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giovedì, 02 agosto 2018 17:09 |
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Fabrizio Federici
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Dal Nord al Sud d'Italia, oggi è un continuo rincorrersi di notizie sulla progressiva carenza di medici negli ospedali pubblici e in tutto il nostro sistema sanitario: una vera emorragia, causata anzitutto dal progressivo pensionamento dei medici in carica, dei quali il 51,5% ha già più di 55 anni. Le proiezioni da qui al 2025 dicono che più di 40.000 medici andranno in pensione (soprattutto medici di famiglia); mentre da qui al 2022, calcolando anche i nuovi laureati e specializzandi, e anche se dovesse verificarsi uno sblocco totale del turnover, ci sarà comunque un "buco" di più di 11.000 dottori. L'emorragia deriva non solo dal pensionamento: dal 2012 al 2017, ad esempio, ben 24.651 dirigenti medici hanno lasciato il servizio sanitario per i più vari motivi (inclusi anche trasferimenti all'estero e passaggio a più remunerativi impieghi privati). In particolare, la carenza di dottori riguarderà soprattutto medici di base e anestesisti; e poi igienisti, patologi clinici, internisti, chirurghi, nefrologi e riabilitatori.
L' AMSI, Associazione Medici di origine Straniera in Italia, lancia il suo allarme per questa carenza di medici e altri professionisti nel settore della sanità italiana: viste anche le numerose richieste che arrivano all'associazione da cliniche private e ospedali, dal sud al nord.
Sono state più di 100 le richieste dall'inizio del 2018. Maggiormente vengono dal nord (Piemonte, Lombardia, Veneto): dove sono richiesti ortopedici, pediatri, anestesisti, medici di famiglia, specialisti presso gli ospedali, medici sul territorio e presso i centri di pronto soccorso, guardia medica e 118.
Tanti medici di origine straniera si presentano presso le strutture, e possono lavorare quando si tratta di chiamate dirette a tempo determinato in ospedali, e a tempo indeterminato nelle cliniche private. Poi, però, non possono sostenere nessuna selezione, a causa del requisito della cittadinanza italiana, obbligatoria per poter sostenere concorsi presso le strutture pubbliche.
"Siamo molto preoccupati per questa carenza di medici e professionisti della sanità in Italia, e dalla mancanza di soluzioni e di programmazione per colmare questa carenza, ormai europea e mondiale", dichiara il prof. Foad Aodi, "urge affrontare le questioni dei concorsi per i professionisti della sanità d'origine straniera, del numero chiuso presso le Università, della programmazione del numero di specialisti presso le scuole di specializzazione, in base alle esigenze di oggi. Bisogna anche risolvere i problemi inerenti ai turnover e ai medici in pensione"
"Esprimiamo inoltre solidarietà e vicinanza a tutti i cittadini colpiti da episodi di razzismo e discriminazione, ormai in aumento", prosegue Aodi. "Questi episodi sono più del 35 per cento rispetto all'anno scorso, secondo il nostro sportello congiunto Amsi, Co-mai e Uniti per Unire: vedi i casi del collega del Senegal Ibrahima Diop e della giovane atleta italiana Daisy Osakue, vittima nei giorni scorsi dell’ennesima e deprecabile aggressione razzista. Le nostre associazioni Amsi ,Co-mai e Uniti per Unire sono impegnate costantemente nel promuovere e sostenere iniziative contro il razzismo: opponendosi nettamente a chi , quotidianamente, semina odio tra gli esseri umani"
"Il ruolo degli stranieri in Italia - continua Aodi- in realtà è fondamentale, soprattutto nei settori della sanità, dell’agricoltura, dell'edilizia, dell'elettronica, della gastronomia, delle badanti e colf . Con l’Amsi abbiamo potuto verificare - grazie ad un nostro accurato studio - come, negli ultimi dieci anni, il numero dei medici di nazionalità italiana è sensibilmente sceso ed è stato in parte bilanciato dalla presenza dei medici stranieri: ma non negli ospedali, o come medici di famiglia (sempre per la problematica dei concorsi). Ribadiamo il nostro #No al razzismo e #Si al rispetto dei valori umani e ad una campagna d'informazione contro #intolleranza cieca e per fini politici".
Aodi conclude ribadendo che gli italiani non sono un popolo di razzisti, ma stanno solo vivendo una fase molto difficile dal punto di vista sociale, politico, economico e dell'integrazione. Adesso tocca alla politica riaffermare il principio della buona convivenza e della tolleranza e del rispetto reciproco.
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