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mercoledì, 03 gennaio 2018 13:05 |
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Rosario Pesce
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Il 3 gennaio 1980 moriva Pietro Nenni, il leader indiscusso del socialismo riformista della seconda metà del Novecento.
Come gli altri grandi leader della Sinistra italiana, la sua formazione era avvenuta attraverso la lotta al Fascismo, per cui, caduto il regime ed avviata l’Italia repubblicana del dopo-Fascismo, era ineluttabile che egli divenisse non solo il Segretario del suo partito, ma il riferimento anche per quanti non erano socialisti di stretta fede nenniana.
Commise, nel 1948, il grave errore di acconsentire all’alleanza con il Partito Comunista, per cui i Socialisti, che avevano preso più voti in occasione delle elezioni del 1946 per la Costituente, si trovarono loro malgrado partecipi di un’esperienza destinata al fallimento, visto che i Comunisti – per i noti divieti internazionali – non potevano, certo, andare al Governo.
Quando poi terminò l’esperienza frontista, i Socialisti si ritrovarono in numero sparuto e divisi al loro interno, fra quanti guardavano - ancora - al Partito Comunista e quelli, invece, che avevano compreso l’errore ed intuirono che essi dovevano essere autonomi dai Comunisti e dovevano, piuttosto, costruire un dialogo proficuo con la Democrazia Cristiana, che da sola non poteva governare il Paese a lungo.
Nacque, così, l’autonomismo socialista, di cui Nenni fu assertore fino alla fine, avvenuta appunta nel 1980, dopoché aveva già lasciato la Segreteria Nazionale del PSI in favore del suo delfino, Bettino Craxi, che accentuò sin da subito la linea autonomista, separandosi in modo ancora più netto dal Partito Comunista di Berlinguer e dal Compromesso Storico, che aveva ridotto il Partito Socialista al minimo storico dei consensi in occasione delle elezioni politiche del 1976.
Egli, poi, dovette fare un sacrificio importante nel 1978, quando, essendo stato candidato alla Presidenza della Repubblica, scelse di lasciare il posto a Sandro Pertini, che era in grado di raccogliere intorno a sé il consenso sia dei Democristiani, che dei Comunisti, divenendo in breve tempo il Capo dello Stato, invero, più amato dagli Italiani.
Di Nenni, come d’altronde dei grandi padri della patria, da Togliatti a De Gasperi, dallo stesso Pertini a La Malfa, rimane oggi solo il ricordo, visto che l’odierna classe dirigente non ha, di certo, la medesima autorevolezza di chi mise in gioco la propria vita e quella degli affetti più cari per sconfiggere il Fascismo e per donare, così, la libertà agli Italiani.
Da quel ricordo, che deve sempre essere vivido, bisogna ripartire in momenti storici, come quello presente, nei quali gli Italiani possono imprimere una svolta e sono in grado, con il loro voto, di aprire una nuova stagione della politica e della vita delle nostre istituzioni.
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