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Leadership femminile esiste davvero?

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venerdì, 17 marzo 2023 05:31

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Alessandra D'Annibale
Ha ancora senso parlare di leadership femminile? O in un mondo mutevole e in continua evoluzione la rigida classificazione rischia di essere un banale stereotipo nello stereotipo? Alla domanda provocatoria Chiara Galgani e Valeria Santoro rispondono si!
Il libro, infatti, si propone di approfondire il rapporto tra mondo femminile e managerialità attraverso le storie esemplari di dieci donne imprenditrici e manager italiane.
Il libro non si limita ad un insieme di biografie che delineano la formazione e il percorso lavorativo di dieci illustre imprenditrici, ma è una lucida analisi dei ruoli che rivestono le donne nell’ambito lavorativo. Se è evidente che queste “pioniere” attraverso la tenacia e la determinazione hanno raggiunto ruoli apicali nelle aziende, l’assunto specifico a cui puntano le autrici è scardinare l’immaginario collettivo per cui per essere dei buoni leader occorre essere “veri uomini”. Le donne, quando sono in una posizione di leadership, si trovano di fronte a un paradosso; da una parte il ruolo di potere le spinge a evidenziare le caratteristiche maschili (competitivi, assertivi) perché questi sono i tratti normalmente associati alla leadership; dall’altra, questo si discosta dall’aspettativa di genere per cui una leader donna dovrebbe avere una maggior empatia verso il prossimo, essere intuitiva e sviluppare fiducia e stima nel suo team.
Questo perché in base a credenze socialmente costruite e a stereotipi comuni, al leader vengono attribuiti ancora caratteri prettamente mascolini; le donne devono mostrare caratteristiche maschili quando esercitano ruoli di potere. Nonostante la tradizione millenaria cinese ci ha insegnato che in ogni individuo esiste una parte maschile e femminile dove lo YIN è femminile= accoglienza/creatività e lo Yang è maschile = forza/competizione, è chiaro che la leadership è di tipo YANG, quindi maschile e competitiva, e che forse è giunto il momento di provare a esprimere uno stile di comando nelle aziende più di tipo YIN ossia femminile, sia che questo venga espresso da leader donna sia che al comando ci siano degli uomini. La leadership femminile ha senz’altro connotati propri che rimandano ad un’intelligenza emotiva più sviluppata, per cui c’è una maggior comprensione dei bisogni dei propri collaboratori, una comunicazione più intuitiva, una capacità di ascolto, un approccio più democratico nella gestione delle responsabilità e un’attenzione all’inclusività. Ne è un esempio Patrizia Grieco, Presidente Banca Monte dei Paschi di Siena e Assonime, tra le poche donne italiane al vertice delle più grandi aziende del nostro Paese, la quale spiega come un buon leader deve essere come un direttore d’orchestra, deve aver quella sensibilità ed empatia capace di far suonare tutti gli strumenti. Anche Albiera Antinori, la prima donna in 700 anni al timone della storica dinastia Antinori, sostiene che le donne leader hanno un’empatia innata verso collaboratori e situazioni, forse perché geneticamente abituate ad occuparsi dei figli. Antonella Mansi, Presidente del Centro di Firenze della Moda Italiana, afferma che le donne sanno mettersi meglio in discussione perché sanno reagire meglio al fallimento. Nonostante i profili di queste donne siano molto diversi, tutte concordano sul fatto che una donna che lavora non deve rinunciare, se lo desidera, al ruolo di madre o alla propria femminilità, perché la maternità non può costituire un limite alla carriera. Da Pina Amarelli, Lady Liquirizia, scelta da Chanel come ambasciatrice italiana della maison francese passando per Mara Panajia, Ad di Henkel e super mamma, alla più sportiva e dinamica Elena Goitini, Ceo Bnl Bnp Paribas, la prima Banchiera in Italia “a rompere il soffitto di cristallo”, tutte riconoscano che non è facile conciliare la vita famigliare con quella lavorativa, così come non è facile trovare un adeguato bilanciamento tra il ruolo che si riveste ed assumere comportamenti coerenti con la propria natura senza farsi scavalcare da stereotipi culturali.
Se è vero che nel mondo contemporaneo vige il pensiero secondo cui la leadership non è maschile né femminile e quindi oltrepassa i confini del gender, è altresì vero che le due autrici Galgani e Santoro, mettono in luce, attraverso i racconti delle dieci imprenditrici, alcune soft skill tipicamente femminili quali appunto la capacità di ascolto e comunicazione, la creatività, la passione, la capacità di cogliere i dettagli, la preparazione, lo studio e il sacrificio che in alcuni casi deve essere superiore a quello di un uomo. Silvia Candiani, Country General Manager Microsoft Italia, spiega molto bene la meritocrazia all’estero e quanto sia più facile per una donna eccellere in un contesto in cui si valorizza il talento. Di contro quasi tutte sostengono che in una leadership femminile spesso manca il sostegno da parte di altre donne, il costruire alleanze e “fare squadra” forse perché la solidarietà tra donne è ancora lontana. “La fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità”, così si apre il capitolo dedicato a Cristina Schocchia, AD Illy Caffè, manager brillante che non si è fatta condizionare dal suo punto di partenza perché i suoi sogni erano troppo grandi per essere contenuti in un piccolo paesino della Liguria. Lei è l’unica che non vuole parlare di leadership femminile o maschile ma solo di persone che sanno bilanciare i due stili. Così come Daniela Fatarella, Direttrice di Save the Children per cui la leadership ha caratteristiche sia maschili che femminili, nonostante aggiunge che le donne sanno cogliere le sfumature! Per Sara Riffeser Monti, Componente del Consiglio di Amministrazione Monrif Spa, invece donne e uomini devono collaborare insieme perché si completano e perché il mondo non potrà mai essere comandato dalle donne.
Dai racconti di queste meravigliose donne “in carriera” non emerge solo la loro brillante capacità lavorativa, fatta di sacrifici, coraggio, determinazione e spesso rinunce da parte della loro famiglia, ma ciò che le autrici fanno risaltare è la “maternità” di far crescere le persone, ispirare e motivare gli altri, oltre i pregiudizi e gli stereotipi, di credere in loro stesse, nelle loro visioni, di non arrendersi mai, provarci sempre nonostante i fallimenti, ma soprattutto emerge un immenso senso di gratitudine verso la vita. L’obiettivo del libro non è proporre un modello gestionale antagonista, ma riconoscere il merito di queste donne, emblema di uno stile manageriale vincente. Come ci insegna la filosofia cinese, nonostante Yin e Yang siano due concetti opposti e contrari sono anche complementari, lo Yin contiene il seme dello Yang e viceversa.
Pertanto, la differenza tra uomini e donne conduce a formulare un modello di leadership, probabilmente in un prossimo futuro, capace di contenere punti forza dell’uno e dell’altro.
In attesa che questo avvenga, sarebbe utile che questo libro venisse promosso nelle scuole, nelle aziende e mi verrebbe da dire ai numerosi uomini che rivestono ruoli da leader, “fatelo come una donna”.
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