità greca e latina fino alla modernità e alla contemporaneità, nel teatro, nella letteratura, nel diritto, nella filosofia.
Recentemente è stata affidata alla gestione del Parco Archeologico di Segesta la meravigliosa Grotta Mangiapane di Scurati, nel comune di Custonaci, a buon ragione definita "Museo Etnoantropologico a cielo aperto"...
Sì, la famosa Grotta Mangiapane di Scurati, nel comune di Custonaci, in cui è documentata una fase di vita preistorica, fa parte del patrimonio del demanio regionale ed è stata assegnata proprio alla competenza del Parco Archeologico di Segesta. La Grotta Mangiapane, essendo stata abitata fino agli anni Cinquanta del secolo scorso dai contadini e dai pescatori del territorio, è anche di grande interesse etnoantropologico. Ogni anno, nel periodo natalizio, questo luogo ospita il Presepe Vivente di Custonaci, un'occasione unica per riscoprire il patrimonio culturale degli antichi mestieri, delle arti e delle tradizioni della Sicilia di fine Ottocento.
Si tratta di una realtà importante della provincia di Trapani, un luogo di ricordo e di memoria che il Parco gestirà cercando di incrementare il turismo, soprattutto quello di tipo archeologico. Lunedì 29 luglio la Grotta Mangiapane ha ospitato il concerto dell’Ensemble da Camera del Conservatorio di musica “A. Scontrino” di Trapani, curata dall’Associazione culturale e turistica Custonaci Turismo, con il patrocinio del Comune di Custonaci.
Cosa state organizzando al Parco Archeologico di Segesta per la notte di San Lorenzo?
Sabato 10 agosto, dopo un concerto al teatro antico e una conferenza dell’astronoma dott.ssa Violette Impellizzeri, a partire dalle ore 23,30 nella collina del Tempio si terrà l'evento "Sotto le stelle cadenti di Segesta", con osservazioni astronomiche con i telescopi di pianeti e stelle a cura del Planetario di Palermo, che ha collaborato con noi anche lo scorso anno, sempre per lo stesso evento. Dopo l'osservazione del cielo stellato, sarà possibile prendere parte alla degustazione di vini curata dall'IRVO, che si occupa della promozione dei nostri vini siciliani.
Quali progetti avete in cantiere per rendere sempre più fruibile il Parco Archeologico di Segesta?
Lavoreremo assiduamente per rendere Segesta sempre più accogliente, creando percorsi, passerelle e aree di sosta e migliorando la viabilità. Lavoreremo alla manutenzione e al restauro di tutte le strutture che esistono all'interno del Parco, valorizzando le aree archeologiche scavate che ancora non sono aperte al pubblico e avviando indagini in nuove aree archeologiche. Nell'area pubblica dell'Agorà lavoreremo alla ricostruzione della stoà e del Bouleuterion; faremo lavori di restauro al Castello e alle case private; abbiamo in programma indagini al Santuario di Contrada Mango; lavoreremo anche al tempio, avviando il restauro del frontone.
Cosa si augura per il futuro di Segesta?
Mi auguro che diventi sempre di più la “casa” accogliente di tutto il territorio circostante e dei numerosi turisti che ogni giorno vengono a visitarla. Vorrei che fosse sempre più fruibile e accessibile. Mi piacerebbe, inoltre, fosse un punto di riferimento per le scuole; ci sono mille spunti da valorizzare per le attività didattiche. In qualità di Direttrice del Parco farò di tutto per creare momenti di gioia e di dialogo all’insegna della cultura e della condivisione.
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