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Se la scuola diviene terreno di battaglia

domenica, 20 dicembre 2020 11:12

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Rosario Pesce
Qualche mese fa, ho scritto che, sulla scuola, il Governo Conte avrebbe giocato il proprio destino, perché in tempi di pandemia organizzare la ripresa in presenza delle lezioni, assicurando un livello almeno accettabile di sicurezza, è cosa davvero molto difficile.
Arrivati ora alle vacanze di Natale, dopo circa due mesi di didattica a distanza, il problema, che si era posto a settembre, si ripropone in vista del 7 gennaio, visto che il virus circola ancora e visto che, per quanto possa essere efficiente il sistema messo in essere da ogni scuola alla luce dei protocolli di agosto, è ineluttabile che il Covid può entrare anche negli ambienti scolastici.
Peraltro, il problema inerente alla ripresa delle lezioni ha a che fare con un sistema plurimo di competenze, visto che Governo nazionale, regionale ed amministrazioni comunali possono decidere la sospensione in presenza delle attività didattiche, per cui è ovvio che non sempre le decisioni possono essere in sintonia, come pure è successo in questi mesi.
Ed, allora, il bivio diviene ancora più problematico.
Cosa fare?
Si può continuare con la didattica a distanza o dare inizio ad un progressivo rientro degli alunni negli ambienti scolastici, pur sapendo che i mesi di gennaio e febbraio possono essere ancora pericolosi, visto che il vaccino ancora non è stato somministrato su larga scala e visto che, inevitabilmente, l’inverno porta con sé le tradizionali infezioni batteriche e virali che, molto facilmente, possono confondersi e sovrapporsi con quella da Covid.
È naturale che, per decisioni così importanti, tutti gli stakeholder devono essere ascoltati, dato che le decisioni, che dovranno essere assunte nei prossimi giorni, possono essere differenziate anche in base all’area geografica ed all’ordine scolastico di riferimento delle singole istituzioni.
Certo è che, per merito del corpo docente, sia nella prima fase della pandemia, nella scorsa primavera, sia in questi mesi autunnali la didattica a distanza ha funzionato ed ha consentito agli alunni di non allontanarsi dalla scuola: è evidente che, in alcun modo, la didattica a distanza può surrogare quella in presenza, più ricca in termini soprattutto di socialità, ma è altrettanto ovvio che, al di là della stretta contingenza emergenziale, la DAD è stata uno strumento utile per accelerare il processo di digitalizzazione della scuola italiana e, nei prossimi anni, gli specialisti del settore (in particolare, pedagogisti, sociologi ed esperti dei processi di apprendimento) non potranno non investigare le nuove frontiere che una didattica a distanza - sistematizzata, metodica ed integrata con quella in presenza - può aprire per docenti e discenti.
D’altronde, non si è sempre asserito che, dalle tragedie, possono nascere soluzioni nuove e di ingegno?
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