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Roma, al Verano, ricordati solennemente i caduti della strage di Via Acca Larenzia

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martedì, 09 gennaio 2018 10:44

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Fabrizio Federici
Domenica 7 gennaio mattina, in una Roma sonnolenta, ancora immersa nella "tregua" del Capodanno, al Cimitero monumentale del Verano ( dove, per inciso, anni di quasi incuria stan lasciando veramente il segno, con varie tombe ricoperte da un "manto" di escrementi di piccioni e gabbiani), sono stati ricordati, esattamente 40 anni dopo, i morti della strage alla sezione del MSI di Via Acca Larenzia, al Tuscolano (7 gennaio 1978).
Per iniziativa di Fratelli d' Italia, sotto un cielo livido ma con temperature miti, tutto è iniziato, la mattina presto, proprio a via Acca Larenzia, dove gruppi di militanti di FLDI hanno deposto corone di fiori e reso omaggio alla memoria dei caduti: i giovani Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, più l'altro, diciannovenne, Stefano Recchioni, colpito a morte nei successivi tafferugli coi carabinieri di quella tragica sera (ma bisogna aggiungere anche il padre di Francesco Ciavatta, Giuseppantonio, morto, stroncato dal dolore, nel 1980).
In quella Roma dei primi di gennaio '78 - di cui chi scrive, come tanti, ricorda benissimo l'atmosfera - già il 4 gennaio i NAR, Nuclei Armati Rivoluzionari, formazione eversiva di estrema destra, rivendicavano un assalto di giovanissimi, con bottiglie incendiarie, contro la sede romana del "Corriere della sera"; lo stesso giorno, in provincia, veniva assassinato, dall' opposto gruppo eversivo Operai Armati per il Comunismo, Carmine De Rosa, capo dei servizi di sicurezza alla FIAT di Cassino. Mentre partiva, in "resistibile ascesa", il macabro conto alla rovescia per Via Fani.
Oggi, rileva Valerio Cutonilli nel documentato saggio - scritto con l'altro ricercatore Luca Valentinotti - "Acca Larentia - Quello che non è mai stato detto" (Roma, Trecento ed., 2009), anche se in sede giudiziaria non s’è mai voluto identificare esattamente gli autori della strage, l’analisi delle migliaia di pagine di documenti legati all’inchiesta su Via Acca Larenzia permette a storici responsabili d’individuare i colpevoli in quel magma di gruppi armati più o meno legati alle nascenti Brigate Rosse, in cui s’ articolava, a metà anni ’70 (poco dopo il rogo di Primavalle del ’73, costato la vita ai fratelli Mattei), la struttura clandestina di Potere Operaio (con responsabili Valerio Morucci e Oreste Scalzone): sopravvissuta allo scioglimento ufficiale dell’organizzazione (giugno ‘73, per contrasti tra Franco Piperno e l’area padovana facente capo a Toni Negri). Mentre più di 50 brigatisti rossi condannati in tribunale han detto chiaramente che uno dei maggiori responsabili di Via Acca Larenzia (strage rivendicata dai Nuclei Arnati per il Contropotere Territoriale, formazione già autrice, il 26 novembre '77, d'un attentato alla sede DC di Villa Gordiani) fu quel Luigi Rosati, già primo marito della br “movimentista” Adriana Faranda (poi arrestata, col compagno di lotta Valerio Morucci, a giugno '79), che era legato al Collettivo comunista dell’Alberone. Omologo, a sua volta, di quel Comitato comunista di Centocelle da cui era partito, nel ‘75, l’assalto all’altra sede MSI di Via Gattamelata, con l’uccisione del giovane Mario Zicchieri; e da cui era poi “germinata” la colonna romana delle BR, basata su ambigui legami tra brigatisti "duri e puri" e aree più violente dell'Autonomia. Le perizie legali degli anni ’80, infine, hanno accertato che proprio la mitraglietta Skorpion dell’ assalto a Via Acca Larenzia, “gemella” di quella poi usata in Via Fani, uccise in seguito, tra l ’85 e l ‘88, anche gli economisti Ezio Tarantelli e Roberto Ruffilli, e l’ex-sindaco di Firenze Lando Conti.
Come si vede, la strage di Via Acca Larenzia rappresenta davvero uno dei "buchi neri" della storia della Repubblica, uno di quei torbidi gorghi dove si son intrecciati fanatismo ideologico, trame eversive e possibili, gravi complicità dei governanti. Recchioni il 7 gennaio viene colpito forse da un ufficiale dei carabinieri, Edoardo Sivori: che, però, si dichiarerà sempre innocente, rilevando la differenza di calibro tra il proiettile responsabile della morte di Stefano e quelli usualmente in dotazione ai CC. L'allora ministro dell' Interno, Francesco Cossiga, parlando il 10 gennaio alla Camera imputerà il ferimento del giovane missino non a legittima difesa da parte dell'ufficiale , ma alla conseguenza, del tutto involontaria,.di colpi da lui esplosi nel cadere a terra, colpito da sassi lanciati dai manifestanti. Ma la tesi di Cossiga - che la ribadirà, trent'anni dopo, anche a Luca Telese, nel suo celebre saggio "Cuori neri" - non convincerà pienamente la stampa: sul ministro, anche per Via Acca Larenzia, continuerà ad aleggiare la nube del 12 maggio '77, dei soliti agenti in borghese, infiltrati nelle manifestazioni per far degenerare il tutto.
Sempre il sangue versato a Via Acca Larenzia, infine, sottolineano ancora Cutonilli e Valentinotti nel saggio che ricordavamo, è in parte alle origini delle scelte criminali anche di quei giovani di destra, già all’epoca dissidenti dalla linea legalitaria del MSI (come Franco Anselmi, Francesca Mambro e i fratelli Fioravanti) che nel ’78 opteranno pure loro per la lotta armata, animando i NAR e compiendo, a loro volta, attentati e omicidi.
Al Verano, sempre il 7 gennaio mattina, una folla di simpatizzanti, ma anche semplici cittadini, ha partecipato alla commemorazione dei morti di Via Acca Larenzia: con prima tappa il monumento funebre di Goffredo Mameli, seconda la tomba di Stefano Recchioni (che, per singolare coincidenza della storia, riposa accanto a Marta Russo, la ragazza uccisa nel maggio 1997alla "Sapienza"), e, in ultimo, il Sacrario dei caduti di tutte le guerre. Dopo la rievocazione,. da parte di vari oratori, del clima di guerra civile degli anni '70 "e dintorni" , e il ricordo (fatto da Emanuele Merlino) del clima d' un secolo fa (1917- '18), nei mesi della disfatta di Caporetto e della successiva, eroica resistenza sul Grappa, Fabio Rampelli, capogruppo di FLDI alla Camera, ha sottolineato l 'esigenza d' una riconciliazione nazionale tra gli italiani che, però, sappia rileggere la storia "per intero, non a fette": cercando, per quanto possibile, di costruire una memoria comune dell' Otto-Novecento.
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