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domenica, 28 agosto 2016 18:06 |
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Rosario Pesce
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In occasione di questa ultima tragedia, il terremoto che ha distrutto i centri del Lazio e delle Marche, l’Italia ha dimostrato – per l’ennesima volta – che, di fronte ad un’immane tragedia nazionale, tutto il Paese è pronto a mobilitarsi e ad andare in soccorso delle popolazioni in disagio.
Non è, appunto, la prima volta: anche in precedenti occasioni, gli Italiani, nonostante le divisioni politiche e culturali che ci caratterizzano, hanno messo in essere atteggiamenti all’insegna della solidarietà, che certamente fanno bene all’immagine nazionale nel mondo ed al sentimento patriottico.
Il dramma del sisma laziale, purtroppo, non è destinato a spegnersi nei prossimi giorni: la contabilità triste dei morti andrà avanti per almeno qualche settimana, per cui la catena degli aiuti non deve, invero, interrompersi con l’inizio delle attività lavorative, fissato – come da abitudine – per il 1 settembre.
Un terremoto, come una qualsiasi altra sciagura, porta con sé, inevitabilmente, una coda di polemiche, che certo non sono destinate a sopirsi, anche perché c’è sempre chi è pronto ad intervenire per realizzare facili speculazioni di ordine politico.
In verità, per quel che sappiamo, il sistema della Protezione Civile ha funzionato, in tal caso: siamo ben lontani dal sisma del 1980, quando diversi centri abitati dell’Irpinia rimasero isolati per alcuni giorni, prima che i mezzi dello Stato potessero farvi ingresso per tentare di salvare chi era, ancora, sotto le macerie.
Vinta la prima scommessa, ora bisogna vincerne una seconda: la corruzione, male tipicamente italiano, non deve aggredire il processo di ricostruzione dei centri distrutti dal terremoto del 24 agosto.
Ci fanno, ancora, molto male quelle registrazioni telefoniche di imprenditori, che ridevano in maniera sguaiata, quando si diffuse la notizia del sisma de L’Aquila, visto che già pregustavano gli ingenti guadagni, che avrebbero realizzato dalle commesse, che sarebbero state date loro, per far rinascere il centro abruzzese ed i Comuni limitrofi.
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Se, anche, nel caso di Amatrice e delle realtà colpite dall’ultimo sisma, si dovesse scoprire l’esistenza di una rete criminale, altrettanto forte e diffusa, tale da condizionare l’attribuzione degli appalti pubblici, per il nostro Paese sarebbe un danno enorme.
Saremmo, contemporaneamente, un Paese con due risvolti: da una parte, i volontari pronti al sacrificio, pur di salvare vite e di dare alle salme una giusta sepoltura; per altro verso, saremmo la nazione degli avvoltoi, pronti a lanciarsi sul desco della ricostruzione e degli ingenti profitti, che essa determina.
Una siffatta Italia bifronte non sarebbe né bella, né auspicabile: l’immagine dei ladri e dei corrotti finirebbe per sporcare le immagini di questi giorni, che hanno visto un’intera comunità nazionale muoversi, pur di assicurare un futuro a quanti avevano subito un'immane sciagura.
Riusciremo ad essere, dunque, un Paese di probi, finanche quando comincerà a circolare il copioso danaro finalizzato a ricostruire i centri demoliti?
Saremo capaci di dare una casa a chi l’ha perduta, senza determinare costi aggiuntivi per il pubblico Erario?
Saremo virtuosi e bravi nell’isolare chi vuole avvicinarsi al dramma con intenzioni fraudolente?
Sarà questa una prova decisiva, utile per comprendere se siamo, effettivamente, divenuti un Paese maturo o se siamo, ancora, una realtà da agiografia, in taluni casi, e da reprimenda - invece - in altri.
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