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lunedì, 18 giugno 2018 06:44 |
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Nicola Castangia con il prof. Ercole Contu all'esterno della Tomba dei Vasi Tetrapodi
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Francesca Bianchi
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Per FtNews
ho intervistato Nicola Castangia, "fotografo delle Janas" e Presidente di ArcheoFoto Sardegna, un progetto nato per divulgare l'archeologia della Sardegna attraverso fotografie di qualità.
Castangia ci ha accompagnato in un affascinante viaggio nel magico mondo delle Domus de Janas, letteralmente "case delle fate", piccole grotte scavate nella roccia a scopo funerario, che si fondono armonicamente con il paesaggio circostante. Realizzate nel Neolitico, se ne conoscono circa 3500, tra cui la Tomba dei Vasi Tetrapodi, scavata tra il 1959 e il 1960 dall'archeologo Ercole Contu, scomparso qualche mese fa a quasi 94 anni. Nicola Castangia ha ricordato con commozione la figura di uno dei più grandi archeologi sardi, svelandoci dettagli ed aneddoti della collaborazione che ha avuto con lui per la realizzazione della mostra Ercole Contu e la scoperta della Tomba dei Vasi Tetrapodi. Infinita è la stima nei confronti di un uomo onesto innanzitutto e di uno studioso ineccepibile poi, cui la Sardegna deve molto, e di cui Castangia vuole mantenere viva la memoria, facendo conoscere le sue scoperte e il suo alto magistero soprattutto ai giovani.
Ascoltando le parole del fotografo, il pensiero va spontaneo alle donne e agli uomini che più di 5000 anni fa nelle Domus de Janas consegnavano ed affidavano alla Grande Madre i corpi dei defunti per il lungo viaggio ultraterreno. La mia speranza più grande è che sempre più persone possano comprendere che la Sardegna non ha soltanto il mare cristallino, ma anche tradizioni antichissime e un immenso patrimonio storico-culturale che illustri studiosi, tra cui il prof. Contu, hanno portato alla luce, condividendone la bellezza anche e soprattutto con i non addetti ai lavori. Un patrimonio da conoscere e tutelare che, se ben gestito e protetto, aiuterebbe a promuovere e ad incrementare il turismo culturale in questa meravigliosa Isola, a cui il prof. Contu ha dato tanto.
Sig. Castangia, cosa sono le Domus de Janas? Perché portano questo nome?
Le Domus de Janas, sono l'emblema dell'ipogeismo funerario. Ci raccontano del culto della Dea Madre, molto radicato in Sardegna. Sono il luogo del silenzio, dove le anime vagano alla ricerca della Grande Madre. Scavate nella roccia, furono realizzate a partire dal Neolitico fino all'età del Rame. All'interno, che spesso era ricoperto di ocra rossa, venivano praticate incisioni e dipinti. Ancora oggi in molti di questi ipogei possiamo ammirare corna, spirali, teste di toro. Restituendo i corpi dei defunti alla Terra, la Grande Madre generatrice e rigeneratrice poteva generare nuova vita. All'interno vi sono elementi che riproducono l'ambiente domestico, come il focolare, riproduzione nel mondo sotterraneo del focolare domestico, e la "falsa porta". Quest'ultima va intesa come un sipario tra il mondo dei vivi e l'aldilà, una porta dove non passava il corpo dei defunti, ma la loro anima per ricongiungersi alla Grande Madre che li aveva generati. Si pensava che dietro le false porte fosse celato un tesoro, in sardo su siddadu o s'iscusorgiu, motivo per il quale le false porte venivano spesso saccheggiate nel tentativo di cercare questo fantomatico tesoro. Tra le circa 3500 Domus de Janas sarde, la Tomba dei Vasi Tetrapodi è uno dei casi più interessanti.
Quando venne alla luce la Tomba dei Vasi Tetrapodi? Come si spiega la sua eccezionalità rispetto alle altre Domus?
La Tomba dei Vasi Tetrapodi, localizzata nella necropoli di Santu Pedru ad Alghero, che è situata lungo la SS 127 in direzione di Uri, è una delle Domus de Janas più belle ed imponenti dell'intera Sardegna, ma sono soprattutto la straordinaria storia della sua scoperta e gli importanti ritrovamenti che ha restituito a renderla un caso finora eccezionale. Venuta alla luce, infatti, durante i lavori di costruzione di un acquedotto ed indagata da Ercole Contu tra il 1959 e il 1960, restituì ben 447 reperti in coerente successione stratigrafica, risalenti al periodo dal Neolitico all’inizio dell’età del Bronzo, poiché era rimasta perfettamente sigillata. Questo consentì di chiarire il periodo di realizzazione delle Domus de Janas, che allora non era ancora noto nella sua interezza. Il prof. Contu era solito dire che lo scavo di questo ipogeo preistorico gli aveva dato infinite soddisfazioni e gli era costato poca fatica.
Si tratta di uno dei primi esempi di rilievo stratigrafico, in cui viene riportata fedelmente tutta la parte del ritrovamento. Tra i materiali rinvenuti vi sono ricchissime decorazioni e i grandi vasi con quattro piedi che danno il nome alla tomba e che attualmente sono esposti al Museo nazionale archeologico ed etnografico Giovanni Antonio di Sassari
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Panoramica della cella principale della Tomba dei Vasi Tetrapodi (da questa fotografia di N. Castangia il prof. Contu ha individuato il “focolare” tra i due pilastri).
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Come e quando è nato il rapporto di stima e collaborazione che L'ha legata al prof. Ercole Contu e come è nata l'idea di allestire la mostra Ercole Contu e la scoperta della Tomba dei Vasi Tetrapodi?
Conobbi il prof. Contu nel 2015, in occasione della presentazione del libro Le Domus de Janas decorate con motivi scolpiti, riguardante le tombe scolpite della Sardegna preistorica e pubblicato dalla prof.ssa Giuseppa Tanda, allieva del Professore. Ascoltarlo mentre raccontava commosso della scoperta della Tomba dei Vasi Tetrapodi è stata un'emozione grandissima. Rimasi incantato dalle sue parole e dalla passione che animava le sue ricerche. In quegli istanti maturai l'idea di raccontare la storia di questa Domus e del suo straordinario scopritore. Ho subito condiviso l'idea con la dott.ssa Nadia Canu della Soprintendenza e così, pochi giorni dopo, siamo andati a trovare Ercole Contu nella sua casa di Sassari. Subito gli proposi di allestire con le mie foto una mostra dedicata a questa pietra miliare dell'archeologia sarda. Ricordo ancora la sua reazione di profonda e sincera emozione e la gioia con cui accettò. Ebbe, così, inizio la nostra lunga collaborazione, basata sula stima reciproca e sulla fiducia. Esaminava attentamente tutte le foto che sceglievo per l'esposizione e che sottoponevo al suo giudizio. La mostra è stata inaugurata l'1 aprile 2017 dal prof. Contu ad Alghero. Ha fatto, poi, tappa a Santa Teresa Gallura, nel sito di Lu Brandali. Infine, dopo la morte del professore, è stata trasferita a Bonorva, nei locali del sito archeologico di Sant'Andrea Priu, dove è rimasta aperta fino al 9 giugno. Il prossimo allestimento è stato voluto dal Consorzio di Comuni di Sa Corona Arrubia, pertanto la mostra verrà esposta nel Museo Naturalistico del Territorio "G. Pusceddu", che ha sede a Lunamatrona. L'inaugurazione si terrà il 29 giugno e sarà visitabile fino al 14 ottobre. Nella mostra sarà esposta la copia fedele del vaso tetrapode, realizzata da Graziella Dettori e Daniele Chessa. Il nostro auspicio è di far girare questa esposizione per la Sardegna per tenere viva la memoria di Ercole Contu e per far conoscere il meraviglioso mondo delle Domus de Janas dell'Isola.
Mi preme dire che per presentarla ad un pubblico il più vasto possibile, l’associazione ArcheoFoto Sardegna, in collaborazione con il Comune e la Fondazione Meta di Alghero, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Sassari, Olbia-Tempio, Nuoro, e la cooperativa SILT che gestisce il monumento, hanno ideato questa mostra, utilizzando come veicolo promozionale soprattutto le immagini.
Come è strutturato il percorso espositivo che attende i visitatori?
La mostra si compone di cinque sezioni. La prima sezione introduce il fenomeno dell’ipogeismo nella Sardegna preistorica: vengono presentate le Domus de Janas, le modalità di realizzazione, i rituali e le forme spirituali che è stato possibile ricostruire attraverso gli studi. Per la selezione delle tombe e delle necropoli presentate in questa sezione sono state privilegiate quelle indagate o studiate da Ercole Contu. La seconda sezione è dedicata alla Tomba dei Vasi Tetrapodi inserita nel suo contesto, ovvero la necropoli ipogeica di Santu Pedru, situata a breve distanza da Alghero, lungo la strada per Uri. Questa necropoli consta di dieci tombe, indagate dalla Soprintendenza in collaborazione con l’Università di Sassari. La terza sezione traccia un quadro biografico di Ercole Contu, decano degli archeologi sardi, professore emerito dell’Università di Sassari e Soprintendente per molti anni, illustrando alcune delle sue principali scoperte. La quarta sezione è incentrata sul resoconto dello scavo fatto attraverso i disegni, le fotografie d’epoca e i documenti presenti in archivio (diari di scavo e rilievi originali, lettere manoscritte, elaborati progettuali, telegrammi), ma anche con il racconto dell’emozionante scoperta, fatto dall’archeologo Contu in persona attraverso un’intervista-documentario. E' riportata scrupolosamente la cronologia dello scavo: le tombe sono state scavate per la prima volta intorno al 4500 a.C., fino ad arrivare alla Tomba dei Vasi Tetrapodi, che risale al 4200. Si continuò a scavare la tomba fino al 2300, dopo di che venne chiusa. Contu la trovò congelata al 2300-2000. La quinta sezione è incentrata sulla valorizzazione e prevede la realizzazione di un modello tridimensionale virtuale, nuovi rilievi ed elaborazioni grafiche e, soprattutto, la realizzazione di un ricco apparato fotografico. L’obiettivo è quello di rivisitare in chiave inedita ed attuale l’immagine di questa Domus, attraverso l’uso sapiente delle luci e con inquadrature inusuali che catturino l’attenzione del visitatore, conducendolo alla scoperta del mondo sotterraneo delle Janas ed immergendolo nella sua atmosfera immota e rarefatta, quasi metafisica.
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Veduta aerea del Museo Naturalistico del Territorio "G. Pusceddu" di Lunamatrona
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Quanto tempo avete impiegato per la realizzazione di questa mostra?
Abbiamo impiegato circa otto mesi di lavoro, dall'estate del 2016 ad aprile 2017. Circa 54 persone hanno contribuito alla realizzazione di questa mostra, a cominciare dalla dott.ssa Nadia Canu, archeologa della Soprintendenza, responsabile e curatrice dell'aspetto scientifico. Sono suoi i testi che accompagnano le immagini, con il prezioso contributo del dott. Paolo Melis.
Io mi sono occupato dell'organizzazione, della parte grafica e fotografica e del coordinamento dei lavori. Maurizio Cossu, vicepresidente di ArcheoFoto Sardegna, ha realizzato le riprese aeree; Antonio Farina, disegnatore della Soprintendenza, si è occupato della parte relativa ai disegni; Marcello Seddaiu, archeologo, della realizzazione del virtual tour; Francesco Carta della realizzazione di un plastico della Tomba in scala. Ma sono veramente tantissime le persone che hanno collaborato e a loro vanno i nostri ringraziamenti.
Lei ha realizzato scatti straordinariamente emozionanti all'immenso patrimonio archeologico dell'Isola. Quando ha iniziato a fotografare Domus de Janas, Nuraghi e Tombe dei Giganti?
Questa mia passione è nata per lavoro nel 1988, quando facevo fotografie aeree. Ho fatto fotografia pubblicitaria e documentaristica, poi ho capito che la fotografia archeologica, oltre ad essere un lavoro, era una grande passione. Mi capitò di realizzare le prime foto a siti archeologici e me ne innamorai. Mi sono reso conto che c'era poca divulgazione tra i non addetti ai lavori, perché era quasi tutto limitato alla sfera scientifica. Oggi il web è la nuova piattaforma comunicativa che abbatte i costi ed aumenta la concorrenzialità, perché essendo a disposizione di tutti, ha maggiore visibilità la comunicazione di qualità con contenuti di qualità. E' importantissimo promuovere la divulgazione sul web, che allora, quando io ho iniziato, non c'era.
Come è nata l'idea di realizzare un documentario con la voce narrante del prof. Contu?
Il video, la cui regia è curata da Andrea Fenu, è nato perché in quel periodo ArcheoFoto Sardegna collaborava con Videolina, un'emittente televisiva sarda, per la realizzazione della trasmissione 40° PARALLELO, che racconta l'archeologia della Sardegna dal Paleolitico ai giorni nostri. Andrea Fenu si è gentilmente reso disponibile ad effettuare le riprese della visita di Contu alla Tomba dei Vasi Tetrapodi. Il prof. Contu, infatti, ci ha concesso l'onore di visitare la Tomba guidati dalla viva voce del suo racconto, che abbiamo ripreso e registrato perché potesse e possa ancora essere visto da quante più persone possibili.
Dopo il riconoscimento ottenuto al Festival Internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente "Firenze Archeofilm" come miglior film di archeologia preistorica, in qualità di presidente dell'associazione "ArcheoFoto Sardegna", che ha prodotto il documentario, e di direttore artistico del progetto Ercole Contu e la scoperta della Tomba dei Vasi Tetrapodi, ho ricevuto dagli USA l'invito a partecipare ad una rassegna cinematografica con il documentario, che ora siamo impegnati a sottotitolare in inglese. Cercheremo di fare il possibile affinché la memoria di un grande archeologo della Sardegna possa varcare l'Oceano. Resta, comunque, il rammarico che il Professore non sia più con noi e non possa godersi questi meritatissimi riconoscimenti.
In Sardegna risultano censite circa 3500 Domus de Janas, disseminate in tutta l'Isola, fuorché in Gallura. Perché in Gallura non sono attestate Domus de Janas?
Su questo argomento sono state avanzate due ipotesi: secondo la prima, morfologica, il granito della Gallura, che è molto compatto, non consentiva di essere scavato, in assenza di metalli, con nessun tipo di pietra; secondo l'altra ipotesi, che ho appreso dall'archeologa Angela Antona, la Gallura ha sistemi funerari completamente diversi dal resto della Sardegna; la cultura della Gallura era più affine a quella della Corsica. Abbiamo, infatti, molti menhir, dolmen, circoli tombali megalitici, ma non Domus de Janas. Nella regione dell'Anglona, zona di cerniera, è attestata la fusione tra ipogeismo e megalitismo.
Le Sue foto alle varie Domus de Janas sono sempre affiancate da testi poetici che accompagnano il lettore nel silenzioso, magico mondo di queste grotte funerarie. Come nascono queste Sue intense poesie?
Non sono nient'altro che la trasposizione in versi delle emozioni e delle sensazioni che provo quando entro in una Domus de Janas. Attraverso la fotografia restituisco l'elemento visivo, ma ho pensato fosse opportuno inserire un elemento narrativo che si accompagnasse e si fondesse armonicamente con quello visivo. Una delle leggende più radicate in Sardegna è quella delle Janas, benevole creature fatate che, nell'immaginario degli antichi abitanti della Sardegna, vegliavano sul sonno dei fanciulli. Solo associando la narrativa fantastica al substrato scientifico possiamo avvicinare sempre più persone a questi temi. Nel comporre le mie poesie ho attinto ai ricordi della mia infanzia trascorsa in Barbagia, quando gli anziani raccontavano delle Janas. Le mie poesie sono tutte ispirate a questi racconti. Ogni volta resto senza parole, se penso che le Domus sono state realizzate senza un progetto: immaginiamo un grande blocco di pietra che viene scavato con la stessa pietra colpo dopo colpo, fino ad arrivare ad un risultato finale che è l'elemento visivo che noi oggi possiamo ammirare. Dietro a ciò che vediamo, più di 5000 anni fa c'erano uomini con le mani insanguinate per la fatica. Ecco, invito tutti a chiudere per un attimo gli occhi e a pensare a quegli uomini che scavavano il duro granito con le mani insanguinate. Il loro vociare si fonde con il rumore ritmato dei colpi di pietra, un colpo dopo l'altro: il granito cede lentamente, con fatica e con sudore. Ora aprite gli occhi ed ammirate questa eterna dimora scavata nel granito! Ecco, quando fotografo queste splendide grotticelle funerarie, dietro le foto vedo tutto questo!
Lo stesso accade quando entro in un nuraghe: quei grandi massi attendono il visitatore in perfetto equilibro, attorcigliati l'uno con l'altro per formare torri, corridoi, porte, finestre e scale.
Quando entro in un nuraghe mi lascio incantare, pensando a quegli uomini che più di 3.000 anni fa hanno costruito queste opere di alta ingegneria.
Tornando alla mostra, cosa può dirci in merito al focolare che il prof. Contu notò estasiato nelle Sue foto? A cosa si riferiva?
La scoperta del focolare nasce dal fatto che io spedivo al Professore le foto che avevo scelto per la mostra affinché potesse visionarle. Un giorni mi scrisse una mail, che conservo ancora gelosamente, con il seguente contenuto scritto in maiuscolo: IO NELLE SUE FOTO HO VISTO IL FOCOLARE. Da scienziato si rammaricava di non essere riuscito, durante i suoi scavi, ad arrivare al pavimento, perché l'acqua dell'acquedotto di Alghero continuava a scorrere, rendendo impossibile arrivare al livello del pavimento. Nella mia foto ha visto per la prima volta il pavimento pulito e si è accorto che c'era ciò che residuava di un focolare neolitico.
Che ricordo conserva del Professore?
Un ricordo bellissimo: Ercole Contu era una persona genuina, aveva una cultura enciclopedica, ma era un uomo profondamente umile, per niente geloso della sua cultura e del suo immenso sapere, che faceva il possibile per comunicare e condividere, anche e soprattutto con i non addetti ai lavori. Contu è stato ed è l'emblema dell'umiltà dei grandi.
Quali riflessioni si augura che questa mostra possa suscitare in tutti coloro che avranno il piacere di visitarla?
Spesso le persone che hanno dato tanto cadono nell'oblio. Io voglio impedire che il prof. Contu, cui la Sardegna deve tanto, cada nel dimenticatoio. Voglio farlo conoscere, soprattutto ai giovani. Quando mi reco in visita alla mostra, mi informo immediatamente su quante scolaresche siano andate a visitarla. Partecipo a laboratori nelle scuole, nell'ambito dell'alternanza scuola-lavoro, e parlo di lui ai ragazzi. Nel mio piccolo voglio impedire che il suo mirabile magistero cada nell'oblio; è il modo migliore per ringraziare il Professore per il grande dono che mi ha fatto, consentendomi di lavorare con lui al progetto sulla Tomba dei Vasi Tetrapodi
Non mi interessa nient'altro che mantenere viva la memoria di Ercole Contu, nella speranza che tutti coloro che hanno ammirato e in futuro ammireranno questa mostra possano capire la grandezza del suo magistero e della sua straordinaria umanità.
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