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Un anniversario da non dimenticare

domenica, 03 novembre 2019 16:49

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Rosario Pesce
Trent’anni fa, cadde il Muro di Berlino con le conseguenze che - tuttora - stiamo vivendo.
Fu l’evento centrale degli ultimi anni del secolo scorso, che ha decretato la fine della Guerra Fredda, che si protraeva - ormai - dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale.
Il crollo del Muro non solo ha determinato l’opportunità del pieno recupero dell’Unità nazionale della Germania, ma è divenuto ben presto premessa di un’Europa finalmente non più divisa, che poteva ricomprendere - finalmente - tutti i Paesi europei, dall’Occidente fino a quelli che un tempo ricadevano invece nella sfera di influenza dell’Unione Sovietica e, quindi, del Socialismo reale.
Gli effetti, ovviamente, si avvertono ancora oggi, visto che i limiti ed i deficit della costruzione della nuova Europa partono da quel momento cruciale che segnò la fine del Secolo Breve, così come è stato definito il Novecento da un autorevole storico.
Si è costruito un nuovo mondo, appunto l’Europa, che ha un sogno importante come suo motore ideale: quello di andare oltre le nazioni ed, in particolare, di superare tutti i nazionalismi, che sul suolo del vecchio continente hanno determinato lo scoppio di due Guerre Mondiali (e di molti altri conflitti locali) e che hanno lasciato una scia di morti e devastazioni, che difficilmente potranno essere cancellate dalla memoria storica, sia collettiva che individuale.
Ed, oggi, a distanza di trent’anni ci sono molte forze, politiche ed economiche, che stanno agendo contro la direzione della storia impressa dalla caduta del Muro, allo scopo di riportare l’Europa alla condizione del Primo Novecento, quando era teatro di conflitti e di nazionalismi tanto radicati quanto pericolosi sul piano della democrazia e della crescita civile delle stesse comunità nazionali.
Ed, allora, bisognerebbe con la memoria ritornare a quel Novembre 1989 ed ai sogni, che l’unificazione della Germania ha consentito di creare in tutti i cittadini animati da spirito progressista?
Certo, quello era un mondo diverso, chiuso nella contrapposizione fra Comunisti e filo-Occidentali, un mondo percorso in modo netto da contrapposizioni che hanno dilaniato famiglie ed intere comunità.
Da quel dramma è nata un’ambizione, che oggi rischia di essere oscurata per effetto della crisi economica ed a causa di una mancanza di fiducia nelle istituzioni, ormai, molto diffusa e generalizzata, che rende possibili condizioni di agibilità per populismi che non sono meno pericolosi dei nazionalismi dei secoli precedenti.
Forse, la storia non è maestra di vita?
O, forse, il cittadino europeo medio deve ancora divenire maturo, per poter comprendere che la seduzione del populismo lo può appagare nel breve lasso di tempo, ma che la stessa diviene inquietante se, sulla sua scorta, si ipotizza di costruire il mondo per i prossimi decenni.
I COMMENTI RELATIVI ALL'ARTICOLO
20/01/2018 23:07:01
da: Giordano a: info@ftnews.it
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Messaggio: Non credo che nel 92 Craxi non avesse capito la fine del suo pensiero,quello di Craxi è ancora valido.Per me fu una congiura della Magistratura ed a tutt'oggi non ho motivo per dubitarne.
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