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Anche le donne immigrate ora fanno meno figli

giovedì, 19 luglio 2018 06:30

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Fabrizio Federici
Uno dei temi più discussi negli ultimi anni, legato al fenomeno dell’ immigrazione, riguarda il tasso di natalità, che secondo alcuni sarebbe più alto nelle coppie d' origine straniera che in quelle italiane. Una ricerca curata dall'AMSI, Associazione Medici di origine Straniera in Italia, e dal Movimento internazionale "Uniti per Unire" in collaborazione col docente universitario Claudio Manna, fornisce altre interpretazioni, grazie anche ai più recenti dati ISTAT sull’argomento.
Secondo, infatti, il Prof. Claudio Manna, ginecologo ed esperto di infertilità nonché docente, a Tor Vergata, di tecniche di Fecondazione assistita, ed esponente di Uniti per Unire, bisogna valutare il quoziente di natalità (QN), ossia il numero dei nuovi nati, per anno, ogni mille residenti. Dal 2011 al 2016, il QN in Italia è sceso da 9 a 7,8. In particolare, nel Lazio è stato di 8,1, mentre nel centro e nel nord Italia 7,7, e 7, 8 al sud. In Trentino-Alto Adige, invece, è di 9,5; mentre a Bolzano, è addirittura di 10,4. Il prof. Manna snocciola anche con precisione i numeri del tasso di fecondità, ossia il numero medio dei figli per le donne residenti in Italia in un anno. Dal 2011 al 2015 è sceso costantemente da 1,44 a 1,35: in particolare, nel Lazio il tasso di fecondità totale nel 2015 è risultato pari a 1,32 , cioè meno di quello nazionale. Nelle italiane, però, il numero di figli/donna è calato da 1,32 a 1,27 (-0,05), mentre nelle straniere è sceso da 2,36 a 1,94 (-0,42, ossia quasi 10 volte di più).
Quindi l’opinione secondo cui al tasso di natalità italiano contribuisca maggiormente la quota dei nati da coppie straniere non corrisponde al vero. E' interessante chiedersi il perché di questi decrementi, specie nelle straniere: Manna pone l’accento anche sull’ annoso problema dell’ infertilità, che può contribuire alla denatalità nonostante le terapie più avanzate, in quanto "la necessità, a volte, di ripetere cicli di trattamento per la fecondazione assistita può comportare sentimenti di frustrazione, impotenza, sfiducia, sino anche ad una vera e propria depressione". Allora, sempre secondo Manna, "fondamentale è l’ascolto attento del medico specialista nell’infertilità; per affrontare al meglio queste problematiche, che possono danneggiare anche il rapporto di coppia".
La statistica dell’infertilità a livello internazionale è compresa tra il 15 e il 20%, ma in Italia potrebbe essere maggiore, in quanto l’età media della donna al primo figlio è di 31 anni, la più elevata in Europa. L’età della donna, infatti, incide moltissimo sulla fertilità naturale e artificiale. L’inquinamento ambientale e lo stress sono altri fattori che possono abbassare molto la fertilità, femminile e maschile.
La proposta di Amsi e Uniti per unire, allora, riguarda la prevenzione, da realizzarsi con una corretta informazione e ricerca sui fattori più rilevanti che influiscono su fertilità e sterilità; insieme all' aggiornamento e alla collaborazione interprofessionale e interdisciplinare, che deve indirizzare verso cure sempre più personalizzate e centri di sicura qualità.
Il fondatore di AMSI e Uniti per Unire, prof.Foad Aodi, medico fisiatra, esprime prima di tutto solidarietà agli immigrati e immigrate che soffrono o muoiono durante il tragitto della speranza nel mare; e annuncia la ricerca condotta dalle associazioni e comunità di origine straniera aderenti al Movimento Uniti per Unire, che conferma che anche le donne immigrate negli ultimi 10 anni fanno meno figli (meno di 2 per coppia), a causa delle crescenti difficoltà economiche, della disoccupazione e dell’ aumento dei divorzi, specie nelle coppie sposate tra connazionali del mondo arabo e del Sudamerica. Anche la diversa struttura sociale dell’Italia potrebbe influire su quest'andamento, dando alle donne più autorità, autonomia e coraggio di decidere il loro futuro, sia nel matrimonio che sul piano del lavoro. Le residenti in Italia, infatti, fanno figli in età più tarda rispetto alle loro amiche e cugine dei loro Paesi d'origine: che si sposano all'età di 19-24 anni e fanno 4 figli per coppia, dimostrando minori problemi di fertilità.
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