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lunedì, 09 febbraio 2015 19:40 |
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Rosario Pesce
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La notizia del giorno è, certamente, rappresentata dalle dichiarazioni del Ministro dell’Economia del Governo di Alexis Tsipras, il quale, intervistato in occasione della messa in onda della trasmissione “Presa Diretta”, ha confermato un dato, che – se corrispondesse, effettivamente, al vero – sarebbe non poco preoccupante: l’Italia è prossima al default, per cui la sua condizione odierna non è molto dissimile da quella della stessa Grecia, del Portogallo e dell’Irlanda.
Invero, è irrituale che il Ministro del Dicastero greco parli della situazione italiana, visto che il bon ton istituzionale vorrebbe che ciascuno degli Stati, membri dell’UE, guardasse esclusivamente in casa propria, senza volgere lo sguardo altrove.
Tanto più, l’Italia è uno dei Paesi creditori della Grecia, per cui la decisione di Alexis Tsipras di non procedere al pagamento dei debiti, contratti dopo il 2010 dai Governi precedenti al suo, complica non poco la condizione italiana, benché fortunatamente la nostra esposizione, nei riguardi della Grecia, non sia di dimensioni notevoli, come è invece quella della Germania, che si fece carico del debito ellenico con una sovraesposizione finanziaria, che oggi giustifica - ampiamente - le preoccupazioni della Merkel.
Le dichiarazioni di Varoufakis sono state, prontamente, contraddette dal suo omologo italiano, Padoan, il quale ha smentito – in termini categorici – il contenuto dell’intervista dell’esponente dell’Esecutivo ellenico, sostenendo che il debito italiano è nei limiti e, dunque, non deve destare alcuna preoccupazione.
Se si procede ad analizzare i dati finanziari complessivi, non si può non dare ragione a Padoan, visto che il prestito, disposto nei giorni scorsi dalla BCE, costituisce un’importantissima boccata d’ossigeno per il Tesoro, sebbene le somme - erogate dalla Banca Europea - debbano poi essere restituite, dal momento che la liberale dazione di danaro si è materializzata nella forma dell’acquisto di titoli di Stato, su cui inevitabilmente gravano gli opportuni interessi.
Peraltro, si è concretizzata un’altra precondizione vantaggiosa, sia per l’economia nazionale, sia per la finanza pubblica: l’abbassamento, infatti, del prezzo del petrolio costituisce un’incentivazione significativa per il rilancio della produzione e, dunque, per l’incremento del gettito fiscale conseguente, che è una voce essenziale per la tenuta complessiva dei conti.
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Non si può negare, però, che, per quanto vada migliorando, lo stato di salute della finanza italiana rimane – comunque – molto precario, perché, qualora nei prossimi mesi le economie più deboli del continente – irlandese, portoghese, spagnola – dovessero subire un tracollo repentino, gli effetti ineluttabilmente si ripercuoterebbero finanche sull’Italia, per cui un’eventuale ulteriore contrazione del dato del PIL riporterebbe il debito del nostro Paese ai valori dell’estate del 2011, quando fu necessaria la riforma Fornero, ad opera del Governo Monti, per mettere lo Stato al riparo da esiti tragici.
Quindi, le parole del Ministro ellenico hanno un’importanza non secondaria e meritano di non essere sottovalutate, benché siano state pronunciate con sentimento di avversione ed inimicizia per l’Italia, visto che Tsipras sperava, molto probabilmente, in un atteggiamento diverso da parte di Renzi, quando è scoppiato il contenzioso politico-diplomatico fra l’Esecutivo di Atene e la Cancelleria di Berlino.
Si può, dunque, presumere che il “re sia nudo”?
Si può, cioè, pensare con sufficiente fondatezza che le parole del Ministro greco abbiano disvelato una tragica verità, che gli opinionisti della nostra carta stampata hanno, sistematicamente, evitato di evidenziare nelle settimane scorse, allo scopo di non creare un clima diffuso di disagio, scoramento, se non addirittura di allarmismo?
In momenti così difficili, però sarebbe giusto che il Governo, ai suoi massimi vertici, possa impegnarsi in una dichiarazione pubblica, solenne, formale, tesa a smentire – dati alla mano – il contenuto dell’intervista ad un esponente di riguardo di un Esecutivo, comunque, amico ed alleato.
Forse, nelle prossime ore, basterà un tweet del Premier, per chiarire definitivamente la vicenda?
Molto più opportunamente, crediamo che sarebbe auspicabile che Renzi andasse in Parlamento, per rispondere - in termini non solo propagandistici - alle dichiarazioni di Varoufakis, che ha avuto - bontà sua - il grandissimo merito di aver fatto sorgere un legittimo dubbio, che andrebbe, assai autorevolmente, dissolto quanto prima.
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