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sabato, 24 gennaio 2015 18:42 |
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Rosario Pesce
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La relazione odierna del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma, letta in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha posto in evidenza un fatto noto alla grande pubblica opinione, che però ora trova ulteriore ridondanza, dopo le parole pronunciate dall’alto magistrato: il calcio è divenuto uno strumento di straordinaria importanza per l’invasione dei clan nell’economia legale.
Infatti, il mondo del pallone offre alla malavita la possibilità di realizzare ingenti guadagni, visto che l’azienda calcistica è l’unica che può garantire rilevantissimi margini di profitto alle mafie, che sono penetrate nello sport massicciamente, così come - nei decenni scorsi - avevano invaso l’edilizia o altri settori vitali dell’economia nazionale.
Inoltre, il calcio può assicurare alle associazioni criminali la visibilità opportuna, di cui esse necessitano per poter crescere in un clima di consenso generale: non è un caso, se molti imprenditori, piccoli e medi, nel passato sono entrati in società calcistiche professionistiche – anche, di seconda o terza serie – allo scopo di riciclare un po’ di danaro sporco ed, in seguito, hanno cessato la loro attività, quando la finalità originaria era stata pienamente raggiunta.
In particolar modo, il calcio delle categorie inferiori è esposto ad interessi malavitosi, dal momento che le partite si prestano, naturalmente, al grande business delle scommesse, che diventa tanto più significativo quando, con la complicità dei calciatori infedeli, si riesce a realizzare la combine e a determinare, a tavolino, l’esito dei match, come hanno dimostrato le indagini della Procura di Cremona, sempre pronta nell’attenzionare i fatti illeciti, afferenti allo sport più amato dagli Italiani.
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Ancora, non si può non dimenticare che, nelle curve, gli ultras costituiscono sovente il legame con la mafia, che così cerca di condizionare le società sportive, che spesso non riescono a liberarsi del ricatto, che subiscono dai clan: non possiamo, certo, non evidenziare la presenza di molti criminali all’interno del tifo organizzato, all’unico scopo di reclutare nuova manodopera fra i tifosi, che affollano - la domenica - le curve dei nostri stadi.
Peraltro, con la trasformazione dei sodalizi in società per azioni, il traffico di danaro, intorno al calcio, è aumentato notevolmente, visto che, nei Consigli di Amministrazione delle squadre più importanti e blasonate, non ci sono solo le grandi famiglie del capitalismo italiano, ma a loro si è affiancata la presenza di capitalisti stranieri, i quali sono compulsati dai profitti, che possono derivare dalla costruzione dei nuovi stadi e dall’urbanizzazione delle aree, che sorgono nei pressi dei futuri impianti, con una ricaduta significativa per l’economia locale, oltreché per gli stessi gruppi economici, che sono impegnati in attività di così vasto impatto sociale. Forse, sarebbe opportuno un controllo più pervasivo, da parte degli organi competenti, per evitare che il calcio diventi il terreno di conquista di appetiti tanto famelici, quanto confinanti con la criminalità finanziaria?
Forse, sarebbe opportuno procedere ad una schedatura più capillare di quanti, domenicalmente, vanno allo stadio, perché - nelle curve - si assiste alla selezione di manovalanza, che poi viene utilizzata per gli scopi meno nobili: dallo spaccio di droga ai crimini contro la proprietà, tipici della delinquenza comune, dalle estorsioni all’arruolamento di adepti per finalità illegali di natura politica.
È giusto che si insegni, nelle scuole, l’amore per il puro piacere della competizione sana e priva di altri fini, che non siano solo quelli - meramente - sportivi.
Anche, attraverso il miglioramento della qualità del tempo libero, passa la crescita civile del nostro Paese, tanto più in un momento storico – come quello odierno – nel quale sembra che prevalga, invece, l’imbarbarimento più cupo e truce.
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