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sabato, 05 novembre 2016 20:22 |
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Rosario Pesce
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Le contraddizioni della Chiesa sono evidenti, visto che, al suo interno, i processi riformatori non sempre procedono in modo spedito e lineare.
L’ultima querelle fra la Radio Vaticana e le gerarchie ecclesiastiche, in merito all’espressione infelice usata durante una trasmissione radiofonica, per cui il sisma sarebbe la punizione divina per le unioni civili, testimonia come il mondo cattolico, a volte, non procede in modo coerente e coeso.
Molto apprezzabile è stato l’intervento della Curia romana, che ha immediatamente rimproverato la radio per la diffusione di un messaggio molto fuorviante e pericoloso, ma certo è che le differenze esistono e non possono essere negate in alcun modo.
L’elezione di Papa Francesco è stato un indubbio fattore di cambiamento per la Chiesa cattolica, ma le resistenze contro il suo pontificato sono più che evidenti, visto che, sia nel merito della dottrina, che in quello dell’azione concreta, il suo modo di essere contrasta con quello del recente passato.
La Chiesa è attraversata da una crisi di identità che, però, va opportunamente retrodatata, visto che il conflitto fra conservatori e progressisti – se è lecito usare un’espressione mutuata dalla politica – ha avuto inizio con il Concilio Vaticano II, quindi negli anni ’60 del secolo scorso.
La presenza di due Pontefici, molto amati dalle masse popolari, quali Papa Giovanni XXIII e Francesco, ha fatto sì che la Chiesa potesse recuperare, sia pure in epoche diverse, un po’ di quel consenso che aveva perso, ma le difficoltà permangono all’interno delle gerarchie ecclesiastiche, che – ad esempio – non hanno, forse, metabolizzato a pieno il valore teologico altissimo insito nel pauperismo predicato dall’attuale successore di Pietro.
Peraltro, quando poi si va sulla dottrina, gli elementi di distinzione aumentano, per cui in gioco non è solo la questione in merito agli stili di vita, che devono tenere i prelati.
È in gioco, piuttosto, una visione dei rapporti fra la Chiesa e la società, che rischia di subire continue alterazioni, visti i rapporti di forza che si vengono a creare, di volta in volta, fra il Pontefice e la Curia romana.
Chi è laico non può che guardare, con sommo rispetto, al dibattito interno al mondo cattolico, sapendo bene che tutti i conati riformistici partono dalla religione e, poi, si estendono agli altri ambiti della vita associata, per cui non si può essere autentici riformatori, se si ritiene - a torto - che la Chiesa sia o debba essere altra cosa rispetto allo Stato, alla cultura ed alla vita civile.
Le nostre radici affondano nel Cristianesimo molto di più di quanto si possa, perfino, immaginare e non solo per ragioni, meramente, storiche: pertanto, sarebbe utile che il mondo laico più sensibile e meno ideologizzato facesse una parte del percorso di riflessione a stretto gomito con quello cattolico, anche perché ne deriverebbero vantaggi indubbi per entrambi gli attori del dialogo.
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