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sabato, 02 gennaio 2016 20:51 |
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Rosario Pesce
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È trascorso un anno dalla morte di Pino Daniele e pare proprio che sia la sua Napoli, sia l'Italia, dopo il primo iniziale cordoglio per la scomparsa dell'artista partenopeo, se ne siano colpevolmente dimenticate, a tal punto che nessun evento di un certo rilievo è stato organizzato per commemorarne degnamente la dipartita.
Eppure, Daniele non solo è stato il cantante, che ha fatto uscire la musica napoletana dagli stereotipi della tradizione, ma soprattutto è stato l'artista che, attraverso la contaminazione di sonorità e di generi musicali, ha aperto un percorso creativo, su cui poi molti altri si sono incamminati, conseguendo anche fortune non trascurabili.
In particolare, egli è stato l'artista che, della musica, ha fatto uno strumento di denuncia e di rivalsa da parte di un popolo intero, nel momento in cui la sua città stava per scomparire dal tavolo politico nazionale.
Infatti, non possiamo certo dimenticare come la voce di Daniele sia stata una delle poche che ha contribuito a restituire fierezza e dignità agli artisti di origine partenopea, tanto più in una contingenza storica nella quale la canzone napoletana era divenuta oggetto di una svalutazione significativa ad opera di chi, per mero interesse commerciale, la svendeva sul mercato nazionale ed internazionale.
Peraltro, andando anche oltre il suo stretto specialismo artistico, Daniele è divenuto il simbolo di una Napoli, che non vuole certo piegare la testa a poteri criminali e non legittimi.
Oggi, la città campana avrebbe bisogno di nuovi simboli, nei quali identificarsi, alla maniera dello stesso Daniele o del suo amico e partner artistico, Troisi, anch'egli scomparso troppo prematuramente.
Infatti, dai media nazionali Napoli è del tutto scomparsa, come se non fosse più la seconda città per numero di abitanti e, forse, in ogni epoca il centro culturalmente più fervido della cultura italiana.
Gli Italiani ricordano, purtroppo, la Napoli le cui strade erano piene di immondizia, solo alcuni anni or sono, e non sanno, ad esempio, che oggi è la seconda meta turistica del Paese, che ha fatto registrare un boom di presenze nel corso delle ultime festività natalizie, giungendo ad essere, di nuovo, una città ambita dai ricchi flussi del turismo, europeo e nipponico.
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Forse, con la morte dei grandi artisti, come Daniele, Napoli è uscita definitivamente dal giro mediatico che, effettivamente, conta?
Oggi, si parla di Napoli solo per i successivi sportivi della squadra di calcio e ciò è, effettivamente, riduttivo, visto che la vitalità, artistica e culturale, della capitale borbonica non può essere svilita in modo così evidente.
Rinasca, quindi, un nuovo Daniele, che sia capace di far parlare nobilmente, attraverso il proprio operato, della città di Totò, Scarpetta, Eduardo.
Purtroppo, qualche settimana fa, è scomparso un altro grandissimo rappresentante della Napoli colta e raffinata, quel Luca De Filippo, che è stato il migliore interprete e divulgatore delle commedie paterne.
È proprio arrivato il tempo, dunque, che, attraverso un rinnovamento generazionale obbligato, torni a rivivere quindi la Napoli dell'arte, della musica, del teatro, perché, mai come nel caso della capitale dei Borbone, i meriti dei figli sono il migliore viatico affinché non ci si dimentichi di quelli, altrettanto pregevoli, dei rispettivi padri e, ad un tempo, non si ignori lo spirito di un popolo, che, unico in Italia, fu capace di liberarsi, nel settembre del 1943, della presenza dei Nazi-Fascisti, senza dover ricorrere al contributo militare essenziale degli Americani.
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