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Massimo Blasi, l'incredibile storia degli imperatori romani

mercoledì, 28 novembre 2018 10:26

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Francesca Bianchi
Massimo Blasi, dottore di ricerca in Filologia e storia del mondo antico ed autore di numerosi articoli scientifici pubblicati su riviste italiane e straniere, recentemente ha dato alle stampe il libro L'incredibile storia degli imperatori romani. I ritratti degli uomini che hanno fatto grande Roma (Newton Compton Editori). In questo lavoro sono raccolte in ordine cronologico le biografie degli oltre 150 imperatori che si sono succeduti da Augusto, padre dell'Impero romano d'Occidente, fino ad arrivare a Costantino Paleologo, ultimo imperatore di Bisanzio.
FtNews ha intervistato l'autore, che è anche insegnante di materie umanistiche nei licei e collabora con l'Università Sapienza di Roma. Subito ci introduce nel contesto socio-culturale in cui è nato l'Impero Romano, soffermandosi sull'evoluzione che il ruolo e le prerogative dell'imperatore subirono nel corso dei secoli e sulle tante fonti impiegate per ricostruire questo quadro storico arricchito da curiosità, dettagli ed aneddoti che conferiscono alla narrazione una scorrevolezza ed una piacevolezza quasi romanzesche. Tra gli argomenti affrontati nel corso della nostra bella e piacevole conversazione, lo studioso non manca di prendere in considerazione quello relativo all'atteggiamento degli imperatori nei confronti della cultura e dei letterati e, soprattutto, nei riguardi della religione cristiana. Discute anche della questione relativa alla divisione tra Impero romano d'Occidente ed Impero romano d'Oriente o Impero bizantino, soffermandosi sulle cause che determinarono la caduta di Roma. Infine augura a tutti i lettori un comodo viaggio in poltrona in un mondo sì lontano, ma che può insegnarci ancora molto: dalle parole di Blasi, infatti, emerge forte la convinzione che le vite di questi protagonisti illustri della storia possano fornire a tutti noi un'occasione per riflettere sulle nostre vite, consentendoci di imparare dai loro errori per evitare di ripeterli.

Dott. Blasi, come è nata l'idea di scrivere un libro che ripercorresse la storia degli imperatori romani, partendo da Augusto, padre dell'impero romano d'Occidente, fino ad arrivare a Costantino Paleologo, ultimo imperatore di Bisanzio?
L’idea è nata dalla passione per la storia romana, amore a prima vista, e da una constatazione: non esistevano libri su tutti gli imperatori. Infatti la letteratura si è sempre fermata a Romolo Augustolo, che poi imperatore non fu mai…, come se la caduta “silenziosa” della parte occidentale dell’impero romano segnasse la fine della sua storia, invece, millenaria. Ma non è così. La storia bizantina è la seconda (e ultima?) parte di quella romana; ignorarla è come vedere il primo “Guerre stellari” senza il sequel: significa perdersi il meglio. Il lettore, anche se appassionato di Roma, non conosce l’impero orientale e rimarrà affascinato dagli intrighi della corte di Costantinopoli.

Come è strutturato il libro?
Il libro è composto dai medaglioni biografici degli imperatori, cui seguono tre appendici: una sul loro aspetto, una su come sono morti e un’ultima sugli autori antichi che ce ne parlano, così da permettere al lettore meno esperto di avere in un solo volume tutto quello che può essergli utile alla piena comprensione del racconto ed eventualmente ad approfondire la lettura. In particolare, la prima appendice è stata difficile da realizzare: i ritratti degli imperatori, infatti, sono stati desunti dalle più disparate fonti, dalla letteratura alla statuaria, passando per la numismatica e gli affreschi (specialmente, in quest’ultimo caso, per i sovrani bizantini).

Quanti imperatori si sono succeduti nel corso dei secoli? A quali fonti ha attinto per cercare di ricostruire la storia di ognuno di loro?
In totale gli imperatori sono centocinquantotto, ai quali bisogna aggiungere le mogli e i figli. Per alcuni si possiedono moltissime informazioni, al contrario per altri pochissime. Le fonti impiegate sono state di diversa tipologia e di non sempre immediata consultazione. Principalmente mi sono avvalso della letteratura greca e latina, anche quando, purtroppo, non era disponibile una traduzione in lingua italiana (ricorrendo, così, a quelle nelle principali lingue moderne oppure, nel caso dei frammenti, ad una traduzione approntata direttamente da me). Oltre alle fonti letterarie, ho usato l’epigrafia, dunque le iscrizioni, l’archeologia, l’arte, la numismatica e la papirologia. Tutte, nessuna esclusa, hanno contribuito alla ricostruzione, una ricostruzione talvolta ostica a causa della scarsità di notizie pervenute. Per questo motivo imperatori come Emiliano e Quintillo, giusto per citarne due tra i meno noti, hanno posto il problema della ricostruzione storica in termini di lacunosità. Altri, come Augusto o Costantino I il Grande, per menzionarne due tra i più noti, hanno posto un problema di ricostruzione storica per un motivo di segno opposto: possediamo, infatti, molto sul loro conto. L’operazione di sintesi ha rappresentato dunque la sfida più grande durante la stesura del volume. Un aiuto è arrivato dagli studi, scientifici e non, che ho potuto consultare, opere di sintesi e di critica scritte da grandissimi studiosi e divulgatori, comunque sempre passate al setaccio e verificate nelle singole affermazioni.

Quando ed in quale contesto socio-culturale è nato l'Impero Romano? E' possibile ripercorrere le tappe fondamentali che hanno portato l'Urbe a divenire il centro di un impero immenso?
Non è possibile rispondere brevemente a questa domanda. Direi che l’impero romano è il risultato, felicissimo, di cause che risalgono alla tarda età repubblicana. Se l’impero esiste è perché sono esistiti uomini come i dittatori Lucio Cornelio Silla Felix o Gaio Giulio Cesare, uomini che hanno gettato le basi di quel culto carismatico della personalità, la cui espressione massima fu il Principato, vale a dire quell’assetto socio-politico fondato da Augusto, primo imperatore, fondato su una ripresa dell’antico assetto monarchico (debitamente mascherato da res publica restaurata). Ma è anche questo il tallone d’Achille dell’impero romano: il profondissimo legame del principato, anima dell’Impero, con il principe regnante. Se il principe non è in grado di tenere a freno le spinte centrifughe di eserciti e Senato, il Principato si sfalda e il cuore dell’Impero smette di battere, producendo un collasso generale. E dopo Augusto, la cui immensa personalità è stata forse l’unica capace di tanto, crolli strutturali (mi si passi l’espressione) ce ne sono stati, e pure tanti.
Come si è evoluto il ruolo dell'imperatore nel corso dei secoli?
Il ruolo dell’imperatore è cambiato con il cambiare dei tempi e delle necessità, sempre diverse, che l’Impero presentava. Da Augusto, il primo imperatore romano, a Costantino XI Paleologo, l’ultimo imperatore bizantino, abbiamo imperatori versati nell’arte spinosa della politica (laddove occorreva moderare i rapporti con il Senato, vero rivale dell’imperatore), nell’arte ruvida degli eserciti (quando l’impero doveva espandersi e difendersi), nell’amministrazione (per fronteggiare le crisi economiche, sorelle delle campagne militari che svuotavano le casse dello Stato), ma anche imperatori buoni a nulla, “inetti” (non trovo termine più adatto per definire quanti non sono stati in grado di fare niente di buono, e non perché non gli fosse stato permesso, ma proprio per inettitudine).

Quale fu l'atteggiamento degli imperatori nei confronti della cultura e dei letterati?
Un atteggiamento molto vario. Nelle due metà dell’impero esistettero imperatori che amavano ed esercitavano la cultura, mecenati e studiosi, persino intellettuali. È questo il caso di Claudio (41-54), raffinato studioso (anche) di lingua e cultura etrusche, Adriano (117-138), viaggiatore innamorato del suo impero, specialmente delle province orientali, Marco Aurelio (161-180), persecutore di Cristiani, ma anche acuto pensatore e filosofo, i due Gordiani (gennaio 238), entrambi letterati, Numeriano (283-284), dedito alla poesia, Teodosio II (408-450) e Leone VI (886-912), entrambi giuristi, Costantino VII (913-919), bibliofilo innamorato della Storia, che preferiva lo studio al governo, Eudocia (1067), l’imperatrice-illuminata, e infine Teodoro II Ducas Lascaris (1254-1258), sotto il quale la cultura bizantina riuscì a sopravvivere all’invasione dei principi latini. Per molti di loro la cultura, nelle sue diverse forme, fu una consolazione di fronte ai mali della politica. Erano umanisti: come potevano amarla?

Quali furono i persecutori più spietati dei Cristiani?
Diversi imperatori furono persecutori spietati. Limitandoci ai casi più eclatanti, penserei a Marco Aurelio (161-180), filosofo piuttosto intransigente e, a conti fatti, con una distanza siderale tra i fatti e le parole. Ma anche Decio (249-251), che ho ribattezzato “il Persecutore”, uno dei più feroci e accaniti nemici dei Cristiani. E poi Massenzio (306-312) e Giuliano l’Apostata (360-363), che sognavano un ritorno alla classicità, dunque anche alla religione pagana. Un caso particolare, e forse meno noto, è rappresentato da Galerio (305-311), ultimo esponente della Tetrarchia. Egli mise fine alle persecuzioni perché convinto che la brutta malattia che lo aveva colto, pare un tumore, gli fosse stata mandata dal dio dei Cristiani che tanto aveva avversato. Fu così che emanò il celebre “Editto di tolleranza” (30 aprile 311), con il quale riconosceva libertà di culto ai Cristiani dell’Impero. I Cristiani ne furono felici, Galerio un po’ meno: Dio non lo fece guarire e lui morì lo stesso.

Sotto quali imperatori Roma visse il periodo di maggiore espansione politica, economica e culturale?
Ce ne furono moltissimi, altrimenti l’impero romano non sarebbe stato uno dei più grandi e duraturi imperi d’Occidente. Di fondo, Roma visse il periodo di maggiore espansione nei primi due secoli dell’Impero d’Occidente, da Augusto a Settimio Severo (27 a.C.-211 d.C.). In Oriente, solo sotto alcune dinastie bizantine, come i Giustinianei (518-610), i Macedoni (867-1057) e i Comneni (1081-1185). Ma ci furono anche “felici meteore”, come Aureliano (270-275), che riunificò l’impero, o Costantino I il Grande (306-337), che di fatto donò all’impero romano un nuovo cuore che avrebbe battuto per altri mille anni.
Nel libro si parla anche di alcune donne di potere di Roma imperiale. Può farci qualche nome, spiegando quale ruolo ebbero nelle sorti dell'Impero?
Nel mondo antico le donne non furono mai vere protagoniste della politica (mi spiace dirlo, ma mentirei se affermassi il contrario). Ce ne furono, però, che mossero i fili della politica insieme ai propri figli e mariti, dunque in modo meno evidente, ma per questo non meno efficace. La first lady per eccellenza dell’Impero fu Livia, la moglie di Augusto, il primo imperatore romano. Fu lei a brigare nell’ombra, a tessere congiure e a spostare pedine senza essere vista, pur di garantire al figlio Tiberio quel posto sul trono che, se avesse potuto, avrebbe occupato lei. Ma non fu certo l’unica donna di potere. Senza contare le mogli di Claudio (unico imperatore eterosessuale di Roma, che forse avrebbe fatto bene a lasciar perdere il gentile sesso, viste le pessime scelte che aveva fatto in materia…) o di Nerone (più che politiche, donne intriganti), vorrei ricordare le donne alla corte dell’imperatore Elagabalo il Perverso (212-218), un effeminato più interessato alla danza che alla politica, soprattutto la nonna del ragazzino, Giulia Mesa, una vecchia capace tanto di riunire il Senato che di comandare gli eserciti. Nell’impero bizantino è impossibile non citare Irene la Vendicativa (797-802), che arrivò ad accecare il figlio Costantino VI, pur di mettere le mani sul trono, o Zoe e Teodora le Discordi (1042-1056), due donne così avverse l’una all’altra da essere prese più dall’odio reciproco che dalla buona politica di cui Bisanzio, già sanguinante, necessitava.

Quand'è che l'Impero si divise in Impero romano d'Occidente ed Impero romano d'Oriente o Impero bizantino? Quali furono le cause che determinarono questo "scisma"?
La divisione dell’Impero in due parti non deve essere confusa con lo scisma che lo coinvolse. Partiamo dalla ripartizione. L’Impero venne formalmente diviso in due partes sotto l’imperatore Teodosio I il Grande (379-395), che morendo lasciò quella occidentale ad un figlio, Onorio, affiancato dal grande generale di origine barbara Stilicone, quella orientale ad un altro figlio, Arcadio. Già prima di Teodosio alcuni imperatori avevano in qualche modo ridistribuito l’Impero tra i figli (si pensi a Costantino I il Grande), ma con Teodosio non si trattò solo di ripartizione, bensì di una vera divisione, perché ogni parte aveva la propria capitale, la proprio amministrazione, una propria cultura, diremmo. E da questo momento in avanti esisteranno due parti. Lo scisma, dunque la divisione su base del Credo, che coinvolse l’Impero già diviso, risale invece a Leone III l’Iconoclasta (717-741), il primo a mettere in campo la lotta alle immagini, dunque a proibire la rappresentazione delle figure sacre della religione cristiana. Una questione che crebbe a dismisura e che allontanò la Chiesa d’Oriente da quella d’Occidente, contribuendo alla stessa caduta di Costantinopoli. Quando, infatti, gli ultimi imperatori bizantini corsero dal Papa e ne mendicarono l’aiuto, anche militare, contro i Turchi Ottomani ormai alle porte, si sentirono fare tante promesse, ma se ne tornarono in patria a mani vuote e col cuore pieno di dolore.

Quali fattori determinarono la caduta di Roma?
Diversi. Adottando un’antica distinzione, possiamo dire che alcuni fattori erano prossimi, altri remoti. Tra i prossimi menzionerei le pressioni lungo i confini: i popoli barbari, in seguito alla spinta di altre genti, si riversarono nell’impero romano, diffondendosi come una malattia (anche se, per certi versi, questi barbari erano ben più sani dei Romani, in quanto più “giovani” e meno corrotti: Tacito aveva visto giusto nella sua “Germania”!). Poi gli eserciti, sempre più influenti sul piano politico e sempre più liberi ed indipendenti dal potere centrale, si rivelarono una forza centrifuga pericolosa e inarrestabile. Così come la prefettura al pretorio, carica dai tempi dell’imperatore Tiberio (14-37) dannosissima per la stabilità politica. Tra i fattori remoti ricorderei, invece, la corruzione del Senato. Sono tra quegli storici che rintracciano nell’ordo il male endemico di Roma, un fattore disgregatore del potere imperiale.

Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori di questo Suo lavoro?
Che le vite degli imperatori romani non vanno viste solamente come le vite di uomini potenti appartenuti al passato, ma come vite di uomini e donne come noi, seppure con le dovute differenze. Un libro su di loro è un libro su di noi: attraverso le loro vite possiamo riflettere sulle nostre, sulle scelte, sulle ambizioni, sugli errori che rischiamo di commettere e su come evitarli. È così che io, da autore, ho vissuto in prima persona la stesura di questo libro come un manuale per la vita. E poi, per citare uno storico antico, Niceta Coniata, “è sciocco pensare che possa esistere qualcosa di più piacevole della Storia”. Mi auguro, quindi, che il mio libro sia anche una fonte di piacere per chi lo leggerà, un comodo viaggio in poltrona attraverso un mondo lontano, ma poi non così tanto.
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