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Andrea Loddo: l'archeologia sperimentale per comprendere le ancestrali origini sarde

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sabato, 11 febbraio 2017 20:01

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Vaso askoide: tipico vaso sardo realizzato interamente a mano e cotto in fossa a combustione lignea a riduzione di ossigeno
Francesca Bianchi
b>FtNews ha incontrato Andrea Loddo, abile e appassionato realizzatore di bronzetti nuragici che ci ha condotto nell'affascinante mondo dell'archeologia sperimentale. Loddo ci ha parlato del grande amore che da sempre nutre per la storia, la cultura e le millenarie tradizioni della Sardegna e ci ha raccontato i suoi primi passi nell'ambito dell'archeologia sperimentale, tecnica che gli consente di riprodurre determinati oggetti della cultura materiale del passato, con gli stessi mezzi di allora.
Durante la nostra bella conversazione, l'artista ci ha confidato la sincera e profonda emozione che prova ogni volta che è assorto nella preparazione di un bronzetto nuragico. Dalle parole di questo instancabile ricercatore, che ha realizzato anche varie armature per il film Nuraghes, diretto dal regista Mauro Aragoni, traspare tutta la convinzione che solo portando la cultura nelle piazze e coinvolgendo la gente comune si possono avvicinare più persone possibili alla riscoperta delle antichissime tradizioni sarde, nella speranza di poter promuovere ed incrementare il turismo culturale in Sardegna.

Lei nutre un amore profondo nei confronti della Sua terra. Quando è nata la passione per l'antico, per il mistero, per la storia e la cultura della Sardegna e per i suoi numerosi monumenti megalitici che ancora oggi si ergono imponenti, noncuranti del succedersi dei secoli?
Ricordo ancora bene quel giorno: avevo 7 anni, quando mio padre, appassionato di archeologia, mi portò a vedere una tomba dei Giganti piccolissima. Mi disse che si trattava della tomba di un bambino. Naturalmente non era vero, ma disse ciò nella speranza che questa informazione potesse destare in me curiosità. E così è stato!

Cosa si intende con l'espressione "archeologia sperimentale" e quale fine si propone questa disciplina?
Il termine nasce proprio dai termini "Sperimentare l'Archeologia". L'archeologia sperimentale si propone di ottenere delle riproduzioni, usando tecniche, materiali e tecnologie del passato. La sperimentazione, se praticata con criterio e serietà, porta risultati affascinanti, proprio come quelli che mostro in piazze e scuole di tutta la Sardegna.
Questo è il mezzo di cui mi servo per avvicinarmi in modo umile e professionale a questa affascinante materia. L'archeologia sperimentale mi consente di attivare un processo involontario nella testa di chi mi ascolta o, semplicemente, osserva la nascita di un bronzetto Nuragico.

Quando e come si è avvicinato all'archeologia sperimentale, decidendo, poi, di farne la Sua professione?
Mi sono avvicinato a questo mondo nel 2010, dopo ormai 20 anni di studi personali e numerose scampagnate. E' nato tutto in maniera assolutamente naturale: volevo un'argilla nuragica in casa, così ho iniziato a lavorare l'argilla, che desideravo talmente perfetta da essere scambiata per qualcosa di autentico.
Per arrivare a tale somiglianza ho dovuto fare tutto con l'archeologia sperimentale: lavorazione, rifinitura, cottura a legna e uso delle ocre. Da lì ho iniziato a desiderare anche un bronzetto e, dopo un ciclo di due anni di sperimentazione sulle terre, mi sono dedicato al complesso lavoro che richiede una sperimentazione per la fusione del bronzo di bronzetti, armamenti e attrezzi da lavoro di epoca nuragica.

Quale percorso formativo ha seguito per specializzarsi in materia?
La passione è stata la mia prima, grande fonte di ispirazione. Sono autodidatta e questo è stato un bene, perché mi ha permesso di non essere condizionato da pensieri indotti, potendo, così, dare sfogo alla mia arte. E' stato un processo lungo, durato ben due anni, al termine dei quali sono riuscito ad ottenere oggetti presentabili e dettagliati, proprio come quelli dei nostri avi.

Quali obiettivi si propone l'associazione "Sulle tracce di Dan", da Lei fondata?
Gli obiettivi che l'associazione si è prefissata, sin dalla sua fondazione, sono stati quelli di operare divulgazione, creando curiosità cultura senza barriere e avvicinando le persone alle loro origini e al rispetto di queste. Inoltre, ci siamo prefissati di dare vita a un sistema culturale e turistico innovativo per promuovere il turismo culturale.
Tutti questi obiettivi sono stati raggiunti alla grande! L'associazione e il gruppo che si è formato hanno dato forza al mio impegno e alla mia passione, ma un ruolo fondamentale l'ha avuto il pubblico web e quello delle scuole e delle piazze dei tantissimi comuni che hanno ospitato le mie attività. Ora ho aperto la coop "Gli ultimi Nuragici", necessaria per l'apertura di un vero villaggio nuragico vivente del periodo del bronzo nel comune di Tortolì, nell'Ogliastra. Per la sua realizzazione a breve partirà una campagna di raccolta fondi online tramite piattaforma crowdfunding.
Bronzetto della sacerdotessa di Selene offerente con ciotola.
Secondo Lei, perché i Nuragici hanno lasciato così tanti bronzetti? Che funzione avevano e cosa rappresentavano questi oggetti?
La condizione che i nostri avi temevano più della stessa morte era il pensiero di essere condannati all'oblio: non volevano essere dimenticati e desideravano rivivere nelle leggende e nei miti di cui la nostra Sardegna è ricchissima. Tanti hanno provato a cancellare le tracce dell'esistenza di questi nostri antenati: Cartagine, Roma, infine la Chiesa, che ha praticato una grossa opera di demolizione del paganesimo, dei suoi templi, delle nostre ancestrali tradizioni. La potenza dell'impero Nuragico, però, era talmente grande che ben presto ci si rese conto che era impossibile nascondere ed occultare un numero così sterminato di torri, tombe e templi.
I bronzetti avevano una funzione divina, rappresentando i nostri stessi avi in atti di devozione, e simboleggiavano anche la potenza del loro esercito e della loro tecnologia navale ed edilizia. Questi, dunque, una volta forgiati, assumevano le sembianze dettagliate dei loro indumenti ed ornamenti, come spille, bottoni e acconciature. Hanno voluto rappresentarli in bronzo perché la tecnica della cera persa era lo spirito più elevato della loro tecnologia, padroneggiata da tutto il popolo: questo è il motivo per cui abbiamo bronzetti pastori, sacerdoti, donne comuni, madri con figli, arcieri, guerrieri, cacciatori, animali, mobili, vasi, navi, carri, Nuraghi, armi, tutto rappresentazioni miniaturistiche. Il tutto veniva esposto su altari litici, come un grande presepe.
Dico sempre che il primo presepe della storia è stato quello nuragico: "presepe" significa 'rappresentazione' e i Nuragici hanno rappresentato il loro mondo in bronzo!


Può descriverci le varie fasi di produzione di un bronzetto nuragico?
Come prima operazione, bisogna ricercare, lavorare, modellare e scolpire la cera d'api. Dopo aver preparato il modello in cera, questo deve essere avvolto da un mantello di materiale refrattario; bisogna attendere alcuni giorni per l'essicazione, dopo di che si passa alla fase di scolatura della cera. Poi si può procedere alla fase di fusione del bronzo, che verrà colato all'interno della cavità vuota, inizialmente occupata dalla cera, ormai eliminata. Infine bisogna demolire il guscio e pulire l'oggetto. Questo processo di sperimentazione metallurgica durò per tutta l'epoca nuragica e anche oltre, con variazioni di percentuali di lega e nuove leghe.

Quanto tempo richiede la preparazione di un bronzetto?
Un bronzetto figurante semplice può richiedere due giorni di lavoro per poterlo apprezzare ed ammirare nel suo dorato splendore.
Un'immagine di Andrea Loddo impegnato nella fusione del metallo.
Che emozioni prova quando è impegnato in un rituale antichissimo, come quello della produzione-fusione artistica di un bronzetto nuragico, che Le consente di dare vita ad oggetti che creavano i nostri antenati vissuti 3000 anni fa?
Ogni volta provo un'emozione unica, anche perché incontro sempre qualche difficoltà tecnica che va risolta. In ogni mia creazione di un bronzetto, mi sento come se il mio pensiero si concretizzasse lì, tra le mie mani. Avverto un profondo senso di felicità, quando tutto procede bene; al contrario, provo una leggera tensione, se qualcosa non va come vorrei, ma ciò che mi infonde veramente tanta emozione è vedere i volti delle persone che, incantate, assistono per la prima volta alla nascita di un loro antenato in bronzo.
Nei loro volti si leggono stupore, incredulità, meraviglia. Ecco, questa è la magia Nuragica che porto sempre con me e che dedico a tutti i Sardi di oggi e a quelli che ci hanno preceduto, che non dobbiamo mai smettere di ringraziare per la preziosa eredità storica, artistica e culturale che ci hanno lasciato.

E' possibile assistere al processo di lavorazione dei Suoi bronzetti?
La lavorazione della cera richiede pace e serenità. Questo è importante anche per il mio stato d'animo. In alcune scuole hanno visto nascere un bronzetto in cera, che poi è stato trasformato in bronzo, ma lo mostro solo ai bambini, gli adulti ancora non sono pronti.

Lei è una delle figure portanti del film Nuraghes, diretto dal regista Mauro Aragoni. Per questo film ha realizzato varie armature, tra cui il guerriero di Padria e l’arciere di Sardarda. Quanto tempo ha impiegato per realizzarle?
Per realizzare il guerriero di Padria ho impiegato molti mesi, essendo uno dei più complessi e complicati della bronzistica Nuragica. Lo stesso è accaduto con l'arciere di Sardara. Sono partito dai bronzi più complessi e spettacolari: per realizzare cinque armature ho impiegato due anni di intenso lavoro mentale e fisico.

In quale epoca è ambientato Nuraghes e che temi affronta?
Nuraghes è collocato tra il 1400 ed il 1200 a.C., periodo che vede il massimo splendore della civiltà nuragica ed il suo inesorabile declino. Tratterà la storia del geronticidio sardo, dell'usanza sa babaiecca: i nostri avi sceglievano per onore e orgoglio di lanciarsi nel vuoto con un ghigno in volto, noto come riso sardonico.
Nuraghes S'Arena, invece, parla di una mini storia ambientata cento anni prima di Nuraghes ed è stato ideato proprio per catturare l'attenzione dei grandi produttori sul vero, grande progetto di Nuraghes.

Quale messaggio spera possa arrivare a tutti coloro che vedranno questo film?
Mi auguro con tutto il cuore che questo lavoro stimoli i Sardi ad interessarsi maggiormente alla loro storia e alla loro cultura. Spero, inoltre, che possa dare luogo ad un turismo culturale di massa verso la terra dei miti raccontati in Nuraghes. La Sardegna ha tanto da offrire: non è solo mare cristallino, spiagge meravigliose, ma anche montagna, storia, cultura, tradizioni millenarie, longevità, genuinità.
E una bella tassa e Inu Nieddu ('un bel bicchiere di vino nero')!
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Nome: Valentina Porcheddu
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