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giovedì, 16 aprile 2015 21:45 |
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Rosario Pesce
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Le parole molti forti, pronunciate da Papa Bergoglio per ricordare il genocidio del popolo armeno, subito ad opera dei Turchi, ben prima che i Nazisti uccidessero circa dieci milioni di poveri innocenti e che Stalin facesse cosa analoga con le deportazioni in Siberia, stanno a dimostrare come l’Europa, molto spesso, abbia perso la memoria dei fatti storici più importanti del secolo precedente.
A volte, una siffatta dimenticanza è involontaria, visto che l’animo umano tende - inconsciamente - a rimuovere i drammi, di cui è stato protagonista o spettatore inerme, mentre in altri casi l’oblio è premeditato, perché si ritiene di dover sacrificare la storia sull’altare di interessi ben più concreti ed, in particolare, immediati, come nel caso – appunto – dei Turchi, che oggi non solamente sono uno dei più rilevanti alleati dell’Occidente in Medioriente, ma soprattutto svolgono la funzione di freno all’espansione del terrorismo sunnita, visto che essi sono stati capaci di mediare fra l’Islàm e le istanze della modernità in una maniera, che il mondo occidentale non può non ritenere - pienamente - soddisfacente.
Per tal motivo, le parole del Papa sono rimaste isolate e nessuna diplomazia ha seguito la traccia, segnata dal Pontefice, dato che gli interessi commerciali con il Governo di Ankara prevalgono, nettamente, su qualsiasi esigenza di ricostruzione della Verità storica.
Solo, il Ministro degli Esteri italiano, molto timidamente, ha osato riprendere il discorso di Bergoglio, ma sappiamo bene quanto poco peso abbia il nostro Paese in un contesto diplomatico internazionale, nel quale il ruolo di protagonista è appannaggio di ben altre nazioni.
L’oblio del genocidio armeno è, però, indicativo di un cinismo, che mai ha abbandonato del tutto l’Occidente: non è un caso se - anche nel caso tedesco o in quello russo o, ancora, in quello slavo, in relazione alle foibe - la memoria risulti sovente carsica, per cui i fatti tragici, causati da Hitler, Stalin e da Tito, sono soliti riemergere solamente in talune occasioni, mentre tendono ad essere affossati, quando le istanze della realpolitik tendono a suggerire un atteggiamento prudente e saggio.
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Ci sono pagine intere della storia del Novecento, che sono state strappate da qualsiasi buon manuale di storiografia: il genocidio armeno non è l’unico e, di fatto, è tornato attuale perché, con l’esplosione della violenza dell’Isis, il Papa ha ritenuto opportuno ricordare al mondo il sacrificio di quei Cristiani, che sono morti per mano del furore omicida dei Musulmani, che all’inizio del XX secolo si identificavano con il decadente Impero Ottomano.
Oggi, quegli stessi Turchi, che annientarono - quasi integralmente - la civiltà armena, dovrebbero essere i nostri difensori contro l’istinto animalesco dei terroristi sunniti, a dimostrazione del fatto che, talora, la storia presenta delle situazioni, che sono invero paradossali.
L’Europa, forte ed opulenta, chiede aiuto al regime di Erdogan, pur di non essere cancellata, dalle mappe geografiche, da un’orda di invasati e di fanatici.
Forse, una vendetta della storia, che si diverte a rovesciare rapporti di alleanze ed antiche inimicizie?
O, forse, l’incapacità europea a rendersi protagonista autentico della politica estera, per cui il vecchio continente è costretto a delegare ad altri la funzione volta ad assicurare - a se stesso ed ai propri cittadini - la massima sicurezza possibile?
Certo è che il Papa, per la prima volta, ha dovuto sperimentare una condizione di beata solitudine, che non fa però bene né ai Cristiani, sparsi per il mondo, né al Vaticano, che si sta dimostrando un gigante dai piedi d’argilla, perché le parole del suo sovrano assoluto sono sempre più usate in funzione del mero tornaconto di questo o quello Stato, a testimonianza che il Pontefice non è più il primo attore della politica internazionale, ma solo un simbolo, a cui si dà importanza e ruolo in ossequio a dinamiche di basso profilo sia diplomatico, che culturale.
È, questo, l’effetto della secolarizzazione dell’Occidente ovvero del bisogno odierno di integrare diverse religioni - Cristiani e Musulmani, in primis - in nome del quale ci si può dimenticare, perfino, della scomparsa di intere popolazioni, cancellate con un colpo di spugna da regimi dispotici e violenti?
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