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Un anniversario importante

lunedì, 05 gennaio 2015 14:46

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Kennedy in visita a Berlino (26 giugno 1963)
Rosario Pesce
Ricorre, oggi, il venticinquesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino: un evento, questo, che ha un’importanza straordinaria, visto che fissa la conclusione di un’epoca, il cosiddetto Secolo Breve, iniziata con la Prima Guerra Mondiale e finita, appunto, con l’accadimento che, meglio di altri, simboleggia il crollo della cortina di ferro e del Comunismo europeo.
Da quel fatidico 9 novembre 1989 moltissime cose sono cambiate: l’Europa non è più divisa in aree, che si contrappongono sia da un punto di vista politico, che militare; soprattutto, la conclusione dei regimi comunisti dell’Est ha consentito che la libertà divenisse un patrimonio di tutti i cittadini, che - da quel momento in poi - hanno potuto avvertire l’appartenenza ad una comune matrice culturale, che non può non disdegnare qualsiasi autoritarismo, finanche quelli che nascono con le migliori intenzioni.
Il Novecento è stato il secolo delle contrapposizioni molto forti e cruente: dapprima la Grande Guerra, poi l’ascesa del Nazi-Fascismo e del Comunismo, il Secondo Conflitto Mondiale ed, infine, la Guerra Fredda, terminata in quel pomeriggio autunnale, quando le autorità delle due Germanie consentirono, finalmente, ai Berlinesi di passare da una parte all’altra del Muro senza gli impedimenti e gli ostacoli che, per più di trent’anni, avevano caratterizzato la vita di una città, segnata nel suo centro da quattro grandi checkpoint, che costituivano il residuo della Seconda Guerra Mondiale e della divisione del continente nelle due sfere di influenza, russa e statunitense.
Kennedy, pochi mesi prima di morire, aveva salutato Berlino con il famoso grido “Siamo, in quanto uomini liberi, tutti Berlinesi”, volendo così significare che la ferita di una città e di una nazione, percorse da un Muro, che ne offendeva la storia ed il passato glorioso, rappresentava un vulnus per una civiltà, come quella europea, che, pur essendo stata attraversata da grandi divisioni nel corso della storia medioevale e moderna, non era stata però, mai, offesa da un fatto così grave.
Infatti, l’edificazione del Muro costituisce, certamente, il momento più basso della storia occidentale: uno Stato, un popolo, una cultura vengono violentemente divisi da un Muro, che segnava la distanza fra aree di competenza di una potenza militare, piuttosto che di un’altra.
La fine di quella vergogna ha consentito che, anche, i Paesi dell’Europa occidentale, che non avevano conosciuto il regime comunista, hanno potuto finalmente avviare una seria riflessione intorno ai grandi conflitti ideologici, che avevano caratterizzato i decenni successivi al 1945.
In Italia, non a caso, pochissimo tempo dopo l’evento berlinese, veniva a chiudersi l’esperienza di uno degli ultimi partiti d’Occidente, il PCI, che recava ancora il nome Comunista, rifacendosi ad una tradizione, come quella sovietica, che veniva superata dalla stessa Russia, impegnata - prima con Gorbaciov e poi con Eltsin - in una poderosa operazione di desovietizzazione sia della società, che dello Stato.
Pezzo della Hinterlandmauer, ancora in piedi nel Mauerpark
L’Europa Occidentale, infatti, ha conosciuto il conflitto di natura ideologica non meno di quella orientale: in Italia – analogamente, in Francia o in Spagna – sono sempre esistiti due partiti di Sinistra, Comunista e Socialista, che nutrivano giudizi nettamente distinti sulle sorti delle dittature dell’Est, visto che i partiti comunisti dell’Ovest erano, comunque, collegati da rapporti – finanche, di natura economica – con la dittatura sovietica, che aveva imposto nei primi anni Sessanta l’edificazione del Muro, per evitare che i Berlinesi scappassero dall’area filo-russa verso quella filo-statunitense.
Il crollo del Muro ha contribuito a porre il definitivo sigillo su un’epoca, che è auspicio di tutti che non torni più: le contrapposizioni, in nome di ideologie totalitarie, portano con sé sempre un fattore inquietante, visto che la violenza, che ha origine da un furore ideale, è sovente molto più cruda di quella che nasce da ragioni concrete e mondane.
Nel corso del Novecento, fortunatamente, le democrazie hanno dimostrato di poter contare su una forza interna straordinaria, per cui, con la conclusione del Secondo Conflitto Mondiale, è stato sconfitto il Nazi-Fascismo; con la fine della Guerra Fredda, è stato spazzato via il Comunismo.
Ci chiediamo – per mero esercizio intellettuale – quale fine avrebbe fatto l’Occidente se, invece, l’esito della Guerra anti-comunista fosse stato diverso da quello sancito con il crollo del Muro: molto probabilmente, oggi, il vecchio continente sarebbe preda di un militarismo che, nascondendosi dietro un’ideologia - per quanto nobile - del XIX secolo, svilupperebbe una politica di mera conquista, nascente dalle mire espansionistiche russe, note sin dalla prima età moderna.
La fine del Comunismo è stata la necessaria precondizione per l’avvio della storia, che ora stiamo vivendo, segnata profondamente dall’esistenza dell’Unione e degli organismi comunitari, che costituiscono il punto di riferimento quotidiano di tutti gli Stati da Est ad Ovest, dato che essi hanno ceduto parte della loro sovranità nazionale alle istituzioni di Bruxelles e Strasburgo.
È cominciata, così, una nuova epoca, di cui stiamo vivendo gli albori, che invero sono stati finora forieri di grandi conquiste – ad esempio, la moneta unica – ma, anche, di cocenti delusioni, visto che il nuovo soggetto politico transnazionale, talora, si è dimostrato incapace di prevenire sanguinosi conflitti locali, sviluppatisi in talune aree del vecchio continente, come quello nei Balcani.
Ora, il Novecento è, finalmente, alle nostre spalle: tocca alle nuove generazioni riflettere su un periodo, però, che ha prodotto un numero così ingente di morti, non registratosi in momenti precedenti della storia continentale, perché mai le ideologie avevano indotto all’odio in modo tanto radicale e diffuso, come è successo nell’arco di tempo intercorrente fra il 1914 ed il 1989.
Saprà la nuova Europa di Maastricht imparare la lezione del Novecento ed evitare che il suo suolo divenga, di nuovo, teatro di guerre tanto dannose, quanto violente e lesive gravemente della dignità umana?
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