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domenica, 23 ottobre 2022 05:02 |
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Isola di Schiermonkoog, Groninga, Paesi Bassi
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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FtNews ha intervistato l'antropologa e guida naturalistica Irene Borgna, autrice del libro Cieli neri. Come l'inquinamento luminoso ci sta rubando la notte (Ponte alle Grazie, 2021). Con questo libro, un ibrido fra un libro di viaggio, un saggio e una narrazione di formazione, Irene Borgna ha vinto l'undicesima edizione del Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi.
Alcuni anni fa Irene e il suo compagno Emanuele hanno intrapreso una traversata dalle Alpi Marittime fino al Mare del Nord alla ricerca di luoghi dove la notte non è ancora stata del tutto soffocata dalle luci di strade e città, a caccia delle storie che si nascondono sotto gli ultimi cieli neri d’Europa. Nella nostra bella conversazione la studiosa ha ricordato i momenti più belli di quell'avventura alla ricerca dei cieli stellati e si è soffermata sugli effetti disastrosi dell'inquinamento luminoso sulle nostre vite. Ha spiegato che i luoghi in cui è ancora possibile ammirare il cielo stellato si trovano nelle aree a minor reddito, in zone poco o per niente popolate oppure collocate ai margini geografici, economici e sociali, il più lontano possibile dalle grandi città degli umani. Nelle sue parole un invito a riappropriarci della bellezza e della magia antica del buio della notte.
Irene, lo scorso anno per Ponte alle Grazie ha pubblicato il libro Cieli neri. Come l'inquinamento luminoso ci sta rubando la notte, che nel 2021 ha vinto il Premio Mario Rigoni Stern. Perché un libro sull'inquinamento luminoso? Come definirebbe questa pubblicazione? Come e quando ha iniziato ad interessarsi al tema dell'inquinamento luminoso?
Nel 2019, quando sono partita per il viaggio raccontato in Cieli neri (anzi, quando siamo partiti: il mio compagno di viaggio e di vita, un cane ed io), ero ignorante come una suola rispetto all'inquinamento luminoso. Mi trovavo perfettamente allineata con la media degli italiani che, sbagliando (adesso lo so!), considera l'inquinamento luminoso una sorta di Cenerentola tra le varie forme di inquinamento, un “male minore” che ha come conseguenza solo quella di interferire con le osservazioni di un manipolo di astrofili nerd e di quattro astronomi chiusi nei loro osservatori. Col cavolo! La consapevolezza dei veri guasti che causa l'eccesso di luce artificiale di notte e della portata del problema è arrivata proprio quando, una volta che ci siamo decisi a partire in camper con l'idea un po' balorda di attraversare l'Europa sotto i cieli più bui che fossimo riusciti a trovare con il solo scopo di evitare le folle, ci siamo resi conto che ne erano rimasti pochi, pochissimi, di questi cieli. Allora ho iniziato a intervistare persone e a leggere come una disperata per documentarmi. Dov'era finita la notte? Chi l'aveva rubata? Chi paga per le stelle scomparse? Chi muore per il buio che manca? Quando ho iniziato a capire quanto male fa troppa luce dopo il tramonto (alle nostre tasche, alla nostra salute e, soprattutto, a tutte quelle specie animali e vegetali che hanno bisogno di una notte buia per sopravvivere), è nata la voglia di raccontare, di condividere, di cercare di far uscire la questione dell’inquinamento luminoso dalla bolla degli esperti dove è stata confinata finora: c’è bisogno di far crescere il numero dei sostenitori delle notti intatte per riconquistare le stelle. La presa di consapevolezza dell’inquinamento luminoso ha quindi coinciso con il viaggio i mesi immediatamente successivi, per diventare un libro nel giro di circa un anno.
Definirei Cieli neri un ibrido fra un libro di viaggio, un saggio e una narrazione di formazione. Da un lato, infatti, è il diario di un itinerario reale attraverso l'Europa, dalle Alpi Marittime al Mare del Nord, dall'altro lato descrive anche un viaggio teorico fra scienza e letteratura alla scoperta del buio, della sua bellezza e della sua importanza. Infine è, come dicevo, la storia di una personalissima presa di coscienza.
Nell'introduzione lei parla di una traversata dalle Alpi Marittime fino al Mare del Nord alla ricerca di luoghi dove la notte non è ancora stata del tutto soffocata dalle luci di strade e città, a caccia delle storie che si nascondono sotto gli ultimi cieli neri d’Europa. Lei e il suo compagno Emanuele quando avete deciso di intraprendere questa traversata in camper? Dove vi ha condotto la mappa dell'inquinamento luminoso? Quali storie si nascondono sotto gli ultimi cieli neri d'Europa?
Dove possono andare due misantropi curiosi e un cane, con un paio di settimane di ferie a disposizione e un furgone camperizzato, per spostarsi agilmente nel cuore dell’Europa? Ovunque, purché lontano dalla folla. Ma se il Vecchio Continente è congestionato come un condominio, come riuscire a garantirsi una solitudine almeno relativa sostando in posti interessanti? Un’impresa tanto più difficile visto che, per una volta, il mio compagno ed io avevamo deciso di tenerci lontani dalle montagne, vincendo la nostra attrazione spontanea verso le Terre Alte.
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L'intera squadra (Irene, Emanuele, Kira) in trasferta sui Pirenei
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L’idea giusta affiora alle porte dell’estate 2019: una traversata dalle Alpi Marittime fino al Mare del Nord alla ricerca di luoghi dove la notte non è ancora stata del tutto soffocata dalle luci di strade e città, a caccia delle storie che si nascondono sotto gli ultimi cieli neri d’Europa. Il piano, nato per gioco da una boutade del mio compagno, era promettente. Aveva tutta la sobria eleganza di un’equazione: meno illuminazione artificiale, ovvero meno case, più stelle, più mistero. La rotta è stata tracciata seguendo le mappe dell’inquinamento luminoso, anziché l’atlante stradale. Ci ha condotti tra Svizzera, Austria, Germania, Paesi Bassi e Italia, in località famose e in cantucci appartati che abbiamo esplorato a piedi durante il giorno per scoprire le ragioni di tanto buio. Ci siamo imbattuti in luoghi rimasti nelle tenebre per giravolte del destino, che sull’ombra hanno saputo costruire la propria fortuna, come Foroglio, in Val Bavona. Zone ben definite di placida oscurità notturna, i cui confini alla luce del giorno coincidono con quelli di un’area militare fra Stiria e Carinzia (dove siamo stati quasi bombardati). Alpeggi enormi in Baviera popolati da vacche antropofaghe, piccoli laghi smarriti nella grande pianura della Germania orientale e laghi che conservano la memoria salmastra del mare, dove qualcuno ha deliberatamente deciso di impegnarsi per salvare la notte olandese limitando la luce, intrappolandola al di sotto dell’orizzonte. Nella Renania Settentrionale-Vestfalia il buio si è rivelato un effetto collaterale della Seconda Guerra Mondiale, perché sotto al deserto di luci sono ancora sepolti i residuati bellici inesplosi di un’area militare dismessa, dove si formavano i quadri della meglio gioventù nazista. Più a nord, molto più a est, nel punto esatto in cui si apriva una breccia nel muro che ha diviso la Germania e l’Europa fino al 1989, la luce ha mostrato il suo volto più sconosciuto, quello violento e spietato: al Check Point Alpha illuminare voleva dire opprimere e controllare. Il primo capitolo descrive dove e come è nato il viaggio, gli ultimi due aiutano a riabituare gli occhi alle stelle di casa. Tutti insieme raccontano un’avventura che è vera solo di notte, un’apologia del buio nutrita delle parole lette e raccolte durante il cammino e dopo il ritorno.
Quali sono le caratteristiche che accomunano i luoghi in cui è ancora possibile ammirare il cielo stellato? Dove sono concentrati geograficamente questi luoghi?
È sufficiente uno sguardo frettoloso alla mappa online dell’inquinamento luminoso per accorgersi che i luoghi più bui rimasti sul pianeta si trovano nelle aree a minor reddito. Sono tutte zone poco o per niente popolate oppure collocate ai margini geografici, economici e sociali, il più lontano possibile dalle grandi città degli umani. Più spesso si avverano entrambe le condizioni, così le stelle sopravvivono: tra i monti, in mezzo all’oceano, nel deserto.
Le città sono immerse in una specie di perenne plenilunio causato dall’inquinamento luminoso. Oggi l’80% della popolazione mondiale e il 99% della popolazione statunitense ed europea conosce solo una notte a metà, un’oscurità monca, viziata da un invadente chiarore artificiale che nasconde la maggior parte delle stelle. L’accesso al firmamento è diventato di fatto un lusso: per vedere quelle 3000 stelle in teoria visibili a occhio nudo e in pratica accessibili a qualsiasi signore e plebeo un secolo fa, adesso occorre potersi permettere un biglietto aereo per andare molto, molto lontano.
Impianti nati per vederci meglio e farci sentire più sicuri nel buio hanno cancellato l’esperienza della notte così come l’ha vissuta buona parte della specie umana fino a un secolo fa. Se la notte è antica quanto il nostro pianeta, la notte luminosa invece è giovane: è nata poco più di cent’anni fa con l’illuminazione pubblica e da circa trent’anni sta diventando la norma per buona parte dell’umanità – di fatto siamo i primi terrestri a testarne gli effetti in un gigantesco esperimento sulla nostra pelle e su quella di tutte le altre specie viventi. Dallo stupore per la luce elettrica rischiamo di passare in meno di un secolo alla meraviglia per un cielo stellato sempre più raro.
Quali sono i ricordi più belli della vostra avventura alla ricerca dei cieli stellati?
I ricordi più belli sono le chiacchiere in camper, i piccoli momenti privati, le scoperte condivise, il sentirsi - insieme - il contrario di uno sotto alla vastità del cielo stellato.
Ci sono luoghi, in Italia, dove il cielo non è invaso dalla luce artificiale?
Premessa doverosa: siamo il Paese con la percentuale più elevata di territorio inquinato dalla luce artificiale a livello mondiale. La Pianura Padana è tra le aree più abbagliate e abbaglianti dell’intero pianeta. Consultando l’Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso, abbiamo scoperto che, complessivamente, nessun italiano può più dire di godere di una notte intatta, che otto italiani su dieci non riescono a scorgere la Via Lattea da casa propria e che un quarto della popolazione attraversa notti così luminose da non avere nemmeno più bisogno di attivare gli occhi nella modalità "visione notturna in scala di grigi". Insomma, da cinquant'anni a questa parte, nel nostro Paese la notte non è più quella di una volta. Non esiste più un cielo che possa dirsi completamente libero dalla luce artificiale, non sopravvive alcun angolo dello Stivale dove l’unica dotazione luminosa sia quella naturale di luna e stelle. Tuttavia è possibile godere ancora di cieli che sono, se non perfettamente, almeno relativamente bui, per esempio sull’Isola di Montecristo, su Alicudi e Filicudi, intorno al golfo di Orosei, nella Sardegna orientale, e in alcune zone dell’Alto Adige al confine con l’Austria. Meno bui, ma comunque poco inquinati, sono poi i cieli della Maremma e quelli di casa mia, nelle alte valli a ovest della città di Cuneo. La visibilità delle stelle è poco più che discreta in Basilicata, Calabria e sui monti Nebrodi in Sicilia, nell’Appennino tosco-emiliano tra Parma, Piacenza, Genova e La Spezia. Tutte le grandi città, invece, sono pressoché impraticabili per gli amanti della volta stellata, così come la costa adriatica, con la sola eccezione del Gargano
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Quali sono gli effetti dell'inquinamento luminoso sulle nostre vite?
La lotta all'inquinamento luminoso non è solo una battaglia per astrofili frustrati. Sono in gioco l’ambiente (ci sono migliaia di specie, senza le quali ci estingueremmo domani, come gli insetti notturni impollinatori, che hanno bisogno di una notte buia per poter vivere, nutrirsi, riprodursi), il risparmio energetico ed economico, la diminuzione delle emissioni di gas serra in atmosfera e la nostra salute (è dimostrato che forzare troppo e troppo a lungo il ritmo circadiano, che ci vuole vispi di giorno e addormentati di notte, può farci molto male). E c'è qualcos’altro ancora: ogni luce dispersa verso il cielo sottrae alla notte una parte di bellezza, la rende un posto più banale. Al di sotto di un certo numero di stelle, il cielo perde la sua capacità di emozionare e mostrarci l’infinito. Abbiamo bisogno di abbracciare con lo sguardo un numero minimo di stelle per esclamare: «Wow, che bellezza!». Con meno stelle, il gioco non funziona: il cielo diventa insulso e muto. Per ascoltare le stelle, come piaceva fare al piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, serve un’orchestra di almeno qualche centinaio di sonagli luminosi. Questa soglia magica innesca uno stupore antico, un’intuizione delle dimensioni dell’universo che può lasciare meravigliati e sgomenti, ma mai indifferenti. È quello che chiunque può sperimentare quando scende sotto magnitudine cinque, quando cioè si immerge in una notte sufficientemente buia da percepire il cielo in tre dimensioni. Personalmente, penso che un bambino senza stelle rischi di diventare un adulto che non sogna. Credo che il cielo sia di tutti e che una notte buia con i suoi doni (il mistero, il coraggio, la meraviglia, la bellezza, l'ispirazione, il senso di connessione) sia qualcosa che tocca le corde profonde dell'umano, per questo spetta a ciascuno di noi difenderla.
Esistono leggi contro l'inquinamento luminoso o associazioni che tutelano i cieli stellati?
In molte regioni italiane abbiamo leggi ottime, peccato che non le rispettiamo. Una legge pionieristica ed efficace per contrastare l’inquinamento luminoso è stata per esempio quella della Lombardia, approvata nel 2000. Ce l’hanno copiata molti Paesi nel mondo: Repubblica Ceca, Slovenia, Cile, Francia - tanto per citare qualche esempio. Nel 2012 l'Associazione Cielo Buio ha denunciato con una lettera i guasti dell’illuminazione pubblica italiana, sprecona e fatta male, e proposto delle soluzioni illuminotecniche concrete. C’è mancato pochissimo che fosse approvata una legge nazionale bellissima, che ci avrebbe fatto risparmiare emissioni climalteranti e un sacco di denaro, rivedendo in modo razionale l’illuminazione delle città italiane. Naturalmente, non è stata approvata per motivazioni che definire insulse è essere parecchio gentili, ma oggi in Europa sono moltissimi i Paesi che si stanno muovendo per ridurre l’inquinamento luminoso, spesso spinti da motivazioni economiche ed ecologiche, più che ideali, ma va benissimo così. Ad esempio in Francia dal 2018 è in vigore una legge nazionale che prevede l’abbassamento o lo spegnimento delle luci non necessarie nelle ore centrali della notte.
In Italia la principale organizzazione per la tutela del cielo notturno è la già citata Associazione Cielo Buio, che riunisce non solo astrofili e astronomi, ma anche naturalisti e cittadini “passati al lato oscuro”; non possiamo non interessarci alla notte: il cielo è qualcosa che riguarda ciascuno di noi. Sul sito dell’associazione ci sono moltissimi contenuti interessanti e spunti concreti per passare all’azione.
Come possiamo riabituare lo sguardo all'oscurità e alle stelle?
Se vuoi conoscere la luce, illumina la notte, ma se vuoi conoscere il buio, devi camminare nel buio.
Per amare la notte bisogna attraversarla, imparare a prenderle le misure, anziché lasciarsi prendere dal panico. Allora torneremo a scoprire gli odori e i rumori della notte e a sorprenderci del senso di reverenza e bellezza che tutta la vita che va avanti mentre noi dormiamo sa ispirare.
Come guida naturalistica mi piace da pazzi portare i clienti, dopo cena, a fare brevi passeggiate nei dintorni dei rifugi alpini: tutti si meravigliano di quanto la notte non sia poi così scura, di come l’impenetrabilità e la minaccia del buio siano soprattutto nella nostra testa di scimmie diurne disabituate a muoversi dopo il tramonto senza torce o lampioni, di come brulichi di un’esistenza piena e impetuosa che ha la stessa dignità di quella diurna e di come l’una e l’altra siano legate indissolubilmente. Ciascuno scopre, in altre parole, che la notte buia è bella e necessaria.
Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori di Cieli neri?
C’è bisogno, c’è urgenza di far crescere il numero dei sostenitori delle notti intatte per riconquistare le stelle, abbassando spese e riducendo i consumi e le emissioni di gas climalteranti.
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