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Lucina Gandolfo: alla scoperta di Monte Iato

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mercoledì, 31 luglio 2019 07:33

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Francesca Bianchi e la dott.ssa Lucina Gandolfo
Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
Il 20 giugno scorso ho avuto il piacere di visitare il Parco Archeologico di Monte Iato, situato a circa 850 metri s.l.m. tra i comuni di San Cipirello (PA) e San Giuseppe Jato (PA), con l'Antiquarium Case D'Alia, elegante edificio risalente alla fine dell'Ottocento. Qui ho incontrato e intervistato la dott.ssa Lucina Gandolfo, archeologa e numismatica, nonché Direttrice uscente del Parco Archeologico di Monte Iato, già facente parte del Polo Regionale di Palermo per i Parchi e i Musei Archeologici - Museo Archeologico Salinas, diretto dalla dott.ssa Francesca Spatafora. Nell'Antiquarium, ubicato in Contrada Perciana, a San Cipirello, sono esposti alcuni dei più prestigiosi e rappresentativi reperti provenienti dalle campagne di scavo condotte nell'antica città greca di Iato, fra cui le imponenti Cariatidi che ornavano l'edificio scenico del teatro greco, ceramiche locali e d'importazione, materiale architettonico e vascolare.
Sotto la preziosa guida della gentilissima dott.ssa Gandolfo ho avuto il piacere di ammirare la ricca esposizione di reperti e di intraprendere un piacevole ed entusiasmante viaggio nella storia di Monte Iato. La dott.ssa Gandolfo ha fatto un bilancio dei tre anni trascorsi alla guida del Parco Archeologico; ha parlato degli appuntamenti organizzati in questi anni, molti dei quali in sinergia con CoopCulture, quasi sempre seguiti da degustazioni di prodotti del territorio: dall'osservazione diretta della Luna, dei pianeti e delle stelle, alle serate di teatro. Nelle sue parole l'auspicio che il Parco Archeologico di Monte Iato sia fruibile da un numero sempre maggiore di turisti e che la straordinaria bellezza del territorio possa contagiare abitanti e visitatori.
Di questa bellezza mozzafiato sono custodi e messaggeri le studentesse e gli studenti del Plesso Riccobono dell'Istituto Comprensivo di San Giuseppe Jato che, guidati dalla professoressa-regista Donatella Taormina e da altre docenti dell'Istituto, hanno realizzato il cortometraggio C'era una volta Iato. Il bellissimo documentario, che a marzo ha ottenuto una menzione speciale al Firenze ArcheoFilm, venerdì 19 luglio si è aggiudicato il primo premio al Festival Internazionale del Cinema Archeologico di Modica con il voto del pubblico. Al film è stato riconosciuto l'elevato valore didattico nel presentare la storia di Iato da città elimo-sicana a ultima roccaforte musulmana in Sicilia.
Nei mesi scorsi ho avuto il piacere di incontrare e intervistare i meravigliosi ragazzi che hanno preso parte al documentario e subito mi hanno colpito il grande senso di appartenenza, l'orgoglio delle loro radici, la consapevolezza dell'importanza della storia e della cultura del paese in cui vivono e il desiderio di farle conoscere agli altri. Ribadisco con convinzione che questi giovani sono l'orgoglio e la speranza non solo della Sicilia più autentica e onesta, ma dell'Italia tutta!
Con la speranza che Monte Iato possa essere conosciuto, visitato e apprezzato da un numero sempre maggiore di turisti, ringrazio di cuore la dott.ssa Gandolfo per la disponibilità e per la bella giornata trascorsa in sua compagnia all'Antiquarium Case D'Alia, un gioiello dell'arte e della storia da cui si può ammirare una vista superba sull'ampia valle e sulle ricche campagne circostanti.

Dott.ssa Gandolfo, con i suoi 200 ettari di estensione, il Parco Archeologico di Monte Iato è il secondo più esteso d'Europa. Quando sono iniziati gli scavi nella zona?
La ricerca archeologica sistematica sul Monte Iato è stata avviata a partire dal 1971 in collaborazione con l'Istituto di Archeologia dell'Università di Zurigo che, sotto la direzione scientifica dei proff. Hans Peter Isler e H. Bloesch prima e del prof. Christoph Reusser poi, vi conduce ancora oggi annuali campagne di scavo. Dal 2011 il sito è sede degli scavi della missione dell'Università di Innsbruck, guidata dal prof. Erich Kistler. Sempre dal 2011, sotto la direzione scientifica del prof. Ferdinando Maurici, si conducono regolari campagne di scavo anche al "Castellazzo" di Monte Iato.

E' possibile ricostruire la storia dell'insediamento di Monte Iato, basandosi sull'urbanistica, sull'architettura, sulle manifestazione artistiche e sui resti di cultura materiale riportati alla luce nel corso delle numerose indagini archeologiche?
Un’occupazione ininterrotta, durata oltre 2.000 anni e documentata attraverso una complessa stratificazione conservata intatta fino ai nostri giorni, caratterizza l’insediamento sul Monte Iato.
L’insediamento fa parte di un sistema di abitati d’altura risalenti almeno alla prima età del ferro (IX-VIII sec. a.C.) e attivi fino all'età medievale. Delle prime fasi di vita della città conosciamo molto poco, anche perché non esiste documentazione letteraria relativamente alla storia di questo posto fino al V sec a.C. Anche la documentazione archeologica per questo periodo è piuttosto esigua: nella maggior parte dei casi, infatti, le fondazioni dei successivi edifici di età greca distrussero i precedenti livelli di età protostorica. La componente indigena, pur mantenendo una sua identità, si trasformò profondamente a contatto con l’elemento greco: a partire del VI sec a.C. si datano le prime importazione di materiale greco, giunte forse attraverso Selinunte, mentre dalla metà del VI sec. a.C. più frequenti divennero i rapporti con l'elemento greco coloniale, tanto da lasciare intuire la presenza di un vero e proprio nucleo di popolazione greca stanziata all’interno della città. Grazie alle fonti letterarie sappiamo che a partire dal IV sec a.C. Iaitas, come tutta la Sicilia occidentale, fu sotto il dominio cartaginese. Lo storico Diodoro Siculo racconta che la città tra il 278 ed il 275 a.C. fu assalita da Pirro, re dell’Epiro, e che durante la prima guerra punica (264-241 a.C.) gli Ietini, cacciati i Cartaginesi, si consegnarono ai Romani. L'elevato tenore di vita raggiunto dalla città in età ellenistica è straordinariamente documentato dalle lussuose residenze private.
Le quattro sculture di calcare raffiguranti due satiri e due menadi che ornavano ledificio scenico
Da un passo della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio sappiamo che nel 79 d.C. Ietas era annoverata tra le 45 città tributarie di Roma e che, nella prima età imperiale, era uno dei cinquanta insediamenti urbani più importanti della Sicilia. Nella prima età imperiale l'apogeo della città è, però, concluso. Tale situazione è comune alla maggior parte degli insediamenti posti su alture, come Segesta, Solunto ed altri, che vennero abbandonati in epoca imperiale.
L’attività edilizia di quei secoli fu molto scarsa e le abitazioni, costruite a volte sugli edifici pubblici ormai in disuso, crollarono intorno alla metà del V secolo d.C., forse a causa dell’incursione dei Vandali nel 440 d.C. Tanto più notevole è, quindi, il fatto che la città di Iato ebbe vita continua attraverso tutto il periodo romano e bizantino fino al pieno Medioevo. Tale continuità, attestata dai materiali archeologici, spiega il fatto che il nome antico della città si sia conservato fino ad oggi e che lo stesso toponimo sia stato utilizzato per la montagna e per il vicino fiume.
Il periodo bizantino è quello finora meno documentato della storia della città. Al dominio bizantino mise fine la conquista islamica della Sicilia iniziata nell’827. Le fonti e i documenti di età normanna attestano che la presenza musulmana a Giato era molto forte. Quando, nei primi decenni del XII secolo, scoppiarono le rivolte della popolazione musulmana contro la dinastia sveva, Giato divenne uno dei baluardi della sedizione, fino al totale annientamento e alla distruzione della città ad opera delle truppe di Federico II, nel 1246. La popolazione scampata alla guerra fu deportata a Lucera, in Puglia, e da quel momento il sito venne definitivamente abbandonato.

A proposito del nome antico della città, cui faceva riferimento poco fa, cosa testimoniano le fonti scritte?
Il nome antico dell’insediamento sul Monte Iato non è tramandato in modo univoco. Le fonti scritte usano indicare la cittadinanza piuttosto che il nome della città. I cittadini della città sul Monte Iato venivano chiamati IAITINOI nelle fonti greche, IETINI e IETENSES in quelle latine. Il nome della città compare su alcune tegole e su una serie di monete riportate alla luce nel corso degli scavi: in questi casi il nome IAITOY è riportato al genitivo (di Iaitas). La città si chiamava Ietas in latino e Iaitas in greco. La forma medievale del nome, Giato, viene tramandata dalle fonti più tarde che ricordano la città come estremo rifugio dei musulmani di Sicilia.

Molti edifici sacri tardo-arcaici sono stati investigati dalla missione svizzera, ma non è stato possibile stabilire a quali divinità fossero consacrati. Il tempo di Afrodite è il monumento più antico dell'insediamento. Che tipo di culto vi si svolgeva? In base a cosa è stato stabilito che Afrodite fosse la divinità venerata all'interno di questo edificio?
Il numero degli edifici sacri tardo-arcaici di tipo greco noti a Monte Iato è rilevante. Essi riflettono un profondo processo di integrazione e commistione tra elementi greci e gli abitanti di questa città. Davanti all'angolo sud-est del tempo di Afrodite è stato scoperto un deposito votivo che va collegato a un rito celebrato presso l'altare verso la fine del IV secolo a.C. Gli avanzi del sacrificio, cenere e ossa degli animali, vennero poi sotterrati assieme ad una cinquantina di lucerne di vari tipi, alcune delle quali conservano ancora tracce di bruciato sul beccuccio, causate dallo stoppino acceso. I partecipanti al rito erano, quindi, muniti di lucerne accese, segno che il sacrificio si svolgeva durante la notte. Per le libagioni e per spegnere il fuoco sacrificale si usavano vasi per bere: tra gli avanzi del sacrificio si è trovato un elegante calice a vernice nera destinato a questa funzione. Vi si leggono, incise in lettere greche, le prime lettere della dedica alla divinità: AΦP. Afrodite era, dunque, la dea venerata del tempio, almeno nel periodo in cui vennero effettuati il rito e il sacrificio.

Il teatro di Monte Iato, la cui costruzione si inserisce nell'ambito della ristrutturazione monumentale della città in età ellenistica, occupa un posto di primo piano nell'architettura teatrale siciliana per l'originale apparato decorativo e per essere tra i più antichi teatri ellenistici finora noti. Quando fu edificato? Quali sono gli elementi decorativi di maggior prestigio del prospetto architettonico dell'edificio greco?
Il teatro di Iato fu edificato alla fine del IV sec. a.C. e aveva una capienza di circa 4400 posti. Le gradinate inferiori, riservate alle autorità, erano ornate alle estremità da zampe leonine e i sedili erano dotati di spalliera. L'edificio scenico era ornato da quattro sculture di calcare, in altorilievo, alte due metri, raffiguranti due figure maschili (satiri) e due figure femminili (menadi) che facevano parte del seguito di Dioniso, dio del teatro. Datate intorno al 300 a.C., in coincidenza con l'affermarsi dell'edilizia teatrale in pietra, le cariatidi e i telamoni di Monte Iato possono annoverarsi tra gli esemplari più antichi di questa tipologia di decorazione architettonica.

Gli scavi condotti all'interno della lussuosa casa tardo-arcaica cosa testimoniano in merito alle usanze, allo stile di vita e allo status di coloro che l'hanno abitata? Cosa si è conservato dell'abitazione?
La casa tardo-arcaica a cortile, costruita verso il 500 a.C., è tra le più grandi finora note in tutto il mondo greco. E' quella che ora scavano gli archeologi della missione dell'università di Innsbruck, diretti dal prof. Kistler. La casa era su due piani; al piano superiore era collocata la sala del banchetto. Tra le macerie si sono conservati numerosi frammenti della suppellettile utilizzata per il banchetto, in modo particolare per il consumo del vino. Molti vasi sono di produzione indigena, altri sono prodotti nelle colonie greche della costa, come Imera e Selinunte; alcune ceramiche di lusso sono importate da Atene. Sono stati rivenuti anche vasi per profumi, maschere in terracotta ed elementi di corno di cervi, materia prima preziosa.
Il proprietario della casa potrebbe essere un certo Méntor, che ha lasciato il suo nome inciso su una coppa. La raffinatezza dei vasi rinvenuti fa supporre che Méntor, probabilmente di origine greca, avesse rapporti particolari e personali con Atene. Sicuramente amava circondarsi di cose belle.

Gli scavi della missione svizzera a Monte Iato (foto di Pasquale Vaccaro)
Alcune case del periodo ellenistico appaiono particolarmente lussuose...
Sono state scavate alcune case a peristilio su due piani con pavimenti e pareti decorate. La prima casa a peristilio che è stata scavata (cosiddetta "casa a peristilio 1") aveva ben quattro sale da banchetto, ognuna delle quali poteva ospitare 18 persone. Sulla soglia di una di queste sale era posto un saluto per l'ospite (Salve! Ora te ne andrai felice!) che a conclusione del banchetto lasciava la sala.
Mezzo secolo dopo la sua costruzione si fornì l'abitazione di una stanza da bagno. Conservata in maniera straordinaria, la stanza è occupata da una vasca lunga 1.69 m e larga 0.64 m e da un lavandino servito da un condotto d'acqua terminante a forma di testa leonina in calcare, di fattura veramente pregevole. La stanza da bagno di Monte Iato era dotata di un efficiente sistema di alimentazione idrica e di un altrettanto efficiente sistema di riscaldamento che garantiva l'acqua calda all'interno della vasca: una sorta di camino, collocato dietro la vasca e fornito di un mantice, produceva l'acqua calda che veniva immessa in un canale passante al di sotto della vasca, una rarità nel quadro dell'edilizia privata d'età ellenistica.
Alcune pareti delle case erano affrescate; nell'Antiquarium lo scorso anno abbiamo esposto un magnifico esempio di parete, conservata quasi integralmente, con affresco di primo stile pompeiano.


L'ultima fase di vita della città è documentata? Sono stati rinvenuti oggetti di epoca medievale?
La maggior parte dei rinvenimenti di epoca medievale riguarda l'ultimo periodo di vita della città, l'epoca sveva: pinzette per la barba, un medaglione di bronzo, pentole da cucina e bracieri di produzione locale plasmati a mano, oggetti d'ornamento di bronzo e d'argento.
Per l'età bizantina i rinvenimenti vascolari risultano numericamente modesti. In età araba è notevole la produzione di ceramica invetriata.
All'ultimo periodo di vita della città si data la testina di un re, forse raffigurante Federico II, a rilievo su lamina di piombo, rinvenuta in una casa sveva dell'area del teatro.

Il percorso espositivo dell'Antiquarium Case D'Alia si chiude con una selezione di monete antiche, bizantine e medievali. Oltre ad essere archeologa, lei è una stimata numismatica. Che tipo di monete sono state rinvenute a Monte Iato?
A Monte Iato sono state trovate più di 4500 monete che vanno dall'età greca a quella medievale. Insieme allo scavo di Morgantina, quello di Monte Iato ha dato un grande contributo soprattutto allo studio e alla conoscenza della numismatica romana in Sicilia. Per il periodo svevo ricordiamo, in particolare, il ritrovamento di monete di Muhammad Bin Abbad, che guidò la rivolta musulmana in Sicilia fino alla sua morte, avvenuta nel 1223 ad opera di Federico II.

Dott.ssa Gandolfo, quali strategie bisogna adottare per rendere sempre più fruibile il Parco Archeologico di Monte Iato?
E' fondamentale creare una viabilità consona. Nel 2017 abbiamo presentato un progetto che comprende l'installazione di passerelle per facilitare la visita e una struttura amovibile per il teatro. Il progetto di valorizzazione è stato approvato e spero vivamente andrà in porto. Sono convinta, però, che le aree di cava presenti nel territorio sarebbero perfette per la costruzione ex novo di un teatro all'aperto.

Tra poco il Parco di Monte Iato sarà accorpato ai Parchi di Himera e Solunto. Se dovesse fare un bilancio di questi tre anni da Direttrice del Parco di Monte Iato, quali sono le iniziative che ha organizzato che le hanno dato maggiore soddisfazione e orgoglio?
Sono Direttrice del Parco di Monte Iato dal luglio 2016, quando il Parco è entrato a far parte del Polo Regionale di Palermo per i Parchi e i Musei Archeologici, diretto dalla dott.ssa Francesca Spatafora, che ben conosce la realtà del Parco, essendosene occupata per 25 anni.
In questi anni abbiamo organizzato tante belle iniziative, a cominciare dalle rappresentazioni teatrali: due edizioni di "Monte Iato - Teatro di Satiri e Menadi". In collaborazione con CoopCulture, ogni estate viene ripetuta la bella iniziativa "Monte Iato sotto le stelle": si tratta di serate magiche all'insegna dell'astronomia e dell'archeologia, in cui è possibile visitare il nostro Antiquarium di notte e osservare con i telescopi il cielo che sovrasta questa valle meravigliosa, guidati dagli studiosi del Planetario di Villa Filippina di Palermo. Sempre con CoopCulture sono stati organizzati dei laboratori di simulazione di scavo con i bambini che hanno riscosso molto successo.
Da archeologa ho cominciato l'inventario dei reperti. A marzo 2018 abbiamo tenuto con il prof. Christian Weiss dell'Università di Berna un laboratorio di numismatica. Otto studenti universitari hanno fatto una "full immersion" di una settimana nel mondo della numismatica, apprendendo anche le tecniche per realizzare i calchi.
Le iniziative che più mi hanno dato emozioni, però, sono stati i progetti con i ragazzi delle scuole. Lo scorso anno il Plesso Riccobono dell'Istituto Comprensivo di San Giuseppe Jato è stata una delle poche scuole della provincia di Palermo a partecipare alla manifestazione "Panormus. La scuola adotta la città". Avendo avuto modo di apprezzare le doti drammatiche dei ragazzi, ho suggerito di trasformare la tradizionale visita guidata in un "DramaTour" condotto dagli antichi abitanti di Iato. I ragazzi hanno risposto con un entusiasmo e un impegno commoventi. Sono contenta anche di aver suggerito la partecipazione all'ArcheoFilm di Firenze del cortometraggio "C'era una volta Iato", che il 19 luglio ha ottenuto il Primo Premio al Festival Internazionale del Cinema Archeologico di Modica con il voto del pubblico. Ero convinta che avrebbe avuto successo. E' un grande orgoglio e una soddisfazione per questa Valle. Spero che i ragazzi capiscano di poter fare tanto per la loro terra, rimanendo umili. Mi auguro che l'entusiasmo non li abbandoni e che non si trasformi mai in fanatismo.

Cosa si augura per il futuro del Parco e della Valle dello Jato?
Mi auguro che Monte Iato abbia il riconoscimento che merita, che le persone inizino ad amarlo e che sia un traino per l'economia e lo sviluppo del territorio. Mi auguro che il territorio possa svilupparsi così come è giusto che sia, senza però essere stravolto. Spero che la bellezza di questi luoghi possa contagiare anche gli abitanti. E spero vivamente che siano proprio i cittadini a rendersi protagonisti e ad attivarsi per la loro terra, senza attendere che le cose arrivino dall'alto. Questo è il loro punto di riferimento, è una realtà che ha un ruolo importante per la formazione. Spero che emerga sempre di più un senso di orgoglio e di appartenenza a questa Valle meravigliosa.
La bellezza deve essere contagiosa: noi che siamo nati nella bellezza e siamo immersi nella bellezza, non possiamo accettare di vivere nella bruttezza più assoluta!
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