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Giuliano Dal Mas, una vita tra le Dolomiti

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giovedì, 13 agosto 2020 17:36

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Bivacco Campestrin nel Bosconero - (foto di Giuliano Dal Mas)
Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
FtNews ha intervistato Giuliano Dal Mas, socio accademico GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna). Appassionato di giornalismo, cultura e storia locale, poesia, montagna e fotografia, Dal Mas ha al suo attivo una quarantina di libri pubblicati, quasi tutti dedicati alla storia, alla cultura, alle leggende, agli aspetti naturalistici delle Dolomiti. Tutti sono arricchiti e accompagnati da bellissime immagini dei Monti Pallidi, dal 2009 Patrimonio dell'Umanità.
Nel corso della nostra intervista, Dal Mas parla del suo amore per le Dolomiti, di cui ama descrivere gli itinerari più insoliti e sconosciuti, quelli meno reclamizzati. Ci presenta alcuni dei suoi libri pubblicati negli ultimi anni, tra cui Dolomiti, un'avventura sospesa tra sogni e realtà, una guida che presenta 26 itinerari alla scoperta di percorsi magici e poco frequentati; Schiara montagna regina. Il fascino dell’insolito, vincitore del Premio "Leggimontagna", Sezione saggistica, a Tolmezzo (2015), e del Premio "De Cia", a Belluno, nella Sezione narrativa (2016); Escursioni, camminate e riflessioni sulle Dolomiti bellunesi, un viaggio attraverso la natura, la storia, le tradizioni, le leggende custodite tra i sentieri del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, lasciandosi permeare dalle emozioni che questa terra sa donare. Nelle sue parole l'auspicio che la gente possa trovare sempre di più un conforto nella montagna e che impari a camminare di più, incominciando ad apprezzare maggiormente i luoghi meno reclamizzati e meno frequentati.

Dott. Dal Mas, lei ha al suo attivo una quarantina di libri pubblicati, quasi tutti dedicati alla storia, alla cultura, alle leggende, agli aspetti naturalistici delle Dolomiti. Tutti sono arricchiti e accompagnati da bellissime immagini dei Monti Pallidi: Schiara, Monti del Sole, Alpi Feltrine, Pale di San Martino, Civetta, Pelmo, Bosconero, Dolomiti Pesarine, Alpi Carniche e tante altre vette appartenenti al territorio che oggi è Patrimonio dell'Umanità. Quando e come è nato il suo amore per le Dolomiti? Cosa rappresenta per lei la montagna, quali emozioni e quali riflessioni le suscita?
Nella vita ci sono vari stadi. L’amore per la montagna passa attraverso l’amore per la natura. Credo che questo amore sia innato in me. Io l’ho scoperto gradualmente. In Argentina, a Bariloche, forse il momento più bello è stato vivere in montagna in un luogo che si chiamava il Campo delle Margherite. In primavera quel tappeto di verde diventava bianco. Avevo 5-6 anni. Al mio ritorno in Italia, all'età di 10 anni, il mio interesse è passato attraverso le escursioni parrocchiali che mi hanno indotto a raggiungere alcune delle cime più importanti delle Dolomiti. La lettura di Karl Felix Wolff mi ha portato a viaggiare con la fantasia tra i Monti Pallidi. Il vero inizio, però, coincide con un’amicizia che mi ha portato a scegliere da solo le mie mete di montagna. E la prima delle mete è rappresentata dalla Schiara, la monumentale montagna che si erge a nord di Belluno. Lassù, lontana, alla testata della Valle dell’Ardo, ai tempi della mia gioventù, già la vedevo emergere con la sua Gusela. E a quel tempo la Schiara mi sembrava davvero irraggiungibile, un sogno inavvicinabile che si sarebbe realizzato solo poco prima dei vent’anni

Le sue pubblicazioni sono molteplici e generalmente incentrate sulle Dolomiti Bellunesi e dell’Agordino, sia di carattere storico, sia più attuale. Di particolare interesse la sua attenzione per luoghi e tradizioni meno note alla maggior parte degli escursionisti moderni. Descrive con passione angoli delle nostre Dolomiti poco noti, ma ricchi di aspetti naturalistici ed escursionistici di notevole interesse. Con questa motivazione lo scorso anno ha ricevuto il Premio letterario "Francesco Marcolin", istituito alcuni anni fa dalla Sezione del Cai di Padova in ricordo del giornalista Francesco Marcolin, che ha gestito la Sezione per nove anni. Ha vinto per gli articoli apparsi su "Le Dolomiti Bellunesi" (Natale 2018, "Nerville: qui la storia si è fatta rudere") e in "Alpi Venete" (inverno 2018, "Ru de Romotoi"). In effetti lei delle Dolomiti descrive sovente gli itinerari più insoliti e sconosciuti. Non è un caso che ben tre suoi volumi si intitolino Dolomiti insolite: Dolomiti insolite. Itinerari per amanti della piccola compagnia nel silenzio dei monti (Vol. 1, 2008), Dolomiti insolite. L'avventura continua (vol. 2, 2010), Dolomiti insolite. La natura e l'uomo (Vol. 3, 2012). Una trilogia, se così si può definire, che costituisce un viaggio alla scoperta degli aspetti meno noti delle Dolomiti...
Da tempo ho smesso con le guide puramente tecniche che si risolvono in un linguaggio spesso scarno e asciutto. Ormai preferisco dare spazio alle emozioni, ma anche a momenti culturali, di vita, e a volte le schede degli itinerari diventano quasi un racconto. Questi momenti io li chiamo soste, meditazioni.
La Schiara dal Pis Pilon - (foto di Giuliano Dal Mas)
Il libro Dolomiti, un'avventura sospesa tra sogni e realtà è strutturato come una guida che presenta 26 itinerari alla scoperta di percorsi magici e poco frequentati. Ci può svelare qualche dettaglio di alcuni di questi itinerari?
“Un’avventura sospesa tra sogni e realtà” è il titolo del libro del 2017, ma potrebbe adattarsi anche alla nostra vicenda umana. Nella vita quotidiana generalmente questa aspirazione a trasformare i sogni in realtà resta inesaudita. Nel libro, invece, la montagna sembra essere più generosa, anche se non sempre. Quando ho attribuito il titolo a un libro ancora tutto da costruire, non avrei mai immaginato ai significati profondi che avrei trovato, scoperti quasi inconsapevolmente. Certo, sono partito da un’immagine occasionale, la Schiara incorniciata tra le nubi, da un orizzonte limitato. Mai avrei pensato che il titolo potesse adattarsi a tanti sogni, a tante realtà, persino alla nostra vita.

Nel 2013 ha pubblicato il libro Via Alta Feltrina. Spettacolare traversata in quota tra rocce, fiori, animali, grotte e leggende, nell'insolito di Vette, Cimónega e Pizòc. Questo libro è arricchito dal contributo di alcuni studiosi che si sono soffermati sulla storia, sulle tradizioni, sulle leggende, ma anche sui dati più scientifici e naturalistici dei luoghi presi in considerazione. Ci fornisca pure una breve presentazione del libro, soffermandosi in modo particolare su alcune delle leggende più significative di questi posti...
"Via Alta Feltrina" è una pubblicazione che rompe decisamente col passato, che lascia alle spalle le guide escursionistiche delle “Dolomiti dell’Agordino” e della “Val Belluna”, realizzate per conto del Cai Regionale, e quelle sulle “Dolomiti insolite”. Questa guida sui generis individua un filo steso dalla natura lungo le Alpi Feltrine e ne fa un percorso da Alta Via, pur chiamandolo Via Alta.
Nell’ultimo tratto risiede una delle anime principali del percorso. Qui l’appassionato della montagna trova un mondo diverso, qui il sogno diventa realtà, il pellegrino tocca l’insolito e può diventare persino, se lo vuole, autentico esploratore. Ma il libro che vuole sottolineare le emozioni intende scoprire anche il nuovo nel vecchio. E accanto all’insolito, al sogno, alla poesia, alle leggende, anche la scienza. La flora e la vegetazione, l’alpinismo, il mondo sotterraneo della speleologia, le leggende, la fauna.

Alla Schiara, la montagna del nostro primo sogno, forse il suo "primo amore", nel 2015 ha dedicato il libro Schiara montagna regina. Il fascino dell’insolito, vincitore del Premio "Leggimontagna", Sezione saggistica, a Tolmezzo (2015), e del Premio "De Cia", a Belluno, nella Sezione narrativa (2016). Perché "montagna regina"? Cosa rappresenta per lei quella che Gianni Alberti, ex presidente del CAI di Belluno, nella prefazione del libro Dolomiti, un'avventura sospesa tra sogni e realtà definisce "grande madre" dei bellunesi?
La Schiara … Da Belluno essa si scorge in quasi tutta la sua armonica ampiezza, con le sue rocce dolomitiche chiare dal colore mutevole, con le sue pareti che precipitano per oltre 800 metri, che nettamente la caratterizzano e la distinguono dai monti vicini che l’accompagnano. Maestosa nel selvaggio della sua complessità e della sua diversità. La grande parete del Burel, oltre 1300 metri di profondo abisso, generalmente non si vede. Difficile trovare tanta bellezza quanto quella espressa nell’ampia conca del Pis Pilon ai piedi del massiccio centrale, alla testata della Valle dell’Ardo. Il Pis Pilon ripete nel tempo la bellezza antica, immutata nell’atmosfera ancor oggi. Tanta magia sotto gli alti profili della Schiara accompagnati dall’arditezza della Gusela del Vescovà, obelisco di soli 40 metri scolpito sopra gli abissi della parete meridionale. Punta di roccia divenuta famosa e alla quale imploriamo di non cadere e di tenere duro ancora a lungo, perché elemento prezioso, indispensabile del paesaggio bellunese. Forse a tutt’oggi tanti di noi bellunesi nascondono ancora la verità che portano dentro: la consapevolezza che la Schiara sia una montagna regina. Non tutti hanno ancora saputo superare quella discrezione, quella riservatezza tipicamente buzzatiana, al tempo pienamente legittima, che lasciava solo intravedere con pudore la predilezione del grande scrittore per questa montagna.
I Longerin in Comelico - (foto di Giuliano Dal Mas)
La bellezza non si misura in metri di quota. I 2565 della Schiara bastano e avanzano. Maestosa, imponente, di una bellezza gotica nelle sue Pale, nella sua Gusela, imprevedibile. Un po’ maschio, un po’ femmina, persino nel nome: lo Schiara, la Schiara. I grandi alpinisti ne hanno svelato, messo in luce la prima anima. Gli “esploratori” che prediligono l’avventura nel silenzio, la bellezza, si sono maggiormente soffermati sulla seconda. Se qualcuno ci chiedesse di rappresentare una montagna, questa prenderebbe i contorni, i profili della Schiara. Ma ci manca la capacità di descriverla con la matita, di saperne scegliere i colori così variabili ad ogni mutevolezza del giorno, delle stagioni, del tempo meteorologico. La natura non ci ha resi artisti, ma pietosa delle nostre incapacità ha steso a settentrione di Belluno la più bella tela ad olio che si potesse immaginare. Per Gianni Alberti “grande madre dei bellunesi” è un altro termine per definire la Schiara, senza dover ricorrere a Montagna regina.

Il suo ultimo libro, intitolato Escursioni, camminate e riflessioni sulle Dolomiti bellunesi (2019), è un viaggio alla riscoperta delle Dolomiti in cui suggerisce vari itinerari tra le montagne e il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi: un viaggio attraverso la natura, ma anche attraverso la storia, le tradizioni, le leggende custodite tra i sentieri e le persone che quotidianamente si prendono cura dei luoghi, lasciandosi permeare dalle emozioni che questa terra sa donare. Come è cambiato nel tempo il rapporto degli uomini con la montagna? Cosa significa vivere la montagna oggi rispetto a cinquanta o a sessant'anni fa?
Noi dobbiamo innanzitutto capire se la montagna esiste ancora, come essa, eventualmente, esista. E se esiste il montanaro. La montagna con i suoi rilievi, le sue forme, le sue quote, persino coi suoi problemi esiste ancora. Ma è purtroppo il montanaro a non esistere più; almeno qui da noi, nel Bellunese. Per montanaro noi intendiamo colui che vive la montagna e la conosce dal di dentro. Oggi noi siamo dei dilettanti nella conoscenza della montagna, siamo divenuti di fatto tutti, o quasi, dei cittadini. Noi non viviamo realmente la montagna, siamo solo degli occasionali abitatori della medesima. La montagna comunque non smette di essere montagna né in alto con le sue cime, né in basso nei suoi fondivalle, ma si spinge ben oltre, portando con sé verso la pianura e il mare tanti dei suoi problemi. Basti pensare a Venezia e alla laguna, al precario sistema in cui vive Venezia, un ecosistema assai complesso e fragile legato alle maree e all'interramento che proviene proprio da monte, che i veneziani (la Serenissima) erano riusciti a gestire e a padroneggiare con intelligenza e saggezza in passato, ma che da tempo è loro sfuggito di mano. Del Magistrato alle Acque è sopravvissuto solo il nome, un ente che si è trascinato stancamente fino al 2014, divenuto inutile, sommerso dalla burocrazia.

Ha mai pensato di presentare i suoi libri nelle scuole per sensibilizzare i più piccoli alla valorizzazione e alla salvaguardia di questo territorio a tratti ancora inesplorato?
In tempi passati l’ho fatto e ho anche portato in montagna con il Cai giovanile i ragazzi delle scuole elementari e medie.

Attualmente sta lavorando a qualche nuova pubblicazione?
Si tratta di una pubblicazione di montagna che uscirà con un anno di ritardo a causa del COVID.

Cosa si augura per il futuro delle Dolomiti? Mi auguro che la gente possa trovare sempre di più un conforto nella montagna e che impari a camminare di più, incominciando ad apprezzare maggiormente i luoghi meno reclamizzati e meno frequentati.
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