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giovedì, 29 gennaio 2015 21:48 |
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Rosario Pesce
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Quella di Renzi, nella giornata odierna, è sicuramente una mossa a sorpresa.
Infatti, scaricando Berlusconi e, dunque, ponendo fine al Patto del Nazareno, egli ha ufficializzato la candidatura di Mattarella, che – in occasione del quarto scrutinio di sabato mattina – dovrebbe essere eletto Capo dello Stato con i voti delle forze uliviste, in primis PD e Sel.
Ovviamente, fra la dimensione del dire e quella del fare, in politica, esiste uno spazio intermedio infinito, per cui - come accadde nel 2013 - non è escluso che i franchi tiratori possano mettere in dubbio l’elezione dell’esponente democristiano, riportando indietro le lancette dell’orologio.
Non si può escludere un’eventualità simile, perché sappiamo bene come le elezioni quirinalizie non abbiano, spesso, una logica.
Può verificarsi, in modo altamente probabile, che la minoranza interna del PD decida di votare per un candidato diverso da Mattarella, per cui il quorum dei 505 voti non sarebbe raggiunto, neanche se le altre formazioni minori - come quella di Monti o dei dissidenti grillini - dovessero convergere sul candidato renziano.
È, anche, altrettanto possibile che, all’interno di Forza Italia, si consumi una faida, per cui chi vuole male a Berlusconi, potrebbe votare per l’ex-Ministro della Difesa, sapendo bene che la sua elezione al Quirinale segnerebbe la fine sia del Cavaliere, sia del gruppo di potere, che - in questi ultimi anni - ne ha condizionato pesantemente le scelte, portandolo talora a commettere errori clamorosi.
Infatti, Berlusconi di sbagli ne ha commessi molti, forse indotto da una prospettiva allettante per le sue aziende.
Sostenendo il percorso di riforme del Governo, ha messo Renzi nelle condizioni di divenire non solo il Premier, ma anche il king-maker del processo riformatore, acquisendo così un prestigio internazionale ed una forza parlamentare ben superiori ai suoi stessi desiderata.
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Ora, i nodi vengono al pettine: Berlusconi, sedotto ed abbandonato, non può che agire in modo impulsivo, tentando di impedire l’elezione di Mattarella e cercando, dunque, di riportare i giochi entro una condizione più favorevole per la sua parte.
Egli, però, dovrà confidare sul tradimento di una vasta area del PD, che può consumarsi nel segreto dell’urna, purché esista una soluzione alternativa.
Questa potrebbe essere fornita dai Grillini, qualora manifestassero la seria intenzione di votare, a partire dal quarto scrutinio, in favore di Romano Prodi, che - inevitabilmente - pescherebbe voti nella medesima area di Mattarella, dal momento che entrambi sono eredi della nobile tradizione della Sinistra democristiana.
Lo stesso nome di Amato non ci appare fuori dai giochi, qualora, dopo l’eventuale fallimento della candidatura, proposta oggi da Renzi, la componente dalemiana decidesse di orientare il consenso verso il Dottor Sottile, che – notoriamente – intrattiene ottimi rapporti con gli ambienti riformisti degli ex-Ds e, soprattutto, è ben visto da molti democristiani - finanche di Destra - molto più di quanto non lo sia Mattarella, che – invero – raccoglie simpatie in un settore molto limitato del PD, quello meramente di estrazione popolare, dato che gli stessi parlamentari di stretta osservanza renziana vivono con disagio la nomination del giudice costituzionale, perché non appartiene alla loro generazione e perché il suo spessore morale - invero - è superiore a quello di tanti esponenti dell’odierno ceto politico.
Come finirà, allora, la partita?
Non possiamo non rimanere in attesa degli sviluppi dei due scrutini di domani, che, pur non essendo utili per eleggere il Presidente della Repubblica, ci forniranno un’indicazione preziosa, per capire se candidature credibili, alternative a quella di Mattarella, stanno emergendo fra i grandi elettori, che – finora – hanno subìto gli eventi, non potendo contestare pubblicamente gli ordini, che provengono loro dai vertici dei rispettivi partiti.
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