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sabato, 17 marzo 2018 11:37 |
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Rosario Pesce
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Ricomporre il puzzle della politica italiana non è cosa facile, visto che gli esiti delle elezioni del 4 marzo ci hanno restituito un Parlamento diviso, almeno, in tre grandi schieramenti: i Grillini, il Centro-Destra ed il PD, che - al momento - incontrano non poche difficoltà nel trovare una comune linea di convergenza.
È evidente che lo shock del voto non è stato irrilevante: la vittoria grillina era attesa, ma forse non nella misura in cui, poi, si è prodotta.
Tant’è che questi sono dati acquisiti, per cui ora è più opportuno ipotizzare le vie d’uscita, piuttosto che continuare ad analizzare le ragioni dei comportamenti degli elettori.
È ovvio che, per far partire la legislatura, è necessario che nasca un Governo nel pieno dei suoi poteri ed è, altrettanto, auspicabile che non siano necessari tempi lunghi per arrivare a tale esito.
Ma, con quale maggioranza?
Tutte le ipotesi sono di difficile realizzazione, visto che si tratta di mettere insieme forze che poco o nulla hanno in comune, ma il Paese non può, invero, tornare al voto a distanza di pochissimo tempo dalla tornata elettorale della scorsa settimana.
Per cui, volenti o nolenti, un accordo va costruito fra coloro che intendono avere un atteggiamento responsabile, intorno a pochissimi punti programmatici, che però sono utili per portare avanti un credibile piano di riforme, dalla legge elettorale alla materia economico-finanziaria.
È chiaro che, in tal caso, tutti i leader devono fare un passo indietro e convincersi che un vincitore delle elezioni c’è stato e che, con questi, si può e si deve ragionare intorno ad un accordo possibile.
È evidente che, in particolare nel PD, il dibattito non può che essere ridondante: bisogna, in quel partito, avviare non solo una discussione intorno alle ragioni del fallimento del renzismo, ma in particolare aprire una nuova stagione, con una rinnovata dirigenza, che sia in grado di far rinascere gli entusiasmi dei primi anni di vita di quel partito, quando molti milioni di Italiani guardavano al Partito Democratico come ad una speranza significativa per il proprio futuro.
Ma, tali processi hanno bisogno di tempo per sedimentarsi, perché una nuova dirigenza ed una leadership rinnovata non nascono, ovviamente, nell’arco di poche settimane.
In tale contesto, bisogna però avviare i lavori parlamentari e rimettere le istanze programmatiche al centro di qualsiasi possibile azione.
Saprà il PD uscire dall’impasse e contribuire a dare un nuovo Governo al Paese, evitando di divenire o mera forza di opposizione o formazione, comunque, residuale nel nostro odierno arco costituzionale?
Gli interrogativi non mancano, ma a questi bisogna fornire una risposta credibile in tempi certi, se si vuole evitare che i populismi possano spazzare via tutto, sia gli elementi negativi, che i molti fattori positivi che, pure, esistono nel nostro sistema istituzionale.
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