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Al Quirino di Roma: Maschere - La Giara e La Patente

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giovedì, 16 novembre 2017 19:05

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Fabrizio Federici
Al teatro "Quirino", sino al 19 novembre, l'associazione culturale "ABC", per la regìa di Guglielmo Ferro (figlio del mitico Turi), mette in scena “Maschere - La Giara e La Patente”: spettacolo che può definirsi un'immersione nel teatro e nella filosofia esistenziale di Luigi Pirandello del quale ricorre, quest'anno, il centocinquantesimo anniversario della nascita (1867).
Interprete principale e è Enrico Guarneri (classe 1956), attore siciliano dalla grande capacità espressiva, già noto per aver collalborato a lungo, in passato, con l'emittente privata "Antenna Sicilia", e per aver interpretato con successo, negli ultimi anni, gli adattamenti teatrali di varie opere di Verga, sempre con la regìa di Ferro.
Come in Shakespeare, e nello stesso Pirandello (vedi "I giganti della montagna", il celebre dramma incompiuto del 1933), ecco il teatro nel teatro: alcuni attori si ritrovano - come appunto ne "I giganti" - in una villa isolata dal mondo (circostanza, questa, che richiama anche l'ambientazione del "Decameron" del Boccaccio) e, nonostante la mancanza d'una vera e propria platea, decidono - per coerenza esistenziale e per ritrovare alcuni valori di fondo dell’esistenza umana - di portare in scena due tra le più celebri ed esilaranti novelle di Pirandello: “La Giara” e “La Patente”. Lo spettacolo si dipana, così, all’interno del pensiero pirandelliano sulle maschere (metafora della tragicomica teatralità della vita) e sul gioco del teatro nel teatro.
Nella "Villa degli Scalognati" (lo stesso nome che il luogo aveva ne "I giganti"), prendono così vita due commedie paradossali – "La Giara" e "La Patente", appunto – dove Pirandello mette a nudo fissazioni maniacali e meschinità dell’essere umano nel preciso contesto della sua Sìcilia.
Il tutto, con spunti - intravedibili qua e là - anche da “Sei personaggi in cerca di autore” e da “Il berretto a sonagli”.
Un po' tutti gli attori interpretano più personaggi: Guarneri è sia Cotrone de “I giganti” che Zì Dima Licasi de “La Giara” (già un memorabile Franco Franchi in "Kaos", il film dei fratelli Taviani degli anni '80), artigiano dal carattere spigoloso e taciturno, in possesso d'un presunto miracoloso mastice di sua invenzione. Aiuterà così il ricco e taccagno proprietario terriero Don Lolò Zirafa, interpretato dal bravo Vicenzo Volo (Ciccio Ingrassia, nel film dei Taviani), diffidente degli altri e uomo delle mille cause, intentate contro i suoi nemici, a riparare una grande giara spaccata in due.
Poi, ne “La Patente” (testo scritto nel 1917) Enrico Guarneri è Rosario Chiarchiaro: il modesto impiegato, personaggio per certi aspetti tra Gogol e Cechov, licenziato perché considerato uno iettatore, che di conseguenza chiede ufficialmente alle autorità la patente di iettatore. Personaggio magistralmente interpretato, a suo tempo, anche da Totò: che incarna in pieno il concetto di ‘maschera’, il paradossale e il pessimismo esistenziale di Pirandello, al'interno d'un meccanismo quasi kafkiano (Chiarchiaro s'adattta al ruolo di jettatore che la società ingiustamente gli ha assegnato, cercando di trarne più vantaggi possibile).
Buona la recitazione della compagnia dei dieci attori, guidati da Guarneri. Molto curati i costumi (Dora Argento), e le musiche (a cura di Massimiliano Pace).
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