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La mossa centrista

martedì, 20 gennaio 2015 16:51

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Rosario Pesce
La politica è seducente, in quanto riserva sorprese giorno per giorno: infatti, è notizia di ieri che Alfano e Berlusconi, dopo un lungo periodo di gelo, si siano incontrati per decidere il comune candidato da sottoporre a Renzi, quando, nelle prossime ore, il Cavaliere incontrerà il Premier per trovare l’accordo sul nome del futuro Capo di Stato.
È evidente che siamo, ancora, solo alle schermaglie iniziali di una lunghissima partita, che non è detto debba finire il 29 gennaio: risulta, però, ovvio che i giocatori stiano muovendo i loro pezzi sulla scacchiera, per avere maggiore potere contrattuale nella vicenda quirinalizia, nella quale si giocano equilibri non solo di natura strettamente politica, ma si decidono i destini economici dell’impero berlusconiano.
Al Cavaliere, infatti, giova avere un ruolo attivo nell’elezione presidenziale, in quanto, solo così facendo, egli potrà chiedere la giusta tutela per le proprie aziende e per gli interessi, che il suo gruppo rappresenta, visto che, ormai da tempo, Berlusconi ha rinunciato alla prospettiva di ascendere alla massima magistratura del nostro Stato, che peraltro - in questo momento - gli è preclusa dalla condanna definitiva, subìta nell’agosto del 2013.
Non si può, però, non evidenziare un dato: mentre Berlusconi riaggrega il vecchio Centro-Destra, anche in prospettiva del prossimo voto politico generale, che ci sarà - molto probabilmente - nella primavera del 2016, Renzi invece perde forze per strada.
La vicenda ligure non potrà non avere conseguenze, nei giorni prossimi, nei Palazzi della politica romana: è, ormai, certo che, all’interno del PD, si agitano due gruppi, del tutto autonomi l’uno dall’altro, che perseguono obiettivi distinti.
Da una parte i renziani, a difesa del loro leader e del Governo; dall’altra, gli ex-diessini, che, dopo le dichiarazioni di Cofferati ed il passo falso del Dicastero sul provvedimento in materia fiscale, hanno ripreso vigore, per cui non intendono subire passivamente i contenuti del Patto del Nazareno, che verranno loro imposti dal Segretario democratico.
Essi, addirittura, giungono a preventivare la possibilità di una scissione, qualora l’elezione quirinalizia dovesse far pendere l’ago della bilancia da parte dei moderati di Alfano e Berlusconi.
Infatti, risulta lapalissiano che Renzi stia concordando il nome del successore di Napolitano con Forza Italia e con il Centro di Casini e del Ministro degli Interni, per cui si limiterà a dare una mera comunicazione alla minoranza interna, alla quale indicherà la personalità da votare nelle immediate ore precedenti al voto del 29 gennaio.
Così facendo, è inevitabile che Bersani, Fassina, Civati debbano risentirsi, perché – invero – non possono essere invitati a partecipare ai giochi per la Presidenza della Repubblica, quando questi sono stati, in gran parte, già fatti.
Inoltre, c’è un fattore, che conterà non poco nelle future settimane: Renzi non può permettersi di andare troppo a lungo con le elezioni quirinalizie, perché sa bene che ogni giorno di ritardo sarà addebitato a lui ed al suo partito, che sarà accusato di non essere unito in un momento storico rilevantissimo, nel quale sarebbe richiesta una convergenza di intenti.
Quindi, appare in modo ancor più chiaro che il Premier si stia giocando la partita decisiva per il proprio futuro: d’altronde, i sondaggi danno il Centro-Destra in forte ascesa, per cui un’eventuale sconfitta, in tema di Quirinale, comporterebbe difficoltà ulteriori per il Presidente del Consiglio, il cui indice di gradimento nel Paese scende di rilevazione in rilevazione, attestandosi oggi al livello minimo dal febbraio del 2014.
Nel 2013, Bersani fu incolpato di non aver salvaguardato l’unità del PD, per cui cento ed uno parlamentari non votarono per Prodi: è logico chiedersi se, finanche, questa volta ci saranno i franchi tiratori nel gruppo dei grandi elettori democratici ed, in particolare, se essi incideranno sulle sorti delle votazioni con lo stesso peso di due anni fa.
Nel 2013, l’elezione di Napolitano determinò la sconfitta ufficiale del Segretario Nazionale del PD, che fu costretto ad abbandonare la scena ed a rinunciare ai sogni di Premierato; la vicenda odierna potrà darci informazioni più complete circa il futuro di Matteo Renzi, il quale si trova a dover gestire, in prima persona, uno snodo istituzionale, che potrà proiettarlo, definitivamente, nell’Empireo della politica nazionale ovvero potrà determinarne un rapidissimo, quanto inatteso e tragico crollo.
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