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La ragazza del Mar Nero: la tragedia dei greci del Ponto

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lunedì, 10 giugno 2024 07:17

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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
FtNews ha intervistato Maria Tatsos, autrice del romanzo storico La ragazza del Mar Nero. La tragedia dei greci del Ponto (Paoline Editoriale Libri, 2016). Il libro racconta una pagina di storia, purtroppo sconosciuta ai più, risalente ai primi anni del secolo scorso: il genocidio dei greci del Ponto. Tale massacro è narrato attraverso la storia vera di Eratò Espielìdis, nonna dell'autrice, dall'infanzia felice a Kotyora, l'odierna Ordu, in Turchia, alla persecuzione da parte dei turchi e alla fuga in Grecia, nel 1922, insieme al marito Nikos Tatsos.
Nell'intervista rilasciata a FtNews Maria Tatsos ha spiegato come ha appreso di discendere dai sopravvissuti a questo sterminio d’inizio Novecento e perché all'improvviso i turchi decisero di macchiarsi di crimini tanto atroci, attuando una persecuzione su base etnica dei soggetti non turchi della società. Gli ultimi greci del Ponto sono riusciti a fuggire e a trovare riparo in Grecia tra il 1922 e il 1923. La scrittrice ha affermato che i sopravvissuti, pur avendo perduto la loro terra, le case, le attività, hanno cercato di mantenere viva la loro identità: hanno sempre avuto un grande orgoglio per le loro radici.
Il 19 maggio di ogni anno ricorre la "Giornata della Memoria per il Genocidio dei greci del Ponto", istituita dal Parlamento greco nel 1994, ma ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, la Turchia si ostina a non riconoscere i crimini commessi ai danni dei suoi cittadini cristiani.

Dott.ssa Tatsos, il libro La ragazza del Mar Nero. La tragedia dei greci del Ponto (Paoline Editoriale Libri, 2016) racconta una pagina di storia dimenticata dei primi anni del secolo scorso, quella relativa al genocidio dei greci del Ponto. Il genocidio è raccontato attraverso la storia vera di sua nonna Eratò Espielìdis, dall'infanzia felice a Kotyora, l'odierna Ordu, in Turchia, alla persecuzione da parte dei turchi e alla fuga in Grecia, nel 1922, insieme al marito Nikos Tatsos. Quando e perché ha deciso di scrivere questo romanzo storico?
Da tempo si parla del genocidio degli armeni per mano dei turchi agli inizi del Novecento, ma nello stesso periodo in realtà i vertici dell’Impero Ottomano decisero di sbarazzarsi di tutti i loro cittadini di religione cristiana, quindi anche greci del Ponto e assiri (arabi cristiani), e in seguito di tutti i greci anatolici. È una pagina di storia poco nota al di fuori della Grecia attuale. Come greca del Ponto nata e cresciuta in Italia, ho sentito il dovere di far conoscere questa vicenda al pubblico italiano. È il frutto di un mio percorso di ricerca, durato vari anni, che mi ha portata a comprendere la gravità di quanto era accaduto, che io stessa ignoravo.

Nella sua famiglia non si è mai parlato del massacro dei greci del Ponto. Quando e come ha appreso di discendere dai sopravvissuti a questo massacro d’inizio Novecento? Cosa ha provato quando è venuta a conoscenza di tanto orrore?
È capitato per caso, grazie a Internet. Vent’anni fa sono capitata sulla pagina di un’associazione canadese di greci del Ponto, dove fra le voci del menu figurava la parola “genocidio”. Ho cliccato e ho iniziato a leggere, imbattendomi per la prima volta nella narrazione dei fatti che hanno portato al massacro di 353 mila persone su una popolazione di greci del Ponto di circa 700 mila agli inizi del Novecento. È stato un autentico trauma. Fino ad allora, la parola “genocidio” per me era collegata alla Shoah: mai avrei immaginato di discendere da un popolo che qualcuno voleva sterminare. Avendo una formazione da storica, è subito scattato in me il bisogno di sapere, di conoscere i fatti e le possibili cause che avevano portato a questo orrore.
Profughi del Ponto in fuga nel 1922
Per scrivere il libro lei ha svolto una scrupolosa ricerca storica. Dove si è svolta principalmente e a quali fonti ha attinto?
Le mie fonti sono state principalmente gli studi di vari storici greci, fra i quali spicca senz’altro il professor Kostantinos Fotiadis, che ha dedicato la vita a ricostruire la storia dei greci del Ponto. Ho attinto anche alle testimonianze dei sopravvissuti. In un archivio in Grecia mi sono commossa ascoltando le registrazioni fatte negli anni Ottanta ad anziani compaesani di mia nonna Eratò, come lei fuggiti in Grecia da Ordu. Raccontavano la loro vita nella loro terra natale, la quotidiana convivenza con i vicini armeni e turchi. Le loro voci sono state di grande ispirazione per me per la narrazione degli eventi che racconto ne La ragazza del Mar Nero. Naturalmente ho anche consultato fonti storiche turche disponibili in lingue europee, in quanto non parlo il turco, e saggi di autori europei e americani.

Le testimonianze della presenza greca in Asia Minore sono antichissime, mentre i turchi ottomani arrivarono lì dopo la conquista di Costantinopoli, avvenuta il 29 maggio 1453. Come vennero accolti dai greci del Ponto? Che rapporti c'erano tra armeni, greci e turchi prima del genocidio?
I greci del Ponto resistettero più a lungo di Costantinopoli: Trebisonda, capitale dell’Impero dei Comneni, imparentati con la leadership bizantina, resistette fino al 15 agosto 1461. Con la sua caduta, l’intera Anatolia diventa ottomana. Per i greci del Ponto furono anni bui: i turchi consideravano i cristiani cittadini di serie B perché rifiutavano di convertirsi all’Islam. Dovettero fare buon viso a cattivo gioco: la loro terra era il Ponto, i loro antenati vi erano giunti a partire dal 785 a.C., non avevano un luogo in cui fare ritorno. Nel tempo, in una città come Ordu dove convivevano greci, armeni e turchi, la gente comune cercò di avere rapporti pacifici. Anche se la religione restava un solco che divideva le comunità, impedendo i matrimoni misti.

Perché all'improvviso i turchi decisero di macchiarsi di crimini atroci, attuando una persecuzione su base etnica dei soggetti non turchi della società e ponendo la parola fine a circa un millennio di convivenza tra greci, turchi e armeni che vivevano all'interno dell'Impero ottomano?
La nascita dei nazionalismi nell’Ottocento porta a una graduale disgregazione dell’Impero Ottomano. Prima la Grecia, poi Serbia, Bosnia, Albania, Bulgaria, Romania nell’area balcanica ottengono l’indipendenza. All’inizio del Novecento i turchi cominciano a temere che i cittadini cristiani del loro impero minaccino persino il territorio anatolico. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, armeni e greci vengono percepiti come nemici. Nel 1915 un deputato ottomano tuonava: “Sbarazziamoci dei cristiani per essere padroni a casa nostra”. Un invito alla carneficina.
Maria Tatsos durante una presentazione del libro a Monza
Gli ultimi greci del Ponto sono riusciti a fuggire e a trovare riparo in Grecia tra il 1922 e il 1923, ponendo fine a una civiltà millenaria. Come sono riusciti a conservare la loro identità, la loro cultura, le loro tradizioni?
I greci del Ponto sono sempre stati orgogliosi delle loro radici. Il loro è l’unico dialetto vivente che si parla dai tempi di Omero. I sopravvissuti, pur avendo perduto la loro terra, le case, le attività, hanno cercato di mantenere viva la loro identità. Non solo in Grecia, ma anche in Australia, negli Usa o in Germania ci sono associazioni di greci del Ponto, con giovani millennial che guardano al futuro senza perdere il legame con le tradizioni, le danze, la cultura dei loro bisnonni e trisnonni. Quando ho scritto questo libro, grazie ai social ho conosciuto greci del Ponto come me, che magari non avevano mai vissuto in Grecia, ma non dimenticavano le loro origini, pur essendo cittadini del mondo.

Il genocidio ha avuto un riconoscimento ufficiale: il 19 maggio di ogni anno ricorre la "Giornata della Memoria per il Genocidio dei greci del Ponto", istituita dal Parlamento greco nel 1994. Come si celebra questa triste ricorrenza?
Con cerimonie ufficiali, conferenze e tanta informazione rivolta anche ai concittadini greci. C’è ancora chi ha scarsa conoscenza del genocidio e della fatica dei sopravvissuti che hanno cercato di integrarsi nella società greca dopo il 1923. Avevano perso tutto e, come tutti i profughi, agli occhi dei cittadini ellenici loro contemporanei potevano sembrare dei pezzenti. Con la loro intraprendenza e tenacia i greci del Ponto si rimboccarono le maniche, dando un contributo fondamentale alla crescita economica successiva della Grecia.

Cosa può insegnarci oggi la storia dei cristiani dell'Anatolia? Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori de La ragazza del Mar Nero. La tragedia dei greci del Ponto?
Vorrei che questo libro servisse a riflettere su come nasce un genocidio. Quello che hanno subito i greci del Ponto si è ripetuto nel corso del Novecento con gli ebrei durante il nazismo o con i tutsi in Ruanda. Le autorità incominciano manipolando l’opinione pubblica, indicando chi è diverso come un nemico. La ripetizione dei messaggi di odio provoca assuefazione e disumanizza la vittima. E così chi fino al giorno prima era stato un simpatico vicino di casa può arrivare a ucciderti. Personalmente trovo gravissimo che, a oltre un secolo da quanto accaduto, la Turchia di oggi continui a rifiutarsi di riconoscere quanto ha commesso nei confronti dei suoi cittadini cristiani. Chi non analizza la storia e non impara dai propri errori, potrebbe tornare a commetterli. Mi piacerebbe che libri come La ragazza del Mar Nero stimolassero i turchi di oggi a riflettere e a capire.
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