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domenica, 22 febbraio 2015 12:59 |
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Rosario Pesce
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La convention, organizzata ieri da Fitto a Roma, segna inequivocabilmente l’uscita del leader pugliese da Forza Italia e, con lui, di quanti si riconoscono nelle sue legittime posizioni.
L’ex-Presidente della Puglia, sconfitto diverse volte nella sua regione da Vendola, ha messo in piedi una componente, che può contare in Parlamento su numeri importanti, visto che i deputati ed i senatori, che simpatizzano con Fitto, sono diverse decine.
Invero, la forza nelle aule parlamentari non ha avuto, ancora, un riscontro elettorale, per cui ignoriamo quale possa essere il seguito delle truppe fittiane, qualora dovessero presentarsi al vaglio dell’elettorato, correndo sotto i vessilli di una formazione diversa da Forza Italia.
Il progetto è ambizioso: rifondare il Centro-Destra, dopoché le determinazioni, assunte nell’ultimo anno da Berlusconi, hanno evidentemente indebolito il partito, sceso ormai ai minimi storici del consenso a partire dal 1994, e rimettere in piedi un’area, che possa nutrire ambizioni di governo in alternativa al renzismo dominante, a cui lo stesso Berlusconi non ha dimostrato di sapersi opporre nel modo più adeguato, forse perché costretto dagli ingenti interessi imprenditoriali, che ineluttabilmente ne hanno minato l'autonomia d’azione.
L’iniziativa del leader pugliese è - certamente - lodevole, dal momento che consente, anche, di fare un’analisi della condizione odierna del Centro-Destra, diviso ormai in quattro grandi tronconi.
Alfano, Berlusconi, Salvini e lo stesso Fitto, infatti, rappresentano spezzoni di quello che, un tempo, fu il Polo Delle Libertà e che, oggi, è diviso in correnti, che hanno difficoltà a costruire una strategia comune, che possa essere vincente nel breve periodo.
Alfano è alleato di Renzi ed, a quanto pare, riesce a condizionarne l’operato, nonostante i numeri parlamentari siano, invero, poco gratificanti per il Ministro degli Interni: con una pattuglia di pochi, ma decisivi senatori e deputati, egli ha ottenuto dei Ministeri importanti ed, inevitabilmente, ad ogni svolta moderata del Governo, egli – a torto o a ragione – può recriminare di esserne l’artefice, come ha fatto – nei giorni scorsi – con l’approvazione dei decreti delegati afferenti al Jobs Act.
Salvini, invece, insieme con la Meloni, rappresenta l’alternativa populista ed anti-europeista al progetto renziano: è, invero, il leader il cui consenso è in crescita vertiginosa da diversi mesi, ma non crediamo che, da solo o con Fratelli d’Italia, egli possa mettere in piedi una coalizione più ampia, che sia in grado di vincere le elezioni politiche, quando queste si celebreranno.
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Berlusconi, da parte sua, guida ormai un partito, che - smarrito lo smalto del leader carismatico - perde voti nei sondaggi di settimana in settimana: le ultime rilevazioni statistiche gli attribuiscono non più del 15% del gradimento degli elettori, divenendo così la seconda forza della Destra, dopo la Lega.
È evidente che un siffatto dato obbliga Forza Italia a prendere in considerazione l’ipotesi sciagurata, in virtù della quale il prossimo leader della coalizione potrebbe essere Salvini, cedendo dunque alla Destra populista un primato politico, che finora era stato appannaggio di quella moderata ed affiliata alla grande famiglia del popolarismo europeo.
Infine, c'è Fitto, che ufficializzando la rottura con il Cavaliere, si propone di costruire l’alternativa a Salvini, sebbene tale finalità, per quanto nobile possa apparire, sia improponibile ed impercorribile fino a quando Berlusconi ed i suoi maggiorenti di partito non prenderanno atto che è pur necessaria una svolta, se non vogliono morire renziani.
In ogni caso, è evidente che manca, ad oggi, una personalità, che – in modo indiscusso – possa ricevere l’eredità berlusconiana e, mettendo insieme tutte le anime del Centro-Destra italiano, sia capace di rappresentare un’alternativa credibile al renzismo dominante, che, nell’arco di un anno, ha fagocitato il berlusconismo e le giuste aspirazioni degli elettori centristi del nostro Paese.
Da parte nostra, con gli occhi di un osservatore, che comunque non si identifica in quella rispettabile area politico-culturale, non possiamo non esprimere soddisfazione per il tentativo di Fitto di ricostruire il campo moderato, visto che crediamo che sia essenziale per la democrazia che le due opzioni - quella centrista e quella progressista - devono essere ben visibili e distinguibili l’una dall’altra, dal momento che i peggiori esiti della dinamica istituzionale possono innescarsi, quando un leader ha la presunzione di sintetizzare idee e valori, che nascono per essere concorrenti e non per essere oggetto di una mediazione difficile, se non impossibile.
Quindi, ben venga il lavoro di Fitto, come quello di chi dovesse continuare in questa impresa, dopoché sarà fallito, eventualmente, il tentativo fittiano: l’importante è che l’elettore possa, in futuro, scegliere fra una Destra ed una Sinistra dai contorni precisi e nettamente rimarcabili, onde evitare che la confusione possa generare leadership tanto forti, quanto costruite su un’ambiguità di fondo, che non può non far male a chi tiene allo stato di salute delle nostre istituzioni repubblicane.
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