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Sulle tracce dell' archeologia dell'evanescente con Paola Di Silvio

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giovedì, 22 settembre 2016 15:21

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Paola Di Silvio posa in un sarcofago femminile, III sec.a.C., Museo Civico di Viterbo
Francesca Bianchi
FtNews ha intervistato Paola di Silvio, laureata in Conservazione dei Beni Culturali, con specializzazione in Topografia Antica. La studiosa, che ha collaborato a studi e pubblicazioni di natura archeologica e storico-artistica, finalizzate alla conoscenza, tutela e valorizzazione di importanti siti dell'Etruria meridionale, si occupa da anni di Archeologia Sperimentale (protostorica, classica e medievale).
Ha cooperato in fase di ricerca, sperimentazione e divulgazione, con musei, enti ed istituti culturali italiani (CNR, Sovrintendenza per l'Etruria Meridionale) e stranieri (Istituto Svedese di Studi Classici di Roma, Istituto Germanico di Roma).
Guida turistica dal 2000, svolge intensa attività di promozione culturale, attraverso l'organizzazione di conferenze, convegni internazionali, mostre e rievocazioni storiche.
Nel corso della nostra conversazione, la studiosa ha raccontato del suo interesse per l' archeologia dell'evanescente, un nuovo ambito della ricerca archeologica che si occupa di ricostruire la storia del profumo nel mondo antico.
La Di Silvio ha parlato anche del forte legame tra le donne etrusche e i profumi e si è soffermata sull'importanza del principio femminile e delle donne nella civiltà etrusca.

Cosa si intende per "archeologia dell'evanescente"?
E’ la suggestiva definizione che è stata trovata per indicare un nuovo ambito della ricerca archeologica, quello del profumo del mondo antico o profumo archeologico, un indirizzo dello studio che negli ultimi anni ha avuto il supporto di varie scienze. Soprattutto il raffinamento della tecnologia nel campo delle analisi molecolari ha consentito di indagare meglio i contenuti residui conservati all’interno dei preziosi unguentari, rinvenuti a seguito di scavi archeologici. Nuove scoperte, indagini chimiche più approfondite, insieme allo studio delle fonti letterarie antiche, hanno consentito di accrescere la nostra conoscenza riguardo un’entità così effimera, evanescente appunto, come il profumo, e di riuscire ad avere una percezione anche olfattiva del mondo antico.

Come è quando è nato in Lei l'interesse verso questa affascinante e poco conosciuta disciplina?
Circa dieci anni fa lavoravo nel Centro di Archeologia Sperimentale "Antiquitates", a Blera, in provincia di Viterbo. La nostra sperimentazione era rivolta soprattutto alla ricostruzione di forni di età protostorica. Fummo incaricati di ricostruire dei piccoli forni, alimentati ad olio, che la Missione Archeologica Italiana del CNR, operante da anni a Cipro, aveva ritrovato nel sito di Pyrgos, contestualmente ad un laboratorio per la produzione di profumi, risalente al II millennio a.C. Oltre alla sperimentazione su forni, grazie alle indagini archeometriche del CNR, fu anche possibile risalire alle componenti di quei profumi. Le nostre ricostruzioni di quelle antichissime note olfattive furono presentate nel corso di una mostra allestita presso i Musei Capitolini, dedicata appunto ai ritrovamenti di Cipro. Da lì partì tutto…
Tomba dell'Aryballos sospeso, VI secolo. a.C., Tarquinia (Vt). Sulla parete di fondo il piccolo unguentario ritrovato, ancora appeso al chiodo
Come è possibile ricostruire le note olfattive di migliaia di anni fa?
Possediamo diversi autori antichi, greci e latini, che ci illustrano ampiamente nomi e composizioni dei profumi. Su tutti domina l'opera del greco Teofrasto, che nel IV sec. a.C. scrive un trattato dal titolo Sugli odori. Probabilmente aveva una frequentazione diretta delle prestigiose botteghe dei profumieri ateniesi, tant’è che oltre a darci informazioni preziose sull’arte della profumeria nel mondo antico, ci svela anche curiosi aneddoti sulla furbizia, talvolta vera e propria disonestà, dei maestri profumieri, rivelandoci che falsi e contraffazioni sono sempre esistiti. Le analisi archeometriche dei contenuti degli unguentari ci forniscono, poi, ulteriori e più dirette informazioni.

In quali occasioni e da chi venivano usati i profumi?
Il mondo antico faceva un uso ampio e diversificato del profumo. Il suo uso nasce in ambito sacro. Il termine stesso "pro-fumum" deriva appunto dalle offerte di sostanze odorose che venivano bruciate sugli altari, come dono alla divinità. Avevano anche un uso funerario. La composizione di molti unguenti era tale da conferire all’olio proprietà disinfettanti e purificanti. Si usavano, infatti, sui corpi dei defunti per rallentarne il processo di decomposizione. Solo successivamente sarà introdotto l’uso cosmetico, che dalla Grecia si diffonderà rapidamente prima nel mondo etrusco e poi in quello romano. Uomini e donne facevano ampio uso di oli profumati. Lo richiedeva la loro pelle, che veniva detersa con sostanze molto corrosive, quali cenere, soda, pomice, e di conseguenza aveva poi bisogno di essere bene idratata. Unguentari delle più varie forme, da quelli più semplici a produzioni di grande prestigio artistico, da quelli prodotti in Etruria a quelli importati dalla Grecia o dagli empori medio-orientali, sono stati restituiti dagli scavi archeologici in Etruria e fanno ora bella mostra di sé nei più importanti musei del mondo.

Esisteva una connessione tra i profumi e la sfera magico-religiosa?
Assolutamente si. Come anticipato, il profumo nasce proprio in questo tipo di contesto. Molti profumi avevano anche proprietà inebrianti ed erano usati in particolari rituali. Poi c’è anche il discorso legato all’arte seduttiva dei profumi, che li rendeva davvero magici strumenti di conquista.

Le donne etrusche usavano i profumi? Ci sono testimonianze archeologiche o iconografiche che attestano in maniera inconfutabile l'uso di unguenti da parte delle donne?
Tutti i corredi femminili restituiti dalle tombe etrusche contenevano un numero considerevole di unguentari. Le racconto una scoperta molto suggestiva in merito a questo aspetto, avvenuta di recente nel territorio di Tarquinia. Nel 2013, presso il cosiddetto Tumulo della Regina, gli archeologi hanno scoperto un sepolcro inviolato, risalente al VI sec. a.C. La tomba, rimasta sigillata per 2600 anni, ha riservato un’incredibile sorpresa: al suo interno, intatte, le ossa di una persona. Inizialmente attribuito ad un principe, si è poi scoperto che lo scheletro apparteneva ad una nobile ricamatrice di tessuti. Alla sepoltura è stato dato il nome di Tomba dell’Aryballos sospeso, dal momento che, sulla parete di fondo, proprio sopra la testa della defunta, con un gesto di estremo affetto e tenerezza, qualcuno aveva lasciato appeso ad un chiodo, un contenitore per profumo, a testimonianza di quanto la defunta fosse legata a quel particolare oggetto e al suo contenuto.

Che ruolo ricoprivano le donne etrusche all'interno della società? La donna etrusca aveva un ruolo sociale paritario rispetto a quello maschile. Tutta la documentazione archeologica in nostro possesso concorre a supportare questa affermazione. Gli affreschi delle tombe ce la mostrano sempre riccamente abbigliata e adornata, fiera protagonista, insieme agli uomini, anche in quei contesti, come la partecipazione al banchetto o ad agoni sportivi, che erano normalmente preclusi alle coeve donne greche.
In Etruria esisteva anche la possibilità per le donne di dare il proprio nome ai figli, era il cosiddetto matronimico, che ritroviamo spesso nelle formule onomastiche.
Le donne potevano anche essere titolari di imprese e quindi assumere ruoli imprenditoriali.
Laboratorio di profumeria antica, con riproduzioni di unguentari etruschi e ricostruzioni di antiche essenze
Avevano accesso alla formazione culturale e rivestivano un ruolo importante anche nell’ambito religioso, dal momento che sono attestate dall’epigrafia etrusca delle sacerdotesse. E poi conoscevano molto bene quella che era considerata la “disciplina etrusca” per eccellenza, vale a dire l’arte divinatoria.
Un caso su tutti: quello di Tanaquilla. Moglie di Tarquinio Prisco, il primo re etrusco di Roma, predisse al marito il suo radioso futuro, interpretando come auspicio favorevole un segno che venne dal cielo: un’aquila nei pressi del Gianicolo portò via il cappello al marito e poi glielo rimise in testa. Per Tanaquilla non c’erano più dubbi: suo marito avrebbe dominato su Roma!

Perché le donne etrusche erano fortemente disprezzate da Greci e Romani, al punto che il termine "etrusca" era sinonimo di prostituta?
Proprio perché l’emancipazione della donna etrusca era tale che ciò che faceva era considerato più adatto ad una cortigiana che ad una signora dabbene. Bisogna considerare che le donne greche vivevano recluse nel gineceo e non potevano partecipare alla vita sociale.
Le donne che vediamo allietare i simposi, raffigurati sulla ceramica greca, sono tutte prostitute, di alto rango, istruite e ricchissime, ma sempre donne a pagamento. Poiché le etrusche facevano le stesse cose delle cortigiane greche, amavano il lusso, i gioielli, i profumi, erano forti bevitrici, erano viste spesso danzare, vestite solo di veli leggeri, al suono del doppio flauto, erano solite divertirsi come gli uomini, assistendo a spettacoli gare sportive, il sillogismo era presto fatto.

Il principale aspetto della civiltà etrusca è l'importanza del principio femminile e delle donne, che ha indotto diversi studiosi ad ipotizzare l'esistenza di un matriarcato etrusco. Secondo Lei si può parlare di matriarcato in riferimento alla società etrusca?
L’ipotesi di un vero matriarcato trova scarsa conferma nella documentazione archeologica in nostro possesso. Se una società matriarcale è mai esistita, per tutta una serie di motivi, può essere solo precedente all’epoca di cui stiamo parlando. Diciamo che nel mondo antico, ma di epoca storica, vi sono civiltà ben documentate, in cui le donne hanno conservato la loro importanza, numerosi diritti e una discreta autonomia. Tra queste civiltà troviamo, senza dubbio, anche quella etrusca.

L'importanza del principio femminile presso gli Etruschi emerge anche nella religione, imperniata sul culto di una Grande Dea della Terra, madre universale. Ci sono affinità con la religione cretese e con i culti della Vecchia Europa dell'età neolitica?
Le divinità femminili etrusche furono presto associate a quelle del pantheon greco. La dea etrusca Uni, oltre che alla Hera greca, fu anche associata alla semitica Astarte, la Grande Madre fenicia e cananea, legata alla fertilità e alla fecondità, connessa anche con l’Ishtar babilonese. Il culto di Uni-Astarte è attestato a Pyrgi, uno dei porti di Cerveteri, presso un santuario frequentato da Etruschi e da mercanti fenici.
Nell’ambito di questo culto, secondo alcuni studiosi, rientrerebbe una pratica sacra molto particolare di origine orientale, la ierodulia o "prostituzione sacra". La presenza di riti di prostituzione rituale nel santuario di Pyrgi sarebbe testimoniata dalla scoperta di alcune celle annesse al tempio e da un’espressione del poeta latino Lucilio che parla di scorta pyrgensia, che letteralmente significa “meretrici di Pyrgi”.
In luogo di “prostituzione sacra”, alcuni preferiscono il termine “sessualità sacra”. In entrambi i casi ci si riferisce ad un rapporto sessuale o ad altro tipo di attività erotica, praticata nell’ambito di un complesso culturale come rito propiziatorio per la fertilità o come riproposizione di un “matrimonio divino” o "ierogamia".
Spesso i riti di accoppiamento venivano celebrati dietro versamento di una somma di denaro in forma di offerta e tutto veniva poi accumulato nel tesoro del tempio. Non ci stupisce che le etrusche siano state anche sacerdotesse dell’amore!
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