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Natale inCHIOSTRO a Monastero di Dronero (CN)

sabato, 17 novembre 2018 07:53

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Francesca Bianchi
Nel pressi dell'abitato di Dronero, precisamente in borgata Monastero, è possibile ammirare quel che resta del Monastero cistercense di Sant'Antonio, il più antico complesso monastico cistercense femminile del Piemonte sud-occidentale.
La signora Anna Maria Conte e l'architetto Claudio Ellena in una lunga intervista hanno ripercorso per noi la storia di questo gioiello architettonico, parlando del contesto socio-culturale in cui nacque e soffermandosi sul suo inserimento all'interno del panorama delle fondazioni monastiche della bassa Valle Maira. Hanno riferito quanto attestato dalla documentazione scritta in merito alla vita monastica femminile nel periodo compreso tra XII e XV secolo, documentazione che spesso consente di ricostruire qualche informazione sulla storia della struttura. I due intervistati hanno affrontato anche il tema della crisi che nel Cinquecento portò alla soppressione del monastero, soffermandosi, infine, sulle attività e sulle iniziative che oggi i volontari organizzano per mantenere vivo questo complesso, cercando di farlo conoscere alla popolazione. Tra queste iniziative rientra la manifestazione Natale inCHIOSTRO, di cui domenica 18 novembre il monastero ospiterà la terza edizione. Un appuntamento che consentirà ai visitatori di conoscere questo affascinante monumento - che si può votare come luogo del cuore FAI - e di ammirare i mercatini di Natale nella magica e suggestiva atmosfera del chiostro e dei suoi edifici.

Signora Conte, architetto Ellena, quando e per iniziativa di chi venne fondato il Monastero cistercense di Sant'Antonio di Dronero?
Il monastero di Sant'Antonio è il più antico cenobio Cistercense femminile del Piemonte sud-occidentale; venne fondato verso il 1170 per volontà dei Marchesi di Busca. Nel 1234 si ha notizia di un priorato dipendente da questo monastero nella città di Alba, Santa Maria degli Olmi, ma dobbiamo arrivare al 1356 per trovare il primo nome di badessa: Alasina Rubiona, alla quale succede Montanina Marengo di Fossano. Altre notizie del monastero sono contenute in alcune pergamene conservate presso l’archivio Comunale di Dronero riguardanti liti per questioni di proprietà e diritti all’uso dell’acqua irrigua.
Al momento della fondazione la città di Dronero ancora non esisteva (nascerà nel 1240) e questa porzione di territorio ricadeva nel comune di Busca. Le monache erano tutte figlie di famiglie nobili della zona legate ai marchesi.

In quale contesto storico-culturale nacque e si sviluppò il monastero? Come si inserisce questa struttura nel panorama delle fondazioni monastiche della bassa Valle Maira?
Il monastero nacque nel basso Medioevo e tra varie vicissitudini arrivò come tale fino alla fine del Rinascimento. In origine fulcro della vita economica del luogo, per poi diventare sempre più marginale, a mano a mano che la campagna perse importanza a scapito delle città, che videro la loro espansione e il loro sviluppo nel Rinascimento.
Come l’Abbazia di Villar San Costanzo, il cui territorio era posto sull’altra sponda della Maira, contribuì a modificare il nostro territorio e a renderlo simile a quello che oggi vediamo con opere di disboscamento, dissodamento e messa a coltura dei terreni e con la costruzioni di importanti sistemi di canalizzazione delle acque per poter irrigare le terre coltivate.
Isabella di Costigliole, detta “de Burgo” come il suo parente Giorgio, abate a Villar San Costanzo, fu badessa verso la metà del Quattrocento. Anche lei, come l’abate Giorgio a Villar, fu molto attiva. Il chiostro che noi ora vediamo venne realizzato in questo periodo, come altri lavori di restauro degli edifici monastici, attestati da un’iscrizione sulla facciata della chiesa, ancora visibile agli inizi dell’Ottocento.
Nel 1511, dopo la morte della badessa Isabella, papa Giulio II, con la medesima bolla pontificia del 29 ottobre 1511, con la quale erigeva il vescovado di Saluzzo, sopprimeva il monastero, i cui redditi, unitamente a tutte le proprietà, vennero trasferiti a favore della nuova Diocesi.
Dove risiede l'unicità storica ed artistica di questo gioiello architettonico?
Questo antico cenobio conserva ancora alcune strutture originarie del XII secolo: parte del muro laterale nord della chiesa ed alcune pareti su cui si attesta il chiostro quattrocentesco. I muri perimetrali del chiostro sono stati oggetto di un recente restauro (2011-2015). In questa occasione sono emerse delle preesistenze importanti, quali bacini murari, scodelle di ceramica ingobbiata monocroma verde. Da ricordare è sicuramente il bellissimo chiostro quattrocentesco edificato per desiderio della badessa Isabella De Burgo al tempo del restauro di tutto il complesso monastico, da lei voluto (fine del 1400), che denota un gusto squisitamente femminile, con le colonne in cotto e gli archi acuti che sono ben lontani dall’aspetto estremamente austero dei monasteri maschili dell’epoca.
In occasione dei restauri dell’interno della chiesa, realizzati tra il 2002 ed il 2004, nella parete di controfacciata è stato ritrovato un antico affresco, probabilmente risalente al XV secolo, in cui è rappresentata la Madonna che allatta il Bambino.

Dove erano ubicate le dipendenze del cenobio femminile di Sant'Antonio?
Proprio le dipendenze confermano la grande importanza che rivestiva il Monastero fin dalla sua fondazione. La più vicina era presso il Gerbo di Romanisio, nei dintorni di Fossano, fondato nello stesso periodo, sempre ad opera dei marchesi di Busca. Ancora oggi si possono trovare degli interessanti riferimenti all’interno della chiesa parrocchiale del luogo, che ingloba le strutture dell’antico priorato. Altre due dipendenze erano localizzate nell’area dell’albese: Santa Maria degli Olmi e Santa Maria di Benevello. L’altra dipendenza sorgeva in comune di Garzigliana, nelle vicinanze di Pinerolo, dove attualmente esiste ancora una piccola cappella inglobata nelle ampie strutture di un'imponente cascina.

Cosa ci dice la documentazione scritta che abbiamo a disposizione in merito alla vita monastica femminile nel periodo compreso tra XII e XV secolo? Attraverso queste testimonianze è possibile ripercorrere le tappe fondamentali della storia della struttura monastica?
I documenti che abbiamo, e molti purtroppo sono andati perduti, ci parlano della vita di un monastero rurale femminile dove le monache provenivano da famiglie ricche e nobili della zona, di badesse potenti che cercarono di imporre la loro influenza anche nei confronti di personaggi storici di primo piano. Un monastero molto ricco che faceva gola a molti e numerosi furono i tentativi di ingerenza esterna. All’inizio del 1400 ci fu un periodo di crisi in cui il numero delle monache decrebbe vertiginosamente; non dimentichiamo, poi, che la maggior parte delle vocazioni era di tipo coatto.
Da ricordare il braccio di ferro che durò 81 anni: un gruppo di monache di un monastero di campagna, nonostante la bolla papale che ne disponeva la chiusura, varie scomuniche, tentativi armati di portarle via, resistette sulle proprie posizioni. La situazione politica molto instabile dell’epoca (imperversava sui nostri territori la guerra tra Carlo V di Spagna e Francesco I di Francia per l’accesso al mar Mediterraneo delle Fiandre) aiutò sicuramente le monache a resistere, in quanto i vari potenti erano troppo impegnati nelle loro vicende di potere. E poi l’inevitabile epilogo: Carlo Emanuele I conquista il marchesato di Saluzzo, la Francia viene tagliata fuori dai nostri territori e il Duca decide di far rispettare quanto stabilito dal concilio di Trento negli anni precedenti, ovvero che i monasteri rurali femminili dovessero essere chiusi. Questo segnò la fine definitiva: le monache furono costrette ad andarsene alcune a Fossano, altre a Saluzzo.
Il tutto ci viene raccontato dal vescovo e storico Francesco Agostino della Chiesa nella metà del XVII secolo e, in tempi più recenti, dal barone Giuseppe Manuel di San Giovanni, che a metà dell’Ottocento fece una dettagliata ricerca storica su Dronero e sulla Valle Maira, studi che ancor oggi sono considerati pietra miliare della storiografia locale. A tal proposito merita di essere ricordato il volume “DEI MARCHESI DEL VASTO E DEGLI ANTICHI MONASTERI DE’ SS. VITTORE E COSTANZO E DI S. ANTONIO NEL MARCHESATO DI SALUZZO”, risalente al 1858, che accomuna in un unico studio i beni che oggi costituiscono la rete di valorizzazione e ci racconta nel dettaglio i personaggi e gli eventi che hanno segnato questo nostro territorio.
Quando e per quale motivo iniziarono a manifestarsi i segni della crisi che nel Cinquecento portò alla soppressione del monastero?
Nel 1500 la crisi fu generale. Gli ordini monastici tanto potenti nel Medioevo iniziarono a perdere il loro potere e la loro influenza, il fulcro della vita economica era ormai passato dalle campagne alle città ed erano i vescovi che risiedevano nelle città a detenere potere e ricchezze, spesso alleati ai mercanti e banchieri. In questo senso acquista anche una nuova luce l’episodio in cui il vescovo di Torino nel 1466 accusò le monache di comportamenti licenziosi ed impose loro nuove regole: si può pensare che questo tentativo di ingerenza volesse essere un modo per poter incamerare i beni e le ricchezze del monastero.

Nel corso del tempo il complesso ha subito radicali lavori di trasformazione. Cosa è arrivato a noi della struttura originaria?
Con il passaggio alla Diocesi di Saluzzo l’intero complesso venne trasformato: mutò la destinazione d’uso e il tutto venne diviso in piccole cascine date a mezzadria ad abitanti della zona. Gli edifici monastici subirono un periodo di abbandono, poi, nel 1770, il vescovo Porporato di Saluzzo decise un massiccio restauro, fece anche costruire una casa vescovile per le sue ferie estive e le visite pastorali ed una casa per il vicario che agiva da parroco. Vennero conservati il chiostro e le cellette delle monache, che attraverso i secoli sono giunti fino a noi e sono oggi fruibili al pubblico grazie al restauro fatto con i lasciti dell’ultimo vicario, Don Marino Alessandro.

Oggi come cercate di mantenere vivo questo luogo? Quali iniziative organizzate per farlo conoscere alla popolazione, soprattutto alle scolaresche?
Siamo un gruppo di volontari e cerchiamo di far conoscere questo magnifico angolo che racconta la nostra storia. Siamo convinti che il nostro passato è parte di noi e determina quello che siamo oggi: solo appoggiati sulle spalle di quello che è stato si può guardare meglio al futuro. Seppure nel nostro piccolo, abbiamo cercato con diverse iniziative di far conoscere tutto questo. Ogni seconda domenica del mese siamo aperti al pubblico (eccetto il periodo invernale); “Natale inChiostro” è ormai alla III edizione; recentemente abbiamo ospitato il FAI, che ci ha dato maggiore visibilità; abbiamo ospitato scolaresche lo scorso anno ed è stato bello vedere l’interesse che nutrivano i bambini.
Attualmente si sta sviluppando un progetto di valorizzazione strutturato, finanziato dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione CRC, che inserisce il Monastero in una RETE con altri tre beni della Parrocchia di Villar San Costanzo: la chiesa di San Costanzo al Monte (bene Faro), la chiesa Parrocchiale di Villar (ex chiesa abbaziale) ed il santuario di Santa Maria Delibera. La rete è collegata da un percorso ciclo-pedonale il cui punto di attrazione sarà la pedancola sulla Maira, struttura in corso di realizzazione che sarà ultimata entro i primi mesi del prossimo anno. Monastero diventerà punto di riferimento della RETE, perché nelle strutture della Casa Canonica si stanno affidando i lavori per la realizzazione di un Ostello, dedicato per lo più all’accoglienza di gruppi e/o famiglie, che si prevede operativo già dalla prossima tarda primavera.

Domenica 18 novembre, dalle ore 9 alle ore 19, il Monastero ospiterà la terza edizione della manifestazione “Natale inCHIOSTRO”. In cosa consiste questo evento?
Ospiteremo i mercatini di Natale nella suggestiva atmosfera del chiostro e dei suoi edifici: i visitatori potranno gironzolare tra le bancarelle di hobbisti e creativi che proporranno i loro lavori; sarà possibile visitare l’antico monastero allietati dalle musiche natalizie a cura dei ragazzi delle scuole e dell’istituto musicale di Dronero ed infine rifocillarsi con te’, vin brulè e panettone.
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