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martedì, 15 maggio 2018 14:08 |
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da: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Aldo_Moro,_Pier_Paolo_Pasolini_-_Venezia_1964.jpg -Aldo Moro, Pier Paolo Pasolini, 1964, Mostra internazionale d'arte cinematografica, Venezia, presentazione del film Il Vangelo secondo Matteo
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Rosario Pesce
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Due corpi, privi di vita, più di tutti hanno segnato la storia della Prima Repubblica: quello di Pasolini, trucidato sul litorale romano per mandato di criminali, che sono rimasti ancora ignoti, e quello di Aldo Moro, morto per mano dei Brigatisti Rossi all’interno di una cornice di complicità e di connivenze, che man mano stanno emergendo dalla storia buia degli anni Settanta.
Sono state, certo, due personalità molto discusse ed altrettanto importanti per la nostra comunità nazionale.
Il primo, il poeta del dissenso, colui che meglio di altri ha descritto un Paese in pieno sviluppo economico, ma in decadenza da un punto di vista morale: egli, avversato da molti per la sua manifesta omosessualità, è stato il nemico principale sia dei Comunisti, che dei Democristiani, visto che degli uni non tollerava l’ipocrisia e degli altri il senso machiavellico e cinico delle istituzioni.
Moro, invece, pur incarnando il partito-Stato della Prima Repubblica, la Democrazia Cristiana, è stato sempre tollerato dai suoi amici di partito, per cui la sua morte, per evitare la quale poco o nulla hanno fatto sia i Comunisti che i Democristiani, ha segnato la fine di un’epoca e la scoperta dei grandissimi limiti su cui, per decenni, si era costruito il tacito patto di non belligeranza fra le due principali forze politiche del Paese.
Eppure, mentre Pasolini ha avversato il Compromesso Storico, ritenendolo - gramscianamente - un “pactum sceleris”, Moro ne è stato il regista e l’autore principale nel corso del biennio 1976/78, che avrebbe dovuto concludersi con la sua elezione al Quirinale e che lo portò, invece, a morire nella Renault 4 per mano di brigatisti, sostenuti invero da forze occulte, sia nazionali che internazionali.
Oggi, a distanza di quarant’anni da quegli eventi (Pasolini morì tre anni prima di Moro), se ne piange la morte, perché il loro messaggio è stato, finalmente, capito.
D’altronde, una maledizione si è abbattuta sui due partiti, che hanno segnato la loro storia e quella degli Italiani.
Il Partito Comunista è finito un decennio dopo quegli eventi, anche se la sua funzione storica si era, già, esaurita con il Compromesso Storico, mentre la DC ha avuto un decadimento più lento, ma più traumatico per gli Italiani, visto che il suo spazio politico è, tuttora, rimasto vuoto e da quell’assenza nasce la crisi di governabilità degli ultimi due decenni.
Forse, quei due morti peseranno, ancora, sugli Italiani, per cui le loro morti violente, rimaste senza i nomi dei veri colpevoli, sono il macigno che un Paese intero deve portarsi dietro per anni o decenni?
Certo è che due immagini rimarranno indelebili negli occhi degli Italiani: quella del corpo di Pasolini, straziato da Pelosi e dai suoi compagni, e quella della bara di Moro, priva della salma, in occasione dei funerali di Stato, che la DC volle tributare ad un leader che aveva chiesto di non essere accompagnato al cimitero da chi ne aveva decretato la morte.
Da quelle due immagini truci e surreali bisogna ripartire, sapendo bene che, se il Paese non regolerà i conti con il suo passato, il futuro non nascerà mai e l’Italia sarà, sempre, ostaggio dei suoi spettri.
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