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giovedì, 15 gennaio 2015 10:02 |
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Rosario Pesce
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Quella di Parigi è stata, ieri, la piazza più gremita della recente storia francese: sono, infatti, scesi in strada due milioni di cittadini, i quali hanno manifestato in nome delle libertà e dei principi fondamentali della società, fra cui – evidentemente – va annoverata la libertà di stampa, che è uno dei valori, a cui maggiormente tiene la nostra sensibilità.
La manifestazione è stata l’occasione, anche, per dimostrare al terrorismo internazionale che la Francia non è stata lasciata da sola nel momento più delicato della sua esistenza recente: non a caso, accanto alle istituzioni nazionali, hanno sfilato i rappresentanti dei più importanti Stati non solo europei, a dimostrazione, appunto, che il tema del terrorismo è, fortemente, avvertito in tutto il mondo, perché potremmo essere, indistintamente, obiettivo della furia omicida di chi uccide il proprio simile in nome di un senso religioso, che scade nell’integralismo più pericoloso.
I fatti, accaduti nelle strade parigine nei giorni scorsi, non hanno potuto non sollevare un vespaio di dubbi ed interrogativi: poteva l’intelligence francese prevedere gli attentati, che stavano per essere realizzati? Perché gli interventi repressivi non sono stati all’altezza della situazione, per cui si sono verificati le morti di persone innocenti, finanche durante l’azione dei reparti speciali dell’esercito francese? Quanti altri Stati sono obiettivo dei terroristi? E, soprattutto, quando essi colpiranno? L’Italia corre i medesimi rischi francesi, visto che ospitiamo, sul nostro territorio nazionale, la sede del Vaticano?
Sono questi interrogativi, sui quali non potremo non ragionare a lungo nelle prossime settimane, dal momento che gli attentati parigini sono stati una vera e propria dichiarazione di guerra non solo alla capitale francese, ma a tutte le città e gli Stati dell’Occidente, dove – finora – la presenza dei cittadini islamici non aveva comportato alcuna problematica particolare di ordine pubblico.
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Certo è che l’Europa deve, d’ora in poi, fare un salto di qualità nell’organizzazione degli opportuni strumenti e metodi di difesa, perché, ormai, nessuno Stato – neanche il più potente – potrà essere lasciato da solo nell’allestimento della sua rete difensiva, allo scopo di dissuadere nuovi facinorosi, che dovessero escogitare eventi simili a quelli dei giorni passati. Purtroppo, l’Europa è, al momento, unita solo da un punto di vista monetario: molti passi in avanti devono essere compiuti nell’organizzazione di un unico piano difensivo contro il terrorismo, in termini strettamente militari e di repressione.
Ma, in particolare, è necessaria l’unità politica, che – al momento – è un mero miraggio, nonostante gli straordinari passi in avanti compiuti dagli anni Novanta in poi: la difesa della società occidentale e, quindi, delle libertà e dei principi fondamentali, su cui sempre essa si è basata, rappresenta non solo una questione nazionale, ma investe il sistema istituzionale mondiale nella sua complessità.
I musulmani, infatti, sono circa due miliardi, per cui, in qualsiasi angolo del mondo, qualcuno potrebbe nutrire l’insano principio di farsi saltare in aria, pur di uccidere un gruppuscolo di cristiani o, comunque, di individui non appartenenti alla sua confessione religiosa.
Ovviamente, il musulmano non deve essere visto come il nemico tout court dell’Occidente: molti ed importanti sono gli esempi di presenze islamiche, perfettamente, integrate nel nostro sistema culturale e produttivo, così come hanno evidenziato i fatti parigini.
Se islamici erano i killers, alcuni musulmani sono stati, anche, le vittime della furia omicida dei loro correligionari, come nel caso dell’agente di polizia, barbaramente ucciso mentre, da terra, invocava la pietà del suo aguzzino.
Pertanto, la scuola, in particolar modo, dovrà contribuire a creare modelli virtuosi di convivenza, per cui, sin dai primi anni di scolarizzazione, il bambino occidentale e quello di fede islamica devono avere l’opportunità di condividere valori e sentimenti, pur nel rispetto delle diverse sensibilità, che l’Occidente ha dimostrato, spesso, di rispettare in modo proficuo per la convivenza civile.
I fatti dei giorni scorsi pongono, dunque, l’animo europeo di fronte ad un bivio: o si vince la scommessa dell’integrazione, razziale e religiosa, ovvero la nostra società dovrà rinunciare per sempre al livello di benessere, di cui gode, perché un mondo, attraversato dalle divisioni e dalle paure, che genera il terrorismo, non potrà mai essere effettivamente ricco e sviluppato, dato che la sola fobia di una morte violenta rende la vita molto meno vivibile e degna di essere vissuta.
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Gli Occidentali, di conseguenza, hanno bisogno di essere tranquillizzati dopo lo shock della settimana appena trascorsa, ma in particolare hanno necessità di riacquisire la giusta autostima, a volte minata da modelli consumistici, che inevitabilmente creano un solco profondo fra noi e chi, invece, in modo comunque legittimo, è stato educato alla luce di principi, che sono distanti anni luce da quelli - più virtuosi - a cui siamo stati abituati dall’Illuminismo.
La scommessa dell’integrazione non si vince nell’arco di una generazione: saranno necessari decenni, perché finalmente il cittadino cristiano e quello islamico possano vivere, serenamente, l’uno accanto all’altro, evitando che il diverso credo religioso funga come elemento di divisione.
Ma, la piazza gremita di Parigi, inondata da due milioni di persone, è la prova che la nostra società, quando deve superare una prova difficile, sa trovare la giusta unità, dato che il cammino da percorrere è tutto in salita e non si presenta, quindi, per nulla agevole.
Naturalmente, qualcuno invocherà l’inasprimento delle pene; altri arriveranno a chiedere l’introduzione della pena di morte: l’Occidente, cristiano e laico ad un tempo, non dovrà mai dimenticare che la modernità si costruisce a partire dalla tolleranza, per cui, da quel sentimento e da quell’atteggiamento mentale, bisogna ripartire, se si intende fondare una nuova modernità, nella quale non sia solo compreso il tradizionale modello eurocentrico, ma una nuova immagine del mondo, nella quale il vecchio continente entra in competizione proficua con le altre realtà mondiali, condividendo con loro quei valori, che portano alla pace ed all’eliminazione di qualsiasi pericoloso focolaio di guerra e fanatismo religioso.
Ne saremo capaci?
La lezione parigina costituisce un monito importante per tutti, da cui ormai nessuno di noi può più prescindere, visto che ci si trova a fronteggiare un gruppo di terroristi, che hanno dimostrato di non nutrire alcun rispetto per la vita umana, tanto per la propria, quanto per quella altrui.
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