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sabato, 05 novembre 2016 13:50 |
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Rosario Pesce
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Le spine renziane sono sempre più numerose: infatti, dopo la pubblicazione dei sondaggi, che di settimana in settimana evidenziano il netto vantaggio dei NO rispetto al Sì, è saltato l’ennesimo tentativo di accordo con la minoranza interna in materia di legge elettorale.
Era questa l’ultima àncora di salvataggio per un partito, il PD, che dopo il voto referendario del prossimo 4 dicembre rischia l’implosione, qualunque dovesse essere l’esito della competizione.
Infatti, è evidente che i renziani e gli ex-comunisti non abbiano nulla in comune, per cui, fallita la possibilità di riformare congiuntamente la legge elettorale, è ineluttabile che ciascuno, dopo il 4 dicembre, prenda la propria strada: da una parte, i renziani impegnati a costruire il Partito della Nazione con Verdini e Casini; dall’altra, Bersani ed i compagni ex-PdS, sempre più attivi nel tentativo di ricostruzione di un’area politica, che possa - in qualche modo - ripercorrere le tracce lasciate dall’Ulivo.
Due opzioni strategiche, quindi, nettamente alternative l’una all’altra, per cui è giusto che i protagonisti, con grande onestà intellettuale, dichiarino l’incompatibilità dei rispettivi disegni istituzionali.
È ovvio, a questo punto, che a Renzi l’ipotesi di un rinvio del referendum possa non essere sgradita, visto che l’eventuale slittamento della consultazione popolare alla prossima primavera consentirebbe al Governo di avere, ancora, altri mesi di vita, utili per creare alleanze e per tentare di consolidare, nella società, un’area di consenso, che oggi appare invero molto fragile ed esigua.
Ma, l’ipotesi del rinvio non è percorribile per via politica: solo la giurisdizione, a questo punto, può decretare uno slittamento della data del referendum, a seguito del ricorso del Presidente Onida sulla formulazione del quesito referendario.
In ogni caso, è evidente che il Governo sia in affanno, dal momento che ogni trasmissione televisiva viene, sistematicamente, occupata da rappresentanti della maggioranza, animati dall’unico proposito di voler fare campagna referendaria, nonostante il Paese, oggi, abbia altre problematiche, dal post-terremoto alla crisi occupazionale, che cresce sempre più.
Peraltro, il proposito renziano, teso a spaccare la minoranza del PD per fare adepti intorno al Sì, sembra sia fallito miseramente: i vertici della minoranza interna, da Speranza a Cuperlo, tutti hanno abbandonato il tavolo di discussione con Renzi intorno al progetto di riforma della legge elettorale, visto che si è inteso bene che l’iniziativa renziana fosse, meramente, strumentale a poche settimane dal voto.
E gli Italiani?
Sono costretti ad assistere a questi riti della politica, che ormai sono stantii e poco – o per nulla – utili al Governo, che sembra ormai lontano dai problemi veri della vita reale.
Forse, Renzi, in sede di voto referendario, pagherà anche un simile allontanamento dal vissuto dei cittadini?
Forse, chi vuole apparire riformatore, alla fine è divenuto più autoreferenziale dei propri stessi detrattori?
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