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Fabrizio Federici
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Hanno il sapore di un delicato “Amarcord”, questi racconti- o meglio, storie e riflessioni – di Patrizia Palombi, scrittrice, laureata in Filosofia e Teologia all’Istituto “Ecclesia Mater” di Roma, conduttrice di programmi radio e tv su temi culturali. Non in senso personale (se non molto indirettamente): questi “Racconti bislacchi e stralci di vita quotidiana” (Macerata, Ed, Simple, €. 14,00) sono, in buona parte, un tuffo in atmosfere dei decenni passati che - anche se chi scrive non è certo un “laudator temporis acti” – rimandano a tempi in cui, se le ideologie erano vissute in modo estremo, a volte anche crudele, e la società italiana era, tutto sommato, assai più repressiva di ora, sentimenti ed emozioni erano, però, gestiti in modo diverso da oggi, senz’altro più maturo e responsabile.
E’ il caso anzitutto di Nunzio, “lupo” marsicano, ultrasessantenne abruzzese, ingiustamente “parcheggiato” da un figlio ingrato in una casa di cura che, nei primissimi anni del Duemila, riscopre improvvisamente la vita in tutte le sue dimensioni, grazie all’incontro con Ines,79nne insegnante di tango. O di Matteo, diciassettenne romano che, dopo un percorso scolastico non certo brillante, ritrova sé stesso e la voglia di studiare ed entrare veramente nella vita trascorrendo un periodo di vacanze nella mitica Londra (dove decide di restare). Sino alla “storia semplice” di Oreste e Anna, che sembra uscire da un film dei primi anni ’60: due giovani – lui romano, lei del Frusinate – che, a Roma, s’innamorano e si sposano, ma la cui storia si concluderà purtroppo tragicamente, in quell’autunno di quel 1969 che, sino ad allora, era stato l’anno dell’uomo sulla Luna, e poi, invece, passerà alla storia come l’anno d’esordio della “strategia della tensione”, dai primi attentati sui treni in agosto alla strage di Piazza Fontana del 12 Dicembre.
Non mancano riflessioni sulla piaga della violenza contro le donne (“Arancia e Vaniglia”, dove la protagonista, in un impeto di disperazione, per difendersi uccide involontariamente il marito persecutore) e sui traumi che i bambini subiscono assistendo alle liti tra i genitori. In “Strani ricordi”, dove il bambino protagonista riflette sull’ipocrisia che spesso caratterizza il comportamento del padre e della madre, da lui interpellati sui perché dei tanti litigi (“Ho provato a chiedere a mamma cosa sta succedendo, mi risponde sempre la stessa cosa:… che io sono piccolo e non capisco! Sono piccolo solo quando conviene a loro, sennò sono grande e mi devo comportare da grande”).
Un’umanità dolente, questa di Patrizia Palombi, eppure mai priva di umanità e di speranza: sullo sfondo soprattutto d’un Paese sempre sospeso tra passato e futuro, nostalgia del prima e voglia di riprendere la corsa verso il domani, senza, però, bruciare incautamente le tappe.
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