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I due Presidenti

martedì, 20 gennaio 2015 18:27

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Rosario Pesce
L’ipotesi più probabile, circa l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, è quella relativa a Giuliano Amato, che viene coltivata in molti ambienti, non solo strettamente partitici.
Innanzitutto, il Dottor Sottile rappresenta la continuità istituzionale dell’ultimo ventennio, visto che, nel corso della Prima Repubblica, è stato l’uomo più vicino a Bettino Craxi, grazie al quale ha conosciuto a fondo la macchina dello Stato, che tuttora è rimasta - sostanzialmente - immutata.
Inoltre, egli è molto vicino sia agli ex-Ds, che a Berlusconi: infatti, nel corso della Seconda Repubblica, è stato l’esponente più autorevole del principale partito della Sinistra, pur non avendone mai preso la tessera, visto che era il fattore di continuità fra il passato craxiano e l’allora presente dalemiano. In quella veste, egli è diventato la vera risorsa delle istituzioni repubblicane, alla quale si fa ricorso, quando non si riesce ad uscire dal cul de sac.
Non è un caso se, dopo la caduta del Governo D’Alema, venne chiamato, nel 2000, per portare a termine la legislatura, rivestendo per la seconda volta il delicato compito di Premier e dimostrando doti straordinarie sia in politica interna, che estera, dal momento che il suo nome è prestigiosissimo, anche per gli studi condotti nella veste di docente universitario e di intellettuale raffinato.
È, inoltre, ben accetto alla componente socialista di Forza Italia, visto che, con molti di loro, ha condiviso la militanza nel PSI: Brunetta indossava, ancora, i calzoni corti, quando Amato era il Dottor Sottile e sussurrava all’orecchio di Craxi la strategia migliore per muoversi nelle difficoltà e nelle insidie istituzionali della Prima Repubblica.
È stato l’uomo del compromesso fra Democristiani e Socialisti, quando, nel 1992, scoppiata Tangentopoli, nessuno voleva andare a Palazzo Chigi, temendo per le enormi responsabilità, che ne conseguivano, dato che la politica era, giorno per giorno, sotto il tiro della magistratura milanese. Il suo nome per il Quirinale è stato già avanzato nel 2013, quando si pensò a lui come successore di Napolitano, ma la gestione affrettata di Bersani fece saltare tutto in aria: era evidente che Marini e Prodi non sarebbero mai passati, visto che l’uno era espressione di una componente estremamente minoritaria, come quella dei Popolari, mentre l’altro, pur vantando un prestigio internazionale pari a quello di Amato, era troppo divisivo per il suo passato recente di leader dell’Ulivo e di fondatore del PD.
La notizia eventuale della sua elezione ci porterebbe una gioia immensa, dato che l’autorevolezza della personalità, di cui si parla, garantirebbe l’Italia dal rischio di eleggere un Capo di Stato, che sia il mero scendiletto del Premier.
È ovvio, infatti, che Renzi aspiri ad eleggere un Presidente della Repubblica non ostile, ma crediamo che mai potrà avere una gioia simile, visto che la rottura dei rapporti con la minoranza interna del suo stesso partito fa sì che egli non abbia i numeri per far passare nominativi, come quelli di Gentiloni o di Delrio, che, per quanto importanti, non hanno certo il medesimo prestigio mondiale di Amato e, soprattutto, la stessa autonomia da Palazzo Chigi, che potrebbe vantare il Dottor Sottile, qualora venisse eletto.
Quindi, l’elezione di Amato sarebbe uno scacco per Renzi, ma anche per lo stesso Berlusconi, dato che ciò a cui lui aspira - cioè la grazia – non sarebbe mai concessa da un Capo dello Stato, che ha avuto il grande merito di passare indenne attraverso la stagione di Tangentopoli e che, invero, non avrebbe alcun interesse a sporcare la sua immagine a livello internazionale, per essere l’autore del salvataggio – fuori tempo massimo – di chi è condannato, in via definitiva, per evasione fiscale ed è, tuttora, sotto processo per un reato inviso alla pubblica opinione, come quello di compravendita di parlamentari.
Stamane, sfogliando i giornali, abbiamo notato che la nostra medesima ipotesi veniva sostenuta da una personalità importante del vecchio PSI, Rino Formica, uomo di grande spessore politico, vicino a Craxi, ma soprattutto acuto lettore della realtà attuale, visto che non ha mai perso il contatto con il Palazzo.
La sua tesi, che ci convince e ci affascina non poco, equipara lo Stato italiano alla Chiesa attuale: esistono, oggi, due Papi, che – collaborando fra loro – portano avanti la più grande istituzione religiosa del mondo occidentale.
Orbene, il nominativo di Amato non viene avanzato né dal PD, né da Forza Italia, ma a sceglierlo - come si faceva ai tempi dell’Impero Romano - sarebbe stato il predecessore, cioè Giorgio Napolitano, che, nel momento in cui ha firmato le dimissioni, avrebbe suggerito a molti il Dottor Sottile come suo successore, dato che fra i due è sempre esistito un rapporto di grande collaborazione e di indubbia stima reciproca.
D’altronde, in questi giorni, un fatto è passato inosservato, pur essendo importantissimo: il senatore a vita Napolitano, dovendo scegliere il gruppo parlamentare a cui iscriversi, ha deciso di aderire al Gruppo Misto per le Autonomie, insieme ai Socialisti di Nencini, non iscrivendosi – come si credeva – a quello del PD, che sarebbe stato l’esito naturale, vista la sua lunga militanza nel PCI e nei DS.
Questo gesto, apparentemente banale, è la più grande sconfessione per l’operato del Premier e, certo, offre un segnale significativo circa la necessità di eleggere una personalità che abbia spina dorsale e che, in virtù dello spirito di autonomia, che esprime, sappia dire di “no” al Presidente del Consiglio, qualora le sue richieste fossero inaccettabili, come ha fatto Napolitano, quando ha più volte negato il suo essenziale assenso a Renzi nel momento in cui questi, nelle scorse settimane, gli proponeva per la Farnesina nomi non all’altezza dell’incarico di Ministro degli Esteri.
L’elezione di Amato, infine, costituirebbe ossigeno puro per la minoranza del PD, che potrebbe avere una sponda al Quirinale, dal momento che molti dei protagonisti della Seconda Repubblica, che hanno collaborato con il Dottor Sottile, nel corso dei suoi anni di Governo, sono gli stessi che, in modo manifesto o meno, oggi stanno alimentando il dibattito in quel partito contro Renzi, muovendosi all’ombra della nuova generazione di Fassina, D’Attorre, Cuperlo, Civati.
Noi, altrove, per ragioni di adesione partitica, abbiamo sostenuto la candidatura di Romano Prodi, ma certamente l’eventuale elezione di Giuliano Amato non ci dispiacerebbe, perché, sia con il Prof. di Bologna, che con il Dottor Sottile, avremmo la certezza di poter contare su di un livello istituzionale di grandissimo prestigio internazionale ed, in particolare, assolutamente autonomo da chi, alloggiando in altri Palazzi della vita politica romana, aspira ad allungare indebitamente la sua “longa manus” sul Colle più alto di Roma, secondo una logica di tipo privatistico delle istituzioni e del Bene comune, che non ci appartiene per nulla.
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