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domenica, 25 settembre 2016 14:43 |
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Rosario Pesce
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Quella elettorale è una legge sbagliata, tanto più alla luce della revisione della Carta Costituzionale, che il Parlamento ha varato e su cui dovranno pronunciarsi, nei prossimi mesi, gli Italiani attraverso la consultazione referendaria.
Vediamola, in particolare: la nuova Camera dei Deputati vedrebbe la scelta di parlamentari nominati, in gran parte, attraverso un sistema bloccato, per cui costituirebbero una minoranza i parlamentari eletti in virtù della raccolta delle preferenze.
Ancora, il sistema elettorale prevede un premio di maggioranza enorme e spropositato in favore del partito che dovesse vincere le elezioni al primo turno, superando appena il 40% dei consensi, o per effetto del ballottaggio nazionale, che potrebbe tradursi in un enorme boomerang per la formazione del Premier, soprattutto, così come è già avvenuto in occasione del voto amministrativo di Torino o di Roma.
Quindi, avremmo, qualora la legge fosse confermata, un Parlamento scarsamente rappresentativo e, molto probabilmente, dominato da forze anti-sistema, che finora non si sono misurate, ancora, con le fatiche del Governo e della gestione amministrativa corrente.
Renzi, di fronte a tale ipotesi, nel corso delle ultime settimane, ha cambiato dunque il ventaglio delle sue opzioni politiche, per cui, anche per effetto dei suggerimenti preziosi del Presidente emerito Napolitano, ha preso in considerazione la possibilità di cambiare il dispositivo elettorale, pur di conseguire il consenso della minoranza del PD in sede di campagna referendaria.
Scelta, forse, tardiva e problematica?
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Certamente, il combinato disposto della legge elettorale e della revisione della Costituzione rappresenta un potenziale pericolo per le nostre istituzioni, che rischiano - altrimenti - di essere oggetto della conquista predatoria da parte di forze partitiche, la cui affidabilità democratica non è, del tutto, appurata.
In tal senso, gli errori del Premier diventano più ridondanti, perché possono consegnare l’Italia ad un futuro incerto e costellato di dubbi, che non possono invero albergare, quando si mette mano ad una materia delicata, qual è la legge delle leggi, cioè quel dispositivo costituzionale – e l’annessa legge elettorale – che è in grado di modificare, in modo irreversibile, il futuro del nostro Stato.
Pertanto, l’appello al cambiamento dell’odierno meccanismo di voto per la Camera non solo ha senso, ma deve divenire il leit motiv di tutte quelle forze, che hanno interesse a tenere in piedi l’affidabilità e la solidità democratica delle nostre istituzioni.
Peraltro, anche su tale campo, Renzi si è fatto scavalcare da altri, visto che l’intervista di Napolitano di qualche settimana fa dimostra, ampiamente, come il vero stratega non sia il Premier, ma il Capo di Stato emerito, che un grandissimo ruolo ha avuto sia nel varo della legge elettorale, che della revisione costituzionale.
In tal senso, sarebbe opportuna un’assunzione di consapevolezza da parte di chi deciderà in Parlamento, prima o dopo lo svolgimento della prova referendaria.
Saranno i nostri deputati e senatori capaci di non arrecare ulteriori danni all’impianto statale?
O, forse, la richiesta di modifica del dispositivo elettorale determinerà guai ancora peggiori, così come finora è successo con molte riforme (vedi Titolo V), che hanno determinato effetti peggiorativi e non migliorativi dell’esistente?
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