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Nori Corbucci: Marta Marzotto, una vita da ricordare

giovedì, 05 gennaio 2017 00:02

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Marta e Nori nel salotto della villa di Marta a Porto Rotondo, sotto i famosi tetti dipinti da Guttuso
Francesca Bianchi
Sabato 7 gennaio uscirà nelle librerie Marta Marzotto. Un'amica veramente speciale, omaggio della scrittrice Nori Corbucci alla sua celebre amica Marta Marzotto, scomparsa il 29 luglio scorso. Nori e Marta, due donne che hanno affrontato insieme gioie e dolori della vita, unite fino all'ultimo dal gusto di sdrammatizzare e di non prendersi troppo sul serio.
FtNews ha incontrato la signora Corbucci, moglie del regista Sergio, che in anteprima ci ha rivelato qualche indiscrezione su questo libro, raccontandoci del legame fraterno che l'ha unita per una vita a Marta Marzotto, dall'amicizia nata a Cortina, quando entrambe erano giovanissime, all'ingresso nel mondo dorato del jet set internazionale. Nel corso della nostra bella conversazione, Nori ha ricordato i ricevimenti e le feste organizzate dalla Contessa, soffermandosi sulle tante estati felici a Porto Rotondo e sulle numerose scorribande fatte insieme in giro per il mondo. Dalle parole commosse di Nori trapela la nostalgia di tempi felici che non torneranno più, vissuti quasi sempre in compagnia di Marta Marzotto, una donna che non si è mai lasciata vivere, ma ha attraversato da protagonista oltre mezzo secolo di cultura e storia italiana, conoscendo i grandi del mondo, senza mai rinnegare le umili origini.

Come è nata l'idea di scrivere questo libro dedicato alla Sua amicizia con Marta Marzotto?
Nella prefazione del libro In viaggio con Marta, uscito nel 2009, lei stessa mi chiede di essere mia e sua biografa per gli oltre cinquant'anni che ci hanno viste protagoniste e testimoni della storia d'Italia. Ho ritenuto mio dovere e piacere omaggiarla con questo secondo libro, che ho iniziato a scrivere nell'autunno del 2015. Lo scorso maggio è arrivata la notizia terribile della sua malattia e, dopo appena due mesi, Marta, che per me è stata più di una sorella maggiore, è venuta a mancare, lasciandomi un grande vuoto e tanti bei ricordi dei momenti spensierati vissuti insieme. In ottobre ho ripreso a scrivere il libro, parlando di lei al presente, come se fosse ancora tra noi. Questo mio lavoro vuole essere un omaggio a lei, alla donna meravigliosa che è stata, alla sua insaziabile voglia di vivere e di partecipare a tutti gli avvenimenti della nostra epoca.

Come ha affrontato la malattia?
Con serenità alternata ad incredulità, come se per lei la morte fosse un affronto inaspettato. Spesso amava ripetere di essere immortale e io mi ero illusa che lo fosse veramente. Pensi che quando Marta mi informò telefonicamente della sua malattia incurabile, io scoppiai in un pianto irrefrenabile, tanto che lei, con il solito tono scanzonato, esclamò: "Guarda, Nori, che sono io che ho il tumore. E ti pare possibile che debba consolare te?".

Lei è stata una delle migliori amiche di Marta Marzotto per oltre 50 anni. Come è nata la Vostra lunga amicizia?
Ci siamo conosciute a Cortina nel 1952, quando lei aveva 21 anni e io 16. Eravamo all'ora dell'aperitivo all'Hotel Posta, dove all'epoca si riuniva la jeunesse dorée. Qualcuno me la presentò e da allora non ci siamo più lasciate. Ricordo ancora la sua gradevolissima voce, intercalata dalla sua risata speciale, il suo modo elegante di camminare. Io andavo a Cortina con la mia famiglia, lei con il suo fidanzato, poi marito, Umberto Marzotto. Trascorrevamo le nostre mattinate sciando; la sera, invece, andavamo a ballare al "Capriccio" o al "Sanin Dapò". Tornavo a Cortina tutti gli anni a febbraio e la nostra amicizia riprendeva come se il tempo non fosse passato.

Le parlava del conte Umberto Marzotto?
Una volta mi confidò che il conte la corteggiava e le chiese di sposarlo. Ricordo che mi chiese cosa ne pensassi. Io le risposi: Meglio contessa Marzotto che Marta Vacondio!. Questa mia frase fu profetica!

Dopo il matrimonio con Umberto Marzotto Vi siete perse di vista per qualche anno. Come e quando Vi siete ritrovate?
Si sposò e non la vidi più per circa un decennio. Nel frattempo mi ero sposata anch'io con il regista Sergio Corbucci. Dopo anni, la incontrai per caso al Caffè Greco, a Roma, e ci abbracciammo con grande stupore, come se ci fossimo lasciate il giorno prima. Era raggiante di felicità: mi raccontò orgogliosa dei cinque figli e della perfetta integrazione nella vita agiata della famiglia Marzotto. Mi invitò nella sua casa di Piazza di Spagna. Io accettai subito l'invito e tre o quattro sere dopo mio marito ed io eravamo già a cena nel suo famoso attico.
Marta e Nori in riva al Gange
Chi erano gli ospiti del celebre salotto romano della Contessa?
Gli ospiti erano piuttosto variegati: alcuni principi delle più grandi casate romane, mescolati ad artisti, poeti, gente di cinema. Quando, invece, si trasferì nel villino di Viale D'Annunzio, nel centro di Villa Borghese, frequentatori assidui erano il presidente Sandro Pertini, Alberto Moravia, lo storico Lucio Villari, Vittorio Gassman, Corrado Cagli, Goffredo Parise. Queste serate erano molto ambite dalla "Roma che conta" e Marta dovette selezionare gli ospiti.

Frequentando il salotto della Contessa, ebbe modo di conoscere Guttuso. Come lo ricorda?
Guttuso aveva per Marta un'autentica adorazione e le aveva affibbiato i nomignoli più gratificati e poetici: "nuvola bionda", "tu c'hai sempre il miele addosso... gli altri non possono fare a meno di starti attaccati", "Martina mia adorata". L'ha dipinta centinaia di volte, soprattutto mezza nuda o con le calze a rete, e anche sulle due porte della camera da letto di Marta.

Marta Marzotto diceva spesso che tre sono stati gli uomini della sua vita: il conte Umberto Marzotto, il pittore Renato Guttuso e l'intellettuale comunista Lucio Magri. Quale dei tre ha amato di più?
Negli anni Ottanta, quando aveva tre uomini da gestire, mi venne spontaneo chiederle quale dei tre amasse veramente. Senza esitazione mi rispose: "Ma Umberto! Umberto è mio marito, ho avuto cinque figli da lui, mi ha dato tutto quello che ho e devo a lui quello che sono diventata".

Chi ha conosciuto bene la Contessa ne racconta sempre la profonda e spontanea generosità...
Diceva sempre: "Le cose appartengono a chi le desidera". Se qualcuno avesse espresso un apprezzamento o manifestato il desiderio di procurarsi un vestito o un accessorio che lei indossava, era capace di toglierselo e donarlo al diretto interessato. Sia che si trattasse di un gioiello, anche di valore, sia che si trattasse di una sciarpa o altro. Una volta regalò un costosissimo zibellino a un'amica in difficoltà. Se non donava qualcosa ogni giorno, non andava a dormire serena. Adorava fare regali e leggere la felicità sul volto delle persone a cui voleva bene. La sua generosità non si fermava alle amiche: faceva del bene, quello serio, vero, senza mai vantarsene.

Sembrava davvero indistruttibile...
Aveva la capacità di fare cinque o sei cose nella stessa giornata: andare a una colazione la mattina, a un vernissage nel pomeriggio, a un cocktail, a una festa o a un ballo la sera. Quest'anno ha festeggiato il suo ultimo compleanno a Cortina il 24 febbraio, il 2 marzo è partita per Hong Kong e dopo nemmeno una settimana era a Marrakech. Aveva 85 anni, ma aveva la curiosità e l'entusiasmo di una ragazzina. Ha divorato la vita fino all'ultimo respiro.

Ci racconta qualche aneddoto sulla Sua amica?
E' stata una grande intenditrice d'arte. Riconosceva a colpo d'occhio quasi tutti i pittori dal Rinascimento fino alla Pop Art. Molte informazioni, acquisite dal suocero Gaetano, non le ha più dimenticate: aveva una memoria portentosa. E' stata una grande conoscitrice di gioielli e pietre preziose, che amava indossare in maniera vistosa, basti pensare ai suoi bracciali lunghi dal polso fino al gomito, di maglia d'oro o di platino tempestati di pietre preziose, o agli anelli che coprivano almeno due falangi. Sapeva cucinare benissimo: i suoi risotti, il gelato di caffè e la cheese cake sono diventati famosi. Inoltre era innamorata della musica lirica: nelle sue case aleggiava spesso la voce della Callas o di Pavarotti.

E' vero che amava cantare?
Sì, è verissimo! Era intonata e conosceva le parole di quasi tutte le canzoni, belle e brutte. Amava cantare in compagnia, sopratutto nei lunghi viaggi in macchina. Ricordo che una volta a Punta del Este, in Uruguay, con Lella Bertinotti iniziarono con "Abat-jour" e finirono con "Bella ciao". Entrambe conoscevano a menadito dalla prima all'ultima parola della famosa canzone rossa.

Chi non la conosceva ed era abituato a vederla in tv restava ammaliato dai suoi preziosi caftani, rigorosamente colorati, dai vistosi gioielli, dallo sfarzo e dal lusso che caratterizzavano la sua vita.
Nella realtà chi era veramente Marta Marzotto?

Marta era tutto e il contrario di tutto. Ogni volta era una sorpresa, un'apparizione diversa dall'altra, era animata da una grande voglia di stupire e di stupirsi. Amava prendere la vita con leggerezza, ma chi la conosceva bene ha sempre saputo che questa era solo la cornice: il quadro era molto complesso e niente affatto superficiale. La veste che ha scelto di indossare serviva a coprire sofferenze mai del tutto sepolte: l'infanzia vissuta in estrema povertà; la perdita dei suoi tre uomini, insieme allo status, che poi è riuscita a riconquistare con la sua sola forza; la morte dell'amata figlia Annalisa, cui seguì una lunga depressione. Se ne stava chiusa nel suo dolore a disperarsi come una bestia ferita, finché decise che o moriva o viveva e la vita fu più forte. E se vita doveva essere, che fosse alla grandissima: via alle feste, ai viaggi, agli inviti e io con lei, trascinata dalla sua contagiosa vitalità, che probabilmente mi ha salvato da una vita monotona.
Un'immagine di Marta Marzotto
Anni fa ha scritto il libro "In viaggio con Marta", dove racconta curiosità ed aneddoti sui Vostri numerosi viaggi in giro per il mondo. Che ricordo ha di quelle esperienze?
Ho in mente tutti i viaggi fatti con la mia straordinaria amica: Tailandia, Birmania, Mosca, New York, India, Egitto, Uruguay, San Pietroburgo, dove, visitando l'Hermitage, ci ritrovammo in una sala dedicata a Guttuso, in cui campeggiavano in primo piano le lunghe gambe coperte a metà da calze a rete e l'inconfondibile sedere di Marta. Lei fu orgogliosissima di essere immortalata in uno dei musei più importanti del mondo. In India, invece, siamo state tre volte. L’India di Marta era tutta case di maharaja, residenze di ambasciatori, sedi di gioiellieri. In sua compagnia tutto prendeva colore e vivacità. Al suo fianco vivevo al di sopra delle mie possibilità sia fisiche che psichiche. Quando eravamo in viaggio assieme, la mia preghiera al Cielo era sempre: "Fai che Marta si stanchi e voglia ogni tanto riposarsi!". Le esperienze più belle della mia vita le ho vissute con lei, che attirava a sé solo il bello, ignorando tutto ciò che la distraeva dalla piacevolezza della vita.

Insieme avete superato il periodo più brutto della Vostra esistenza: nell'estate del 1989 Marta perse la figlia Annalisa, malata di fibrosi cistica, a dicembre del '90 venne a mancare Suo marito, il regista Sergio Corbucci. Come avete superato quel periodo di grande dolore?
Abbiamo pianto tutte le nostre lacrime e abbiamo continuato a piangerle fino all'ultimo, senza darlo a vedere, simulando forza ed allegria: era l'unico modo per sopravvivere. Da quell'anno Marta mi prese sotto le sue braccia protettive, dicendomi: "Nori, noi due abbiamo volato. Ora non possiamo strisciare!". Intendeva dirmi che noi, che eravamo la quintessenza della gioia di vivere, dovevamo cercare di condurre lo stesso stile di vita di prima, senza far pesare il nostro dolore. Come primo rimedio, mi invitò a trascorrere l'estate nella sua villa a Porto Rotondo, circondata dal suo affetto e da quello dei figli prima e dei nipoti poi, che mi hanno sempre fatto sentire una di casa.

Insieme a Cortina, Porto Rotondo è stato uno dei grandi amori della Contessa. Come trascorrevano le Vostre estati in Costa Smeralda?
Ogni estate passata con Marta in Sardegna è stata una favola. Fin dagli anni Settanta era solita trascorrere le vacanze estive nella sua splendida villa di Porto Rotondo, decorata da Guttuso. Nel giardino in riva al mare c'era l'abitudine di tenere la tavola apparecchiata per una ventina di persone. Tutti gli amici di Marta che passavano di là venivano ad omaggiarla e spesso si fermavano a colazione. Erano tutti personaggi famosi che, pur di trascorrere un'oretta con lei, arrivavano da lidi lontani: principi, imprenditori, playboy, intellettuali, modelle.
Aveva un'attitudine particolare ad organizzare balli diurni a tema. Si cantava, si cucinava in spiaggia. Era sempre entusiasta e creativa ed era famosa ovunque per l'alta qualità delle sue feste. La sera si cenava da lei o nella villa di Giorgio Nocella, tombeur de femme e fantastico ballerino. Giorgio riceveva sempre dopo le dieci. Si cenava a buffet, con cibi rigorosamente sardi. Non mancava mai l'orchestra che suonava fino alle tre o alle quattro del mattino, permettendoci di ballare fino alle ore piccole. Quando andavamo a queste cene, sembrava di andare a una prima alla Scala: eravamo tutti elegantissimi. Marta e Giorgio hanno portato il lusso e lo sfarzo a Porto Rotondo.

Chi partecipava a queste feste?
Tutti i nostri amici che avevano casa lì, come Monica Vitti, Ugo Tognazzi, Luciano Salce, Francesco Rosi con sua Moglie Giancarla, Renato Salvatori, Corrado Pani, Paolo Villaggio, Mario Ceroli, Rudy e Consuelo Crespi, i marchesi Verusio, Gianni e Marella Marzi, i conti Donà dalle Rose con le mogli, Lina Wertmüller e il marito Enrico Job, Krizia, Ivana Trump, Niki Lauda, Naomi Campbell, il cantante Raffaello, che ci intratteneva con il suo repertorio di musica anni Sessanta.

La morte della figlia Annalisa, uccisa dalla fibrosi cistica a soli 32 anni, fu la vera, grande tragedia della vita della Contessa...
Sì, dopo la morte di Annalisa visse un periodo di profonda depressione. Quel dolore atroce l'ha portato dentro per tutta la vita. Un giorno, mentre nuotavamo nel mare cristallino di Barbuda, l'isola di Krizia, un gabbiano sorvolò la testa di Marta, che subito mi confidò di aver avvertito un forte brivido lungo la schiena. In lacrime mi disse: "In quel gabbiano c'era la mia Annalisa che mi voleva salutare".
Nel ricordo imperituro della figlia ha fatto restaurare per il Museo Poldi Pezzoli di Milano una Madonna con il Bambino del Botticelli.
Approfitto dell'occasione per dire che i proventi di questo mio libro saranno dedicati proprio ad Annalisa e devoluti alla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. Marta avrebbe desiderato questo.

Secondo Lei, come vorrebbe essere ricordata?
Con il sorriso, con l'ottimismo, con l'allegria, con la gioia di vivere con cui lei ha saputo affrontare la vita, nella gioia e nel dolore. In una delle nostre ultime telefonate mi disse di organizzare una festa in suo onore ogni anno.
Io voglio ricordarla con alcune parole della poesia che le dedicai in occasione del suo ottantesimo compleanno:

Quante volte ti ho sentito accettare
il mondo così com'era
con le rose e con le spine.
Tu, Marta, sai vedere il colore del vento
e intuire l'umore degli altri.
Come nessuno sai inventarti la vita
e quante volte l'hai ideata anche per me!

Quante volte, amica mia cara,
ti ho visto piangere
e quasi subito di nuovo ridere.

Nessuno, ne sono sicura, ha vissuto
i propri anni con tanta generosa allegria
come hai fatto tu e continui a fare,
espandendo tutto intorno la tua malìa.

Quante volte abbiamo viaggiato insieme
in terra in mare in cielo e in ogni altro luogo
per godere delle meraviglie del Creato.
Ti devo tanto, Marta, mi hai regalato molto.
Quello che più mi lega è l'affetto e la condivisione di gioie
e anche il rimpianto per i tanti amici persi
che hanno fatto con noi lunghi tratti di strada.

Finisco qui augurandoti, ma per davvero, di vivere ancora tanto
con le tue energie,
sperando che io conservi le mie
per seguirti ancora in capo al mondo.


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