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Pupi Avati: il mio Dante, poeta forgiato dal dolore

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martedì, 13 aprile 2021 10:18

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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
FtNews ha avuto l'onore di intervistare il maestro Pupi Avati, uno dei più grandi registi del nostro cinema. Da sempre appassionato del Medioevo, circa vent'anni fa, nell'ambito di alcune sue ricerche, si è imbattuto nella Cronica di Dino Compagni, un trattato storiografico in cui sono raccontate le lotte civili e gli scontri tra gruppi di potere che dilaniarono Firenze ai tempi di Dante Alighieri. Spinto dalla curiosità, Avati decide di dedicarsi all'approfondimento di Dante, una figura che aveva "sofferto" a scuola, quando era stato costretto a studiarlo e aveva dovuto imparare a memoria versi su versi della Divina Commedia, senza sapere nulla della sua vita e delle altre opere che aveva scritto, prima fra tutte la Vita Nova. Ed è proprio attraverso questa autobiografia poetica, un testo fondamentale scritto da Dante in gioventù, che il regista bolognese riscopre il Sommo Poeta. Subito propone alla dirigenza Rai la realizzazione di un film dedicato alla vita di Dante, ma il progetto è stato continuamente rimandato. Finalmente quest'anno, in occasione del 700° anniversario della scomparsa di Dante Alighieri, il Maestro realizzerà quel film tanto desiderato: Vita di Dante.
Nel corso della nostra intensa intervista, Avati si è soffermato sull'ispirazione fornitagli da un altro grande, Giovanni Boccaccio. Il film, infatti, prenderà le mosse da un episodio particolare della vita dell'autore del Decameron, ovvero il viaggio da Firenze a Ravenna del 1350, quando venne incaricato dai Capitani della Compagnia di Orsanmichele di portare alla figlia di Dante, Antonia, monacatasi con il nome di suor Beatrice, dieci fiorini d'oro come risarcimento per il male che la città di Firenze aveva fatto a suo padre. Nel corso di questo viaggio Boccaccio incontrò molte persone che avevano conosciuto e frequentato Dante, riuscendo a raccogliere tante testimonianze, al punto che dopo questa esperienza scriverà il Trattatello in laude di Dante, la prima biografia del Sommo Poeta. Nel film sarà proprio Boccaccio, interpretato da Sergio Castellitto, a narrare la storia di Dante: ho voluto che fosse Boccaccio a raccontarlo, ho voluto deresponsabilizzarmi; non si può avere la presunzione di affrontare di petto un autore di tale portata.
Il regista bolognese ha affermato di aver umanizzato il più possibile Dante, cercando di farlo rimanere, anche negli ultimi anni della sua vita, il bambino che è stato quando aveva nove anni, consentendogli, così, di conservare quel candore che è il modo più corretto di accedere alla sacralità della poesia. Quella sacralità della poesia che Dante ha espresso in maniera mirabile: la sua creatività e la sua sensibilità poetica hanno raggiunto le vette dell'eccellenza. Questo, secondo Avati, ha una sola spiegazione: il dolore, presenza costante della sua vita, l'ha reso profondamente sensibile. Del resto, ricorda il Maestro, la creatività, l'immaginazione sono figlie della sofferenza, dell'assenza, del dolore. Le persone più belle sono quelle che hanno sofferto. Nella creatività Dante troverà una forma di risarcimento del male, della sofferenza, delle tante ingiustizie subite. È stato il dolore a renderlo poeta, il Poeta per antonomasia. A cinque anni è rimasto orfano di madre, a nove ha conosciuto Beatrice Portinari, che diventerà la donna della sua vita e lo saluterà soltanto nove anni dopo. Beatrice, però, era destinata a sposare un altro uomo. Dopo due anni da quel matrimonio, Beatrice morirà. Per Dante, però, la sofferenza non è finita: nel 1302 arriverà la condanna all'esilio da Firenze. Non tornerà più nella sua amata città. Pupi Avati invita i giovani a coltivare sempre i loro sogni, facendo tesoro dell'esempio straordinario di Dante, che nelle condizioni più estreme è riuscito a fare della sua vita la storia di un uomo meraviglioso, fino a diventare il simbolo della cultura italiana nel mondo. Un pensiero Avati lo rivolge anche agli insegnanti, cui è concesso il privilegio di contribuire quotidianamente alla formazione dei giovani. È fondamentale che sappiano toccare il cuore dei ragazzi, emozionandoli e suscitando in loro vivo interesse nei confronti delle materie che insegnano. Solo evitando il nozionismo sterile e vuoto potranno avvicinare i ragazzi alla bellezza assoluta e al sublime che pervadono le opere dei grandi del passato. Al cospetto dei classici, guidati e sorretti dalla loro generosa accoglienza, i giovani potranno porsi domande e interrogarsi sui tanti misteri dell'esistenza. Dante e tutti i grandi della nostra letteratura sono stati donne e uomini come noi, con le nostre paure, le nostre debolezze, i nostri dubbi, le nostre speranze. Hanno conosciuto il dolore, l'hanno vissuto e attraversato, senza rinunciare mai ai loro sogni. Oggi esortano tutti noi a fare lo stesso.

Maestro Avati, in occasione del 700° anniversario della scomparsa di Dante Alighieri realizzerà il film Vita di Dante. Come e quando è nata l'idea di realizzare questo film?
Quando ha iniziato a interessarsi alla figura del Sommo Poeta?

Una delle passioni che coltivo fin dall'infanzia è il Medioevo. Diventato adulto, ho cercato di approfondire questo mio interesse, soprattutto attraverso gli storici francesi, che sono stati i primi a occuparsi dell'Alto Medioevo. Ho anche realizzato due film ambientati nel Medioevo: "Magnificat" (1993), incentrato sull'Alto Medioevo, un film di forte valenza didattica, e "I cavalieri che fecero l'impresa" (2001). Un giorno, nel corso delle mie ricerche, mi sono imbattuto nella Cronica di Dino Compagni, cronista fiorentino contemporaneo di Dante. Compagni racconta la Firenze di quegli anni tremendi, una città dove si respirava un clima di odio estremo tra le famiglie più in vista della vita cittadina. Questo ha destato la mia curiosità, anche perché i miei ricordi scolastici legati a Dante erano tutt'altro che positivi. Così, sono andato alla ricerca di Dante non attraverso la Divina Commedia, ma attraverso la sua autobiografia adolescenziale, la Vita Nova, opera in cui Dante racconta l'incontro con una bambina di nome Beatrice Portinari, di cui si innamora perdutamente. Entrambi hanno nove anni. I Portinari erano vicini di casa degli Alighieri.
Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana. Ms. Chigiano L. VIII 296 (XIV sec.), Cronica Nuova di Giovanni Villani, f. 85r. Raffigurazione della battaglia di Montaperti (1260)
Da quel momento Dante approfitterà di ogni occasione per farsi vedere, per farsi salutare da Beatrice, ma questo accadrà soltanto nove anni dopo, quando Dante ormai ha 18 anni e non è più un bambino. Posso dire di aver riscoperto Dante Alighieri attraverso un percorso tutto mio che mi permetto di suggerire, perché può anche avere una valenza didattica. Mi sono ricreduto rispetto a quel Dante che avevo patito a scuola, quando mi era stato imposto. Ricordo di aver imparato a memoria versi su versi della Divina Commedia, avulsi da qualunque tipo di contesto e senza avere alcuna informazione sulla sua vita: a scuola non ci facevano leggere la Vita Nova, un testo fondamentale, un'autobiografia poetica, un diario poetico sublime in cui credo che alcuni giovani di oggi si riconoscerebbero. Ecco, attraverso questa porta di accesso sono arrivato a riscoprire Dante e ho pensato di tradurlo e raccontarlo ai tanti che come me l'hanno vissuto con diffidenza. Sono convinto che gli italiani sappiano ben poco di lui: conoscono magari la Divina Commedia, ma della sua vicenda umana che si fonda sul dolore non sanno nulla.
Nel 2003 proposi questo progetto alla Rai, che aderì subito. La cosa, però, veniva sempre rimandata. Purtroppo si preferisce fare film su personaggi popolari, quelli che non richiedono una grande preparazione, ma al cospetto dell'eccellenza di Dante non si può restare indifferenti, così, dopo 18 anni, proprio nell'anno in cui ricorre il 700° anniversario della sua scomparsa, i dirigenti si sono rassegnati a licenziare questo progetto.

Fondamentale, nella decisione di realizzare questo film, è stato l'incontro con un altro grande della nostra letteratura: Giovanni Boccaccio. Che ruolo ha avuto in tal senso Boccaccio? Quale ruolo avrà nel suo film?
Quando ho deciso di provare a raccontare in un film la vita di Dante, subito mi sono reso conto che si trattava di misurarsi con l'ineffabile, una vera e propria impresa che andava oltre i miei mezzi, ma sono stato molto fortunato: tra le mie letture, infatti, ho incontrato Giovanni Boccaccio, uno fra i primi esegeti di Dante. Boccaccio ha copiato la Divina Commedia tre volte, l'ha diffusa ovunque. Solo dopo aver letto il Trattatello in laude di Dante, scritto da Boccaccio, mi sono deciso a realizzare questo film. In particolare, mi sono imbattuto in un episodio della vita di Boccaccio che costituirà l'inizio del mio film: nel 1350 Boccaccio viene incaricato dalla Congregazione di Orsanmichele di portare ad Antonia Alighieri, figlia del Sommo Poeta entrata nel convento di Santo Stefano degli Ulivi, a Ravenna, con il nome di suor Beatrice, dieci fiorini d'oro come risarcimento per il male che la città di Firenze aveva fatto a suo padre. A Boccaccio viene affidato un compito straordinario. In questo percorso da Firenze a Ravenna Boccaccio incontrerà molte persone, molti sodali del cenacolo dantesco, persone che hanno conosciuto e frequentato Dante e possono dare un'infinità di informazioni, tanto che Boccaccio, dopo questo viaggio, scriverà il Trattatello in laude di Dante, la prima biografia del Sommo Poeta.
Narratore della storia di Dante nel film sarà proprio Boccaccio, interpretato da Sergio Castellitto. Dante è nel film attraverso il flashback. Ho voluto che fosse Boccaccio a raccontarlo, ho voluto deresponsabilizzarmi: non si può avere la presunzione di affrontare di petto un autore di tale portata. Occorrono coraggio e pudore, bisogna essere molto cauti: si tratta di qualcosa che va troppo al di là della nostra ragione.

Dante è il simbolo indiscusso dell'eccellenza e della sacralità della poesia. Cosa ha rappresentato per Dante la poesia? Come si inserisce e che ruolo ha avuto Beatrice nella vita e nella poesia del Sommo Poeta?
Dante a livello di cultura e a livello poetico è incommensurabile: nessuno è arrivato ai suoi vertici. Dante ha una predisposizione alla poesia perché ha conosciuto il dolore, la sola scuola che insegni la vulnerabilità, la sensibilità. Il dolore sarà una costante della vita di Dante. La sua poesia arriverà a livelli così sublimi perché su di lui infieriranno il male e l'ingiustizia. La creatività è sempre figlia di un'ingiustizia, di un dolore, di un'assenza. Il film si occupa molto della creatività di Dante, dell'aspetto sacrale della sua creatività, che è poi l'elemento che lo risarcisce del tanto male che ha subito. La privazione, il dolore, l'ingiustizia creano e sviluppano l'immaginazione. All'età di cinque anni Dante perde la madre; a nove anni incontra Beatrice, che solo dopo nove anni lo saluta. Pur essendo la protagonista, nel mio film Beatrice pronuncia solo queste parole: "Vi saluto". Una semplice battuta che susciterà in Dante il tentativo di memorizzare quell'attimo e riporlo in un archivio, in un posto speciale dove si ripongono le cose speciali della vita. Questo ragazzino, dopo aver ricevuto il saluto di Beatrice, cerca disperatamente dentro di sé uno strumento per fissare quel momento di gioia così assoluta, la bellezza straordinaria di quell'attimo. Dante trova nella poesia lo strumento attraverso il quale fissare l'attimo meraviglioso in cui Beatrice l'ha salutato, così inizia a misurarsi con la scrittura. Beatrice è destinata a sposarsi con un altro. Da Boccaccio sappiamo che quest'uomo si chiama Simone Bardi, un ricco banchiere fiorentino più vecchio di lei. I due si sposeranno e dopo due anni Beatrice morirà di vaiolo. Siamo nel 1290. A questo punto si conclude la storia terrena tra Dante e Beatrice, ma si apre una seconda storia, un secondo rapporto totalmente letterario, fantastico, immaginario. Lui da quel momento decide di scrivere la Vita Nova, ma decide soprattutto di impegnarsi e arricchirsi culturalmente in maniera così profonda da poter arrivare a scrivere di Beatrice quello che non fu mai scritto di nessuna donna al mondo: la Divina Commedia. Un'impresa meravigliosa! Un altro grande dolore si abbatterà su di lui quando verrà mandato in esilio ingiustamente e quando apprenderà che non sarà mai incoronato poeta nel Battistero di San Giovanni, come lui aveva sperato. Dante decide di scrivere la Divina Commedia nella convinzione che quel capolavoro avrebbe indotto i Fiorentini a ricredersi nei suoi riguardi e a laurearlo poeta nel Battistero di San Giovanni. Le cose, però, andarono diversamente..
Cosa l'affascina di Dante? Il mistero, l'inesplicabile. Dante è l'erede di generazioni e generazioni di usurai, di piccoli possidenti terrieri. Non c'era nessuna attitudine artistica nella progenie degli Alighieri: da Cacciaguida in giù, tutti gli ascendenti di Dante si sono occupati di denaro, trafficavano i soldi, ma niente di più. La creatività e la cultura di Dante sono inesplicabili, un vero e proprio mistero. Del resto, è un mistero anche che non ci sia traccia della sua calligrafia. Tra i tanti documenti che lo riguardano, nessuno riporta la sua calligrafia. Leonardo Bruni ce la descrive, affermando di aver visto un documento originale del Sommo Poeta.

Quali caratteristiche avrà il suo Dante? Come cercherà di raccontarlo al pubblico?
Ho cercato di umanizzare il più possibile Dante, ho voluto che restasse il più possibile ragazzo, anche negli ultimi anni della sua vita. Ho provato a far rimanere in lui il bambino che è stato quando aveva 9 anni, con tutti i sogni che serbava nel cuore, lasciandogli quel candore che è il modo più corretto di accedere alla sacralità della poesia. Per la ricostruzione della figura di Dante mi sono avvalso della consulenza di insigni studiosi, tra cui Emilio Pasquini e Marco Santagata, entrambi scomparsi lo scorso novembre, a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro. Questo film voglio dedicarlo proprio a loro.

Ha scelto l'attore che interpreterà Dante?
Sto facendo provini per scegliere non uno, ma tre attori. Nel film, infatti, vengono raccontate tutte le fasi della sua vita, per cui un bambino interpreterà Dante dai 5 ai 9 anni, un ragazzo interpreterà il Sommo Poeta adulto (dai 18 ai 30 anni), infine avremo un attore nel ruolo di Dante anziano. Tenete presente che Dante è morto a 56 anni: i 56 anni del 1321 corrispondono ai 75 anni dei nostri giorni; l'aspettativa di vita non era quella di oggi.

Quando inizieranno e dove si concentreranno le riprese?
Le riprese inizieranno il 7 giugno e si concentreranno a Cinecittà, poi si sposteranno intorno a Tuscania, Sutri, Firenze e in altri comuni della Toscana e naturalmente a Ravenna, dove Dante morì il 14 settembre 1321. La mia scommessa è quella di riuscire a presentare il film entro l'autunno, a novembre. Tengo molto a sottolineare che questo è un film, non una fiction a puntate: ha tutta la dignità, l'importanza, la sacralità del cinema. Ho cercato di trasmettere ai miei collaboratori l'idea che questo non sia un film qualsiasi, ma il film: ha qualcosa di sacrale, come se si entrasse in un territorio santo.

Maestro, ha affermato che la scuola italiana ha fatto di tutto per farle odiare Dante. Perché? Quale consiglio si sente di dare agli insegnanti per far sì che riescano ad avvicinare i nostri giovani a Dante e alle sue opere?
I miei professori non sapevano trasmettere il loro amore per le materie che insegnavano, non sono stati capaci di farmi amare Dante. Era un modo di insegnare estremamente nozionistico che ha creato in me una sorta di repulsione, soprattutto nei riguardi dei classici. Poi, una volta diventato adulto, sono andato a recuperarli e a leggerli da solo, scoprendone la bellezza assoluta. Leggendo l'Eneide, l'Odissea, lo Zibaldone, si comprendono bene le ragioni per cui queste opere hanno superato i tempi. Leggendo Cicerone ho provato un senso di gratitudine enorme. Quello di fare proprie le cose senza alcun complesso di inferiorità è un suggerimento che trasmetto ai ragazzi. I classici sono accoglienti. Io sono riuscito ad amare profondamente i classici quando mi sono avvicinato alle loro opere senza avere l'intermediazione di qualcuno, senza avere l'ansia dell'interrogazione.
Quanto al consiglio che vorrei dare ai professori di oggi, io, quando tengo dei corsi di alta formazione cinematografica, mi prometto di insegnare la bellezza del cinema: a volte mi commuovo per la gratitudine e la riconoscenza che nutro nei confronti del cinema. Questo dovrebbero fare gli insegnanti con le materie che insegnano: commuoversi e commuovere, stimolando sempre la curiosità e l'interesse degli allievi.

Quale messaggio si augura possa arrivare agli spettatori, soprattutto ai più giovani? Il fine che mi propongo è quello di rendere Dante estremamente seducente, per cui vorrei emergesse l'immagine meravigliosa di un essere umano in cui la creatività e la sensibilità poetica hanno raggiunto il massimo livello d'eccellenza. Mi auguro che gli spettatori alla fine del film vogliano bene a Dante, lo stesso bene che gli volle Boccaccio quando incontrò sua figlia.
Studiare Dante, amarlo, volergli bene rafforza tantissimo le persone. Io mi sento forte: è Dante stesso a trasmettermi tanta forza, il suo mirabile esempio. È incredibile cosa sia riuscito a fare nella sua vita, nelle condizioni più estreme: ha vissuto scappando continuamente, in condizioni economiche disastrose, pieno di debiti, con una condanna al rogo e alla decapitazione. Eppure, nonostante ciò, la sua è la storia di un uomo meraviglioso. Ecco, mi auguro che i più giovani possano trarre forza dall'esempio straordinario della vita di Dante, consapevoli che le persone più sensibili e ricche sono quelle che hanno conosciuto la sofferenza e, nonostante tutto, non hanno mai smesso di sognare.
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