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Silvana Cirillo: Tutto Pasolini, dalla A alla Z

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martedì, 07 giugno 2022 10:39

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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
FtNews ha intervistato Silvana Cirillo, docente di Letteratura Italiana Contemporanea alla "Sapienza" di Roma. Insieme a Piero Spila, Roberto Chiesi e Jean Gili, la prof.ssa Cirillo ha curato il libro Tutto Pasolini (Gremese Editore, 2022), un lavoro dedicato al grande intellettuale italiano in occasione del centenario della nascita.
Nel corso della nostra conversazione la studiosa ha svelato dettagli e curiosità in merito a questo ricco volume che ripercorre l'opera di Pasolini in maniera enciclopedica. Ha spiegato quanta importanza abbia rivestito, per la cultura italiana del secondo Novecento, la figura di Pier Paolo Pasolini, e in che modo l'intellettuale sia stato colpito dalla censura e dal moralismo. Ha parlato del rapporto straordinario tra Pasolini e sua madre Susanna Colussi, dell'attualità delle sue intuizioni e delle sue idee, in ambito sociologico, antropologico, economico addirittura, dell'interesse che ancora oggi suscita nei giovani, profondamente attratti dal suo coraggio. Silvana Cirillo ha infine preso in considerazione la posizione pasoliniana in merito alla questione linguistica e si è soffermata sull'importanza che lo scrittore diede al friulano e al romanesco. Proprio sull'attenzione di Pasolini alla lingua si concentrerà il convegno Lingua e Linguaggi di Pier Paolo Pasolini, che l'8 giugno, alla Sapienza di Roma, inaugurerà l'iniziativa Progetto Pasolini.

Prof.ssa Cirillo, insieme a Piero Spila, Roberto Chiesi e Jean Gili ha curato il libro Tutto Pasolini, pubblicato qualche mese fa dalla casa editrice Gremese. Si tratta di un lavoro ambizioso, come già suggerisce il titolo, dedicato a Pasolini in occasione del centenario della sua nascita. Ci presenti pure questo volume. Come è strutturato? Cosa vi ha spinto a ripercorrere l'opera di Pasolini in maniera enciclopedica?
Tutto Pasolini è considerato, forse, il volume più importante tra quelli finora usciti in questo anno pasoliniano. Si tratta di un libro sicuramente ambizioso, che cerca di coprire, come suggerisce il titolo, "tutto Pasolini". Con la forma di un dizionario-laboratorio diviso per voci alfabetiche di facile e funzionale consultazione, il volume raccoglie, infatti, interventi e voci sull'intera opera pasoliniana e un'ampia e aggiornata rappresentazione del pensiero critico sull'Autore. Dalla "A" di Accattone alla "C" di Censura, dalla "R" di Religione alla "S" di Sartre, alla Z di Zigaina, nel volume si passa dalla narrativa alla poesia, dal cinema al teatro, dalle famose invettive pasoliniane pubblicate sul «Corriere della sera» alla proficua frequentazione di altre discipline, come la semiologia, lo strutturalismo, l'antropologia, e di arti quali la pittura, la musica, la danza. Naturalmente, affrontare compiutamente tutto lo sterminato universo pasoliniano è un'utopia forse, ma noi ce l'abbiamo messa tutta. Il libro si compone di quasi 500 pagine, accoglie i contributi di 50 saggisti, accademici e critici militanti italiani e francesi, ha due introduzioni, una biografia completa, tante voci singole. Il punto di forza di questo lavoro, secondo me, è il ricchissimo apparato iconografico. Le tante foto dei film sono estratte dalle varie pellicole. E ci sono foto di quadri e disegni.

Cosa vi ha indotto a scegliere questo format, articolando il libro per voci e per capitoli, proprio come un dizionario enciclopedico?
L'editore Gremese, fra i primissimi editori di cinema, teatro, danza, ha fatto altri libri così, primo fra tutti quello su Fellini, realizzato due anni fa in occasione del centenario della nascita del grande regista. L'editore voleva un libro che si distinguesse dai soliti libri. In questa maniera siamo partiti con qualcosa in più: nel libro c'è la letteratura, il cinema, la pittura, la drammaturgia, la critica letteraria, l'economia, l'antropologia, la psicanalisi.

Chi è stato Pier Paolo Pasolini? Come lo definirebbe?
Un protagonista del nuovo, attento ai valori del passato; un rivoluzionario coraggioso e consapevole delle sue contraddizioni, pronto a sperimentare linguaggi anche inediti, a sfidare il pensiero comune; uno scrittore spiazzante, ma sempre fruibile. Pasolini è stato un genio eclettico che ha raccontato, attraverso varie arti e linguaggi, uno spaccato del nostro Paese. Ha intuito magagne e viscosità del nostro sistema sociale e del capitalismo, accusandolo di omologazione e spersonalizzazione sin dagli anni '70; al comunismo, suo partito da sempre, ha rinfacciato di mancare di creatività ed elasticità.

Molte foto presenti nel libro lo ritraggono mentre dipinge. Pochi sanno che è stato anche un profondo amante della pittura...
Sì, queste foto testimoniano l'attenzione di Pasolini per la pittura, un aspetto, questo, che quasi tutti trascurano. Si dedicava già alla pittura, quando, nel Friuli, cominciò a scrivere poesie e i diari sui famosi quaderni rossi, che postumi sono diventati racconti. Aveva preparato una tesi di laurea in storia dell'arte col maestro Roberto Longhi. Perse tutti i fogli sulle montagne friulane, dove si era rifugiato con la madre negli anni della Resistenza; dovette prepararne un'altra, questa volta in letteratura, su Pascoli. In Pasolini pittura e letteratura vanno da subito di pari passo, ma quando gli chiedevano come volesse essere definito, lui rispondeva sempre "scrittore". Ha scritto migliaia e migliaia di pagine e tanti testi sono ancora inediti. La poesia, diceva, fa parte della realtà ed è alla base di tutte le arti.
Qual era la sua posizione in merito alla questione linguistica?
Non sopportava la lingua nazionale omologata, che nasceva soprattutto dal Nord, la zona più evoluta e più industrializzata. Avvertiva che i dialetti, che rappresentavano dei valori per la società da cui derivavano, soprattutto il friulano e il romanesco, ormai non avevano ragion d'essere. Non trovava più una lingua che gli si confacesse e per un certo periodo smise anche di scrivere. Riprese con la Divina mimesis.

Quale legame ebbe con il Friuli? Che importanza rivestì per lui il dialetto friulano?
La famiglia della mamma era friulana, precisamente di Casarsa. Le campagne di quei posti gli appartenevano, lui trascorreva le estati lì. Durante la seconda guerra mondiale si rifugiò a Casarsa prima e a Versuta poi con la madre, mentre il centro abitato di Casarsa veniva distrutto dai bombardamenti, e intraprese una sua vita lì. A Versuta aveva istituito una classetta per i bambini che, a causa della guerra, non potevano raggiungere la scuola, e intanto ne studiava i modi, le attitudini e la parlata, mai fino allora trascritta. Una parlata così piena di dolcezza italiana: incorporata dalla sua arcaicità a dati naturali, quasi che fosse una cosa sola con l'odore del fumo dei casolari, dei venchi umidi intorno alle rogge, dei ronchi scottati dal sole. A Casarsa nel 1945 fondò anche un'academiuta della lingua friulana. Scrisse Poesie a Casarsa e tanti racconti che confluirono in Atti impuri e Amado mio. Insegnò a Valvasone materie letterarie. Pasolini lì, in mezzo a quella gente semplice, schietta e serena, a quei ragazzi spontanei, era felice. Alcuni anni dopo, in seguito a una denuncia pretestuosa su un episodio accaduto a Ramuscello, Pier Paolo viene cacciato dalla scuola di Valvasone, dove insegna, e dal PCI di Udine, in cui è politicamente attivo. Lascia, così, il Friuli e si rifugia a Roma assieme alla madre.

Si avvicinò, così, alla Roma delle borgate e al dialetto romanesco e dovette affrontare anche un processo intentato contro di lui dalla Presidenza del Consiglio...
Conosce la Roma delle borgate, luoghi lontani dalla modernizzazione e perciò agli occhi dello scrittore sacralizzati e mitici. Nel sottoproletariato romano e nella Roma delle borgate trova il corrispettivo di quella società friulana che tanto lo aveva conquistato. Nel romanesco trova un altro modo di comunicare. Al romanesco è affidata la voce primitiva dei ragazzi delle borgate e del giovane sottoproletariato urbano in Ragazzi di vita (1956); di romanesco sono impastati i giovani ormai cresciuti del romanzo Una vita violenta, già più inseriti nella società e nella politica, più lontani dalla mitica incoscienza vitale originaria e passionale. Gli fu contestato l'uso del romanesco, che non era il suo dialetto. Il romanzo "Ragazzi di vita" incappò nelle dure critiche del PCI più ortodosso e di una DC puritana e orgogliosa. Il primo non gli perdonò di aver scritto un'opera senza ideologia, senza un eroe positivo, senza una morale. La DC, invece, lo fece sequestrare per il suo carattere pornografico; in realtà si sentì chiamata in causa da quella miseria eloquente che in tanti anni di governo non aveva saputo guarire. Fu denunciato dalla DC. Lo difesero Carlo Bo e Giuseppe Ungaretti, due intellettuali profondamente cattolici. Alla fine fu prosciolto.

Una figura centrale nella vita di Pasolini è stata indubbiamente quella di sua madre, Susanna Colussi. Che rapporto c'era tra i due e che rapporto ha avuto con le donne?
Quello tra Pasolini e sua madre è stato un rapporto meraviglioso, simbiotico: è sufficiente leggere la poesia "Supplica a mia Madre" per capire il legame indissolubile tra i due. Questo ha influito sui suoi rapporti con il sesso femminile. L'unica donna che disse di aver amato è Maria Callas, ma non c'è mai stato un rapporto erotico. La chiamò a interpretare Medea, in una fase della vita molto critica per ambedue: legarono molto. In realtà, non c'era nessuna donna con cui potesse avere un rapporto, per il semplice fatto che lo avrebbe vissuto come un tradimento nei confronti dell'unica donna che aveva amato: sua madre.

Mercoledì 8 giugno alla "Sapienza" di Roma verrà inaugurata l'iniziativa Progetto Pasolini. Di cosa si tratta?
Il 14 ottobre 2022, presso la Galleria d'Arte Moderna di via Francesco Crispi, 24, a Roma, si apriràla mostra Pasolini e la pittura, la prima mostra realizzata su Pasolini pittore. L'esposizione, che si protrarrà fino al 16 aprile 2023, sarà curata da me, da Maria Grazia Chiarcossi, Claudio Crescentini, Federica Pirani. A corollario di questa esposizione sono previsti tre Convegni di studi con momenti teatrali e cinematografici. Il primo convegno, intitolato Lingua e Linguaggi di Pier Paolo Pasolini, si terrà mercoledì 8 giugno. Il 2 ottobre 2022 sarà la volta del convegno Pasolini e la musica; infine il 1° dicembre 2022 si terrà il terzo e ultimo convegno, intitolato Nel volto di Pasolini. Ritratti e primi piani. Il Progetto Pasolini è promosso da: Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali; Dipartimento Lettere e Culture moderne, Facoltà Lettere e Filosofia, “Sapienza” Università di Roma; con il patrocinio e il contributo di Roma Municipio II e il patrocinio della Fondazione Sapienza, “Sapienza” Università di Roma; in collaborazione con la FUIS (Federazione Unitaria Italiana Scrittori) e con il CEMI (Centro Musicale Internazionale).
Il convegno di mercoledì prossimo si concentrerà sull'attenzione di Pasolini alla lingua, sia nella scrittura letteraria che nel cinema. Innanzitutto ai dialetti, friulano e romanesco in particolare, non intesi solo come forma di comunicazione, bensì come sostanziale espressione di valori e sistemi sociali ancora autentici, quale il mondo contadino friulano o quello del sottoproletariato romano. Prenderà in considerazione la forte polemica pasoliniana contro il linguaggio e la società capitalistici, omologati, inespressivi e tecnologici, che portò lo scrittore a sperimentare linguaggi e forme inusitate di genere: l’acme nelle pagine esplosive di Petrolio. Sarà la volta, poi, dei diversi linguaggi artistici con cui si è espresso: dalla letteratura al cinema, dalla pittura al teatro, dalla critica all'economia, dalla poesia all'antropologia. Al Teatro Ateneo faremo un piccolo concerto: Pasolini aveva un interesse particolare per le colonne sonore, e i classici a cui guardava di più erano Mozart, Bach e Beethoven. Ci sarà anche una piccola pièce teatrale sull'ultima intervista che Pasolini rilasciò a Furio Colombo qualche ora prima di essere ucciso.

La cultura classica ebbe una certa rilevanza nella formazione di Pasolini. In particolare, Pier Paolo era profondamente affascinato dalla tragedia greca. Come si accostò alla tragedia attica? In che modo le tragedie hanno ispirato le sue opere?
La cultura greca lo ha accompagnato sin dalla adolescenza. Amava i poemi omerici, i lirici Greci tradotti da Quasimodo; tradusse l’Oresteadi Eschilo… Pasolini rielaborò e rivisitò i classici in maniera fortemente personale. La figura di Medea, ad esempio, presenta una rivisitazione così personale e stupefacente che io sono rimasta incantata da tutto questo barocco espressionista e dal senso di sacro che vi si legge. Questa tradizione, a volte feroce e sanguigna, non è solo greca, ma riguarda tutto il mondo antico e si allunga alle popolazioni che lui amava, le popolazioni più lontane e arcaiche dell'Oriente e dell'Africa. Io ho avuto questa sensazione. Nella Medea pasoliniana ci sono anche forme di violenza collettiva. Lui visivamente accentua il tutto con un espressionismo che carica Medea di un linguaggio che va al di sopra della tragedia greca, è qualcosa di più ampio e universale. Certi artisti all'avanguardia, che anticipano sensazioni e ideologie, lì per lì hanno riscontro presso una nicchia ristretta di pubblico, di pochi che possono capirli; la massa, invece, arriva dopo, quando quello che prima era avanguardia ormai non è più tale. Ecco, lui ha avuto il coraggio di girare scene forti, senza pudore e senza riserve, con un linguaggio diretto che spiazzava e ora turba!

Perché le sue idee, la sua visione dei fatti, il suo pensiero sono ancora tanto attuali?
A 100 anni dalla nascita e a quasi 50 anni dalla sua tragica morte, ancora continuiamo a parlare di lui. La sua opera è ancora presente per l'attualità delle sue provocazioni: pensiamo al discorso sul comunismo, a quello sullo sviluppo senza progresso, alla sua concezione della globalizzazione, a tutto ciò che disse sui giovani, sull'ecologia, sulla scuola, su certa televisione. Quella di Pasolini è un'opera che interagisce fortemente con la nostra epoca. Il suo discorso sull'omologazione è più attuale che mai. Era terrorizzato dall'omologazione, che per lui agiva più pericolosamente del fascismo. Sosteneva che l'omologazione fosse annichilente per i giovani. Lui distingueva il progresso dallo sviluppo, sostenendo che non sempre lo sviluppo è progresso. Diceva: non sostengo affatto che tali mezzi siano in sé negativi: sono anzi d’accordo che potrebbero costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso. Quello che noi crediamo sia progresso è, in realtà, una illusione di progresso, è solo un procedere, ma non guadagnare. Col senno di poi ci siamo resi conto che aveva letto la realtà, la società, l'involuzione sociale e culturale tantissimo tempo prima. Lui anticipò quelle che sarebbero state le debolezze della nostra società; ha avuto una forte capacità intuitiva e di analisi rispetto a quello che sarebbe successo. Diceva quello che pensava e stupì tutti quando motivò le sue ragioni contro l'aborto e contro il divorzio.

Perché Pasolini piace tanto ai giovani?
Pasolini è il simbolo dell'autonomia di pensiero, della diversità proclamata, della non omologazione. Non si è fermato davanti a niente: ha scritto tanti articoli in cui ha contestato fortemente il palazzo, le situazioni conformiste, il potere; ha avuto il coraggio di essere sempre sé stesso e ha pagato a caro prezzo questa sua onestà intellettuale, infatti ha subito tantissimi processi. Pasolini rappresenta la categoria del coraggio, un coraggio a volte anche sfrontato e provocatorio. Tantissimi giovani oggi sui social scrivono frasi tratte dalle sue opere e dai suoi film. I giovani lo sentono vicino perché hanno bisogno di figure appassionate e coerenti.

Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori di Tutto Pasolini?
Il libro Tutto Pasolini, pensato non solo per un pubblico di specialisti, ma immaginando un'auspicata nuova generazione di lettori, propone un'ampia scelta di testi che assicurano un tono leggibile e volutamente non accademico. Mi auguro che stimoli nei lettori il desiderio di andare a leggere le sue opere, perché Pasolini è innanzitutto uno scrittore, nonostante la resistenza nella classe media a riconoscerlo come tale; poi mi auguro che li induca a vedere i suoi film, anche se non sono facili. Esorto i lettori a leggerlo come uno di noi. Certo, lui ha esasperato la sua diversità, ma è stato ingiustamente relegato nella dimensione dell’intellettuale lontano e provocatore.
Facciamolo scendere dal piedistallo, per così dire, non mitizziamolo, e nello stesso tempo cerchiamo di tirarlo fuori dall’ipoteca di provocatore con cui il moralismo borghese l'ha identificato.
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