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La dodicesima notte

domenica, 13 marzo 2016 20:42

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Alessandra D'Annibale
L’amore è il tema della commedia; la musica, che, come dice il Duca nei primi versi “è il cibo dell’amore”, ha una funzione determinante. Non come commento ma come azione. La scena reinventa un espace de jeu che permette, senza nessuna pretesa realistica o illustrativa, il susseguirsi rapido e leggero di questa strana malinconica commedia, perfetta fino al punto, a volte, di rasentare la farsa.
Carlo Cecchi


La dodicesima notte di William Shakespeare con la traduzione di Patrizia Cavalli al Teatro Eliseo di Roma dal 8-20 marzo 2016 Carlo Cecchi torna a Shakespeare con La dodicesima notte, una commedia corale fondata sugli equivoci, sugli scambi di identità e di genere.
Il testo shakespeariano, esaltato dalla traduzione della poetessa Patrizia Cavalli, dalle musiche di Nicola Piovani, dalla scena di Sergio Tramonti, dai sontuosi costumi di Nanà Cecchi e dalle luci di Paolo Manti, ha permesso ancora una volta al regista, anche interprete nelle vesti di Malvolio, di orchestrare un gioco attoriale straordinario, attraverso quella maestria che ha fatto di lui il più moderno tra i grandi registi-interpreti del teatro italiano.
La trama è il classico intreccio di coincidenze sfortunate, triangoli amorosi, scambi d’identità e beffe divertenti, una romantica tragicommedia degli equivoci fatta di duelli, amori incrociati, travestimenti, sotterfugi, e lettere appassionate.
Il Duca e la Contessa hanno due tenaci fissazioni: il Duca si è fissato sulla Contessa perché lei non ne vuole sapere; la Contessa si è fissata sul fratello morto, al quale vuole restare fedele per sette anni.
Con questi due begli esemplari di nevrosi narcisistica, tutto resterebbe nell’immobilità e addio commedia.
L’amore, viene detto, è troppo affamato per essere soddisfatto da una qualsiasi persona.
Eppure, i primi versi della rappresentazione hanno più a che fare con la musica, e, per analogia, con la poesia, che con l’amore. La musica intesa in questo spettacolo come qualcosa di concreto, come personaggio attivo.
Nella trama Shakespeare, fa scoppiare una tempesta: una nave fa naufragio, dal quale si salva una ragazzetta di nome Viola.
Nel naufragio ha perduto un fratello. La ragazzetta si trova sperduta in Illiria; ma è piena di risorse (vecchiotte, a dir la verità: Plauto, gli Italiani, già Shakespeare in commedie precedenti) e decide di travestirsi da ragazzo e di diventare il paggio del Duca.
Il Duca lo prende in grande simpatia (il paggio-ragazza si innamora tambur battente di lui) e decide di farlo diventare il suo messaggero d’amore con la Contessa.
La Contessa si innamora subito del paggio e le cose si metterebbero male perché il paggio è una femmina e al tempo di Shakespeare i matrimoni gay, o almeno i pacs, non erano previsti. Ma il Destino e Shakespeare hanno risparmiato il fratello del paggio-ragazza, il quale, essendo suo gemello, è tale e quale alla sorella-fratello.
Così questo fratello scampato al naufragio e inseguito anche lui da un innamorato, si sistema volentieri con la Contessa, che lo prende per il paggio-ragazza di cui si era invaghita.
Si sposano presto presto. Il Duca esplode di gelosia, ma poi chiarito l’equivoco si calma e si prende il paggio-ragazza come futura sposa.
Questo è il plot principale. Ma ce n’è un altro, forse più importante. È un plot comico e si svolge alla corte della Contessa: lo zio ubriacone e l’astuta dama di compagnia; un maggiordomo e un cretino di campagna che spasimano ambedue per la Contessa e non poteva mancare il fool.
Malgrado la sua funzione comica, questo plot ha uno svolgimento più amaro: la follia che percorre la commedia, come in un carnevale dove tutti sono trascinati in un ballo volteggiante, trova il suo capro espiatorio nel più folle dei personaggi: il maggiordomo, un attore comico che aspirava a recitare una parte nobile, quella del Conte Consorte.
Non si può dire che l’opera sia una farsa di alto livello. Come tutti i drammi shakespeariani più felici, non appartiene infatti ad alcun genere preciso, anche se ritengo che questo sia il più divertente tra i drammi shakespeariani da rappresentare e Carlo Cecchi ci riesce con astuta maestria.
Uno spettacolo originale e suggestivo, che lascia emozionare il pubblico anche dagli stacchi musicali inseriti magistralmente dal regista e orchestrati dal maestro Piovani.

La dodicesima notte di William Shakespeare con la regia di Carlo Cecchi e traduzione di Patrizia Cavalli al Teatro Eliseo di Roma dal 8-20 marzo 2016
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