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Roma - Luigi Fenizi: Sillabario esistenzialista

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mercoledì, 16 novembre 2022 20:40

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sinistra: Emanuele Santi, Luigi Fenizi, Giuseppe Filippetta, Fabrizio Federici, Roberto Cipriani.
Fabrizio Federici
Sillabario esistenzialista. Questo il titolo dell’ultimo libro di Luigi Fenizi, marchigiano trapiantato a Roma, consigliere parlamentare al Senato e scrittore, anzitutto di penetranti saggi, su temi di storia contemporanea (come la vita di Varlam Salamov, il dissidente sovietico autore degli indimenticabili “Racconti di Kolyma”, grande “J’accuse” contro il comunismo staliniano; o Il Novecento, secolo sia breve che, soprattutto, crudele e sanguinario).
Una raccolta di racconti brevi (Scienze e Lettere ed., Roma, 2022. €. 15,00) che ricordano - per la capacità di ricreare ambienti e personaggi con pochj tratti, e per lo stile, conciso ma sempre penetrante - due celebri opere di Goffredo Parise, i “Sillabari” degli anni ’70 e ’80. Ma che spaziano - in un’ottica sempre esistenziale, non strettamente legata allo storico filone del pensiero esistenzialista - sui temi più vari, ognuno annunciato dalla lettera dell’alfabeto posta all’incipit (“A” come ambiguità, “G” come guerra, ecc..). Raccolta che è stata presentata, alla libreria “Caffè letterario” di Roma in Via Ostiense, da Roberto Cipriani, sociologo della religione, già Presidente dell’International Sociological Association, a lungo docente ordinario di Sociologia generale all’Università Roma 3; e da Giuseppe Filippetta, consigliere parlamentare e autore di saggi di storia, storia del pensiero giuridico e diritto costituzionale (tra cui “I costituzionalisti e la Resistenza” , 2018, e “L’estate che imparammo a sparare - Storia partigiana della Costituzione”, 2020).
Molti, e molto vari, i temi che Fenizi affronta nella galleria dei suoi racconti: il senso complessivo della vita, i perché del dolore e della sofferenza di individui e popoli, la morte e gli eterni interrogativi sul “dopo”, la solitudine degli anziani (e non), il gioco dei sentimenti e del sesso, la tragica, tolstoiana, altalena di guerra e pace (come in “Omar”, un bambino còlto nell’inferno del Biafra 1968: altro punto di contatto con Parise, che da giornalista aveva dedicato, nel ’76, un esauriente reportage alle tragedie appunto di Biafra, Vietnam, Laos e Cile), il peso della storia. “E allo stesso modo”, ha sottolineato Filippetta, “diversi sono gli autori, tutti essenziali nella formazione di Fenizi, dei quali si avverte il richiamo in questi racconti: da Camus (di cui ricorrerà, nel 2023, il 110° anniversario della nascita) a Silone, da Nietzsche, col suo interrogarsi sulla storia come mero accumularsi, a volte, di sangue e insensatezza, ad Ezra Pound (col suo forte bisogno di testimoniare, analogo, “mutatis mutandis”, a quello del contemporaneo Silone, N.d.R.).
Aggiungiamo, per la collocazione del libro nel grande filone della novellistica, anche altri autori finemente interpreti, con le loro gallerie di personaggi, della “tragicommedia” della vita, da Boccaccio a Maupassant, da Verga al primo Pirandello. Troppi riferimenti? No, perchè lo scrittore – che ha adeguatamente assimilato tutti questi Autori – dipinge un grande affresco della vita umana, una sorta di moderno "Decameron", in cui si richiama variamente a loro, ma senza mai lasciarsene condizionare: come rileva, nell’attenta postfazione al libro, la scrittrice e insegnante, anche lei marchigiana come Fenizi, Antonella Concetti .
”Un libro, questo”, ha precisato, da sociologo, Roberto Cipriani, “attraversato da interrogativi che, in fondo, sono quelli eterni dell’uomo, sempre sospeso tra l’infinito e l’infinitesimale, e sempre in bilico tra disperazione e rigenerazione. Una rigenerazione che, come negli anni abbiamo avuto modo di verificare in piu' zone del mondo, lavorando da ricercatori a stretto contatto con la gente, oggi, se avviene grazie alla religiosità, è spesso nel segno di una religiosità “diffusa”. Cioè, basata non più su una specifica fede vissuta in modo forte e coinvolgente, ma sull’incrocio fra i tanti processi di educazione, socializzazione e comunicazione. Come da decenni, ormai, possiamo vedere non solo nel contesto italiano, ma anche in quelli di altre culture in cui una particolare religione risulti dominante”.
Penetranti le risposte di Luigi Fenizi: che ha precisato come scrivere questo libro ha rappresentato per lui il passaggio, per la prima volta, alla narrativa vera e propria. E ha dedicato il libro stesso a 4 grandi amici scomparsi. Gianco e Tommaso, amici sin dall’infanzia con cui la vita è risultata ingiusta, Giuseppe Averardi, a lungo deputato e poi senatore del PSDI, giornalista e storico dalla costante ispirazione riformista (con Eugenio Reale, Michele Pellicani, Tomaso Smith e altri, già fra i transfughi dal PCI all’indomani del tragico 1956); e Luciano Pellicani, già direttore di “Mondoperaio”, intellettuale socialista tra i più lucidi sostenitori delle ragioni del socialismo riformista contro le funeree realtà dei regimi del “Comunismo reale”.
Sono intervenuti, inoltre, l’altro scrittore Emanuele Santi, autore, anni fa, de “Il portiere e lo straniero”, vero “libretto - chicca” centrato su infanzia e adolescenza, in un’Algeria ancora colonia francese, di Camus, con la sua passione, un po’ “pasoliniana”, per il calcio. Nonché Vittorio Lussana, giornalista direttore delle testate “Laici.it” e “Periodicoitaliano magazine”, e Salameh Ashour, docente emerito di cultura araba, portavoce della Comunità palestinese in Italia.
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