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mercoledì, 11 ottobre 2017 08:02 |
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Testa di sacerdote da sarcofago palmireno (seconda metà II-inizi III secolo d.C.)
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Francesca Bianchi
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Si è conclusa il 3 ottobre con un grande successo di pubblico la splendida mostra Volti di Palmira ad Aquileia, allestita presso il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia e curata da Marta Novello e Cristiano Tiussi. Nata dalla collaborazione tra la Fondazione Aquileia e il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia-Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, grazie ai prestiti concessi dal Terra Sancta Museum di Gerusalemme, dai Musei Vaticani, dai Musei Capitolini, dal Museo delle Civiltà-Collezioni di Arte Orientale “Giuseppe Tucci”, dal Museo di Scultura Antica “Giovanni Barracco”, dal Civico Museo Archeologico di Milano e da una collezione privata, l'esposizione ha costituito un’altra tappa del percorso dell’Archeologia ferita, che la Fondazione Aquileia ha intrapreso nel 2015 in collaborazione con il Polo museale del Friuli Venezia Giulia.
Questa esposizione è stata accompagnata dalla mostra fotografica Sguardi su Palmira – fotografie di Elio Ciol eseguite il 29 marzo 1996, costituita da venti preziosi scatti inediti del Maestro Elio Ciol, illustre fotografo di Casarsa della Delizia (PN), che ci consentono di contemplare la straordinaria bellezza di quei luoghi, oggi irrimediabilmente distrutti dalla furia iconoclasta delle milizie del Daesh.
FtNews
ha avuto il piacere di intervistare il prof. Cristiano Tiussi, archeologo e direttore della Fondazione Aquileia, che ha parlato della multiculturalità che si respirava a Palmira e ad Aquileia, due città collocate ai confini dell’impero romano, oggi entrambe patrimonio dell'Unesco. Il prof. Tiussi ha affermato che le architetture di Palmira sono capisaldi dell’arte greco-romana, in particolare di quella delle province orientali dell’Impero, e si è soffermato sull'immagine che i reperti esposti ci forniscono della civiltà che li ha prodotti. Dalle parole dello studioso emerge forte la speranza che questa esposizione possa far riflettere sull'importanza della tolleranza, del rispetto, della pacifica convivenza e del vivifico scambio tra culture, facendo tesoro delle parole dell'archeologo e storico francese Paul Veyne, secondo il quale ostinarsi a conoscere una sola cultura, la propria, significa condannarsi a vivere una vita soltanto, isolati dal mondo che ci circonda.
Prof. Tiussi, martedì 3 ottobre ha chiuso i battenti la mostra Volti di Palmira ad Aquileia, inaugurata lo scorso luglio presso il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia (UD). Si è trattato della prima esposizione in Europa dedicata alla città siriana, dopo le distruzioni ad opera dell’Isis. Sono stati esposti ventiquattro reperti archeologici: sedici originali, custoditi in diversi musei, ma provenienti da Palmira, e otto dal Museo Archeologico Nazionale di Aquileia. Perché questa mostra è stata allestita proprio ad Aquileia? Cosa accomuna la cittadina friulana, prezioso scrigno di arte e di storia, alla "Sposa del Deserto"?
Palmira è una delle città martiri degli attacchi del fondamentalismo islamico. Le distruzioni perpetrate ai suoi monumenti e la decapitazione di Khaled al Asaad nel 2015 hanno destato vasta impressione nell’opinione pubblica. Una mostra dedicata alla splendida città siriana non poteva dunque mancare nel ciclo dell’"Archeologia Ferita", fortemente voluto da Fondazione Aquileia proprio per tenere alta l’attenzione su questi efferati delitti contro il patrimonio culturale dell’umanità. Palmira e il Bardo di Tunisi, cui abbiamo dedicato la prima mostra del ciclo nel 2015-2016, sono accomunate proprio da questo tragico elemento: essere diventati obiettivi degli attacchi mirati dell’Isis verso istituzioni culturali e siti archeologici di rilevanza mondiale.
Cosa accomuna Aquileia a Palmira? Forse poco, forse, invece, tantissimo. Due siti entrambi patrimonio dell’UNESCO, due città collocate ai confini dell’impero romano, due centri commerciali di eccellenza nelle rotte di traffico antiche, due luoghi in cui si respirava un'atmosfera multiculturale, due luoghi di incontro e di dialogo. E allo stesso tempo, due città distantissime tra loro, non solo in senso fisico: Aquileia, connessa strettamente al mondo italico, anche se aperta per la sua posizione agli influssi del mondo centroeuropeo e balcanico; Palmira, connotata da un’originalità tutta sua, sempre in bilico tra gli influssi greco-ellenistici e romani e quelli provenienti dalla Persia, il grande e minaccioso vicino dell’impero romano.
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Rilievo funerario con ritratto femminile (primi decenni III secolo d.C.)
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Cosa L'ha colpita di queste antiche testimonianze arrivate ai giorni nostri, nonostante la furia iconoclasta abbia cercato in tutti i modi di cancellarne la memoria?
Le architetture di Palmira sono capisaldi dell’arte greco-romana, in particolare di quella delle province orientali dell’Impero: il tetrapylon, il frontescena rialzato del teatro, il tempio di Bel, originalissima sintesi tra lo stile greco-romano e l’apporto locale, sono tutti edifici che non possono mancare nei manuali di storia dell’arte antica. Purtroppo, tutti questi monumenti sono stati distrutti con l’esplosivo dai miliziani dell’Isis.
I reperti esposti costituiscono le testimonianze più significative dell'arte palmirena. Che immagine ci forniscono della civiltà che li ha prodotti e dell’ambiente sociale, economico, culturale e religioso della "Venezia di sabbia"?
Le peculiarissime lastre di chiusura dei loculi nelle tombe palmirene sono oggetti che, per parecchi decenni dopo la riscoperta settecentesca di Palmira, hanno avuto un grandissimo favore presso i collezionisti di mezzo mondo. In effetti, sono reperti davvero originali. Quelli che abbiamo ammirato in mostra evidenziano il raggiungimento di un alto grado di benessere di una parte consistente della popolazione, che balza subito agli occhi, ad esempio, grazie allo sfoggio, direi quasi l’ostentazione, dei numerosi gioielli d’oro delle dame palmirene. Questo è un tratto tipico dell’arte provinciale: la capacità di accumulare la ricchezza, grazie soprattutto ai commerci, è uno strumento formidabile per tentare, anche se nei limiti giuridici concessi, la scalata sociale, e quindi viene abbondantemente sottolineata. Così come l’indicazione della toga per i maschi, emblema autentico del cittadino romano a tutti gli effetti, oppure di una scheda di papiro nella mano, allusiva ad un ruolo amministrativo svolto in vita dal defunto. Emerge, inoltre, il ruolo fondamentale tenuto nella società palmirena dai sacerdoti, riconoscibili per l’alto copricapo con al centro una figura in miniatura con le stesse caratteristiche, forse un avo sacerdote eroizzato.
Questi reperti ci dicono qualcosa della vita quotidiana dell'uomo comune o attestano esclusivamente lo sfoggio di potere da parte delle élites palmirene?
In alcuni casi da queste lastre si evidenziano storie di una drammatica e commovente umanità, come quella della madre che piange il bambino prematuramente scomparso, anche se le iscrizioni in aramaico che accompagnano i reperti non sono così prodighe di particolari come avviene spesso, invece, nelle stele aquileiesi in mostra.
Tutti i viaggiatori occidentali che dal Settecento in poi si sono recati a Palmira ne hanno lodato la bellezza, la raffinatezza e la spettacolarità. Quali peculiarità hanno reso unica questa antica e cosmopolita metropoli d'Oriente?
Palmira era ed è una città splendida, i cui magnifici monumenti, e le altrettanto magnifiche e ben conservate rovine, emergevano dalle sabbie del deserto siriano, quasi come un miraggio agli occhi dei viandanti antichi e moderni, dopo una lunga e faticosa marcia. In particolare, erano e sono impressionanti le grandi vie colonnate, in cui gli altissimi fusti erano decorati da statue di personaggi di rilievo della e per la comunità palmirena, sorrette da grandi mensole al centro. Ma soprattutto, l’incontro tra linguaggi artistici diversi e diverse tradizioni stilistiche dà vita a esiti peculiari e inconfondibili, sia nell’arte figurativa sia nell’architettura. Impossibile non rimanerne stregati.
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Stele con coppia di coniugi (terzo quarto I secolo d.C.)
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Da questa meravigliosa esposizione è nato il catalogo Volti di Palmira ad Aquileia, stampato dall’editore Gangemi. Come è strutturato?
Il catalogo si apre con quattro saggi di inquadramento generale: sulle distruzioni dell’Isis in Siria (Daniele Morandi Bonacossi), sulla città di Palmira (Gioia Zenoni), sul ritratto funerario romano, in particolare quello aquileiese (M. Verzár e Lorenzo Cigaina), e sulla originalissima scultura funeraria palmirena (Fulvia Ciliberto). Seguono le schede dei reperti in mostra. Chiude il catalogo il bellissimo album delle foto scattate a Palmira dal grande fotografo friulano Elio Ciol nel marzo 1996, che sono confluite nella mostra “Sguardi su Palmira", allestita presso il nuovo edificio della Domus e Palazzo Episcopale, nella piazza della basilica di Aquileia, e visitabile anche nei prossimi mesi.
A Palmira, crocevia di culture e luogo di incontro delle piste carovaniere che provenivano dall'estremo Oriente, dall'India, dall'Arabia e dalle coste del Mediterraneo, coesistevano pacificamente etnie, lingue, culture e religioni diverse. Oggi, purtroppo, il patrimonio artistico e culturale di questa straordinaria gemma dell'archeologia mondiale, fino a pochi mesi fa sottoposta al fanatismo religioso delle milizie del Daesh, ha subito danni incalcolabili. Nessuno potrà mai dimenticare l'orribile morte di Khaled al-Asaad, il direttore generale delle antichità di Palmira, barbaramente decapitato il 18 agosto 2015 per essersi rifiutato di lasciare la città e collaborare con i terroristi. Quali riflessioni si augura che questa mostra abbia suscitato e continui a suscitare in tutti coloro che hanno avuto il piacere e la fortuna di visitarla?
Mi auguro che questa mostra faccia riflettere il visitatore su quanto siano valori irrinunciabili per l’intero genere umano la tolleranza tra civiltà diverse, il reciproco e vivifico scambio tra culture, la pacifica convivenza delle genti, il rispetto e la tutela delle testimonianze dei popoli che hanno fatto la nostra storia, insomma tutto ciò che l’Isis combatte in nome di un anacronistico ritorno ad un pretesa purezza originaria della religione islamica. Per questo abbiamo aperto la mostra con l’altare che operatori commerciali palmireni stabilitisi a Roma dedicarono nel santuario delle divinità orientali in Trastevere, recante un’epigrafe bilingue che assimila il Sole dell’iscrizione latina al dio di Palmira Malakbel nell’iscrizione in aramaico palmireno: il messaggio attualizzante è che integrazione e mantenimento della propria identità religiosa e linguistica non sono necessariamente concetti contrapposti.
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