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Venti di crisi

venerdì, 09 dicembre 2016 21:51

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Rosario Pesce
Il momento, che stiamo vivendo, è certamente uno dei più importanti della storia recente. Non solo la crisi politica, ma ben altre sono le emergenze, che il Paese sta vivendo.
Infatti, prima di tutto, non può non costituire un fattore di allarme sociale la presenza di un fortissimo disagio fra moltissimi Italiani, che non riescono a sopravvivere, se non per effetto di provvidenze “una tantum” da parte dello Stato e di ausili ed assistenza di amici e privati.
Ma, fino a quando potranno reggere con uno stato sociale sempre più precario ed, in particolare, non in grado di rispondere ai bisogni, sempre crescenti, dei nostri concittadini?
Peraltro, per effetto degli indirizzi degli ultimi decenni, le risorse trasferite alle politiche sociali e di inclusione sono sempre minori, per cui è ineluttabile che, a fronte di disponibilità diminuite e di un fabbisogno crescente, emerga un disagio che potrebbe, finanche, esprimersi in modo caotico e, soprattutto, molto pericoloso per il consesso civile.
Inoltre, un problema ulteriore si è aggiunto nel corso degli ultimi mesi: la volatilità della consistenza finanziaria delle banche, per cui, nelle prossime settimane, sarà necessario un intervento corposo da parte dello Stato, per mettere in sicurezza i risparmi di moltissimi Italiani, che altrimenti rischiano di saltare, se non interviene - appunto - il Governo a risarcire quanti, a causa dei fallimenti preannunciati, possono perdere le somme di danaro messe insieme grazie ad una vita di lavoro e di sforzi, a volte, assai rilevanti.
In tale contesto, ovviamente il dato preoccupante è segnato dalla disoccupazione giovanile, per cui coloro che hanno un’età fra i venti ed i trent’anni non vedono, molto spesso, una prospettiva di vita dignitosa dinnanzi a loro.
Questi sono, non a caso, i giovani che hanno votato, in stragrande maggioranza, per il NO al referendum voluto da Renzi, a dimostrazione del fatto che il responso di quella competizione è stato molto condizionato da una situazione generale di difficoltà, che il ceto politico vicino al Premier non ha saputo cogliere in tutta la sua gravità.
In tale contingenza, il Governo dovrà assumere decisioni molto forti, per cui è auspicabile che esso sia autorevole ed abbia una base di consenso parlamentare molto ampia, che gli possa consentire di poter guardare con relativo ottimismo alla scadenza prossima della legislatura.
Vorranno i partiti, pertanto, facilitare il lavoro del Presidente della Repubblica, dando un’indicazione su una personalità e su una formula politica, che siano in grado di dare risposte convincenti alle problematiche odierne?
Non si può, invero, scherzare con la solidità dello Stato, perché da questa deriva il futuro dei nostri giovanissimi concittadini.
Quindi, dopo gli errori rilevantissimi degli ultimi anni, è giusto che chi guiderà il Paese lo faccia in una condizione di consenso, perché questa sarà la migliore premessa per risalire la china.
Ma, sarà possibile ipotizzare un contesto istituzionale di tal fatta o ci si dovrà arrendere agli egoismi faziosi, che mai da nessuna parte hanno condotto le classi dirigenti italiane e, di conseguenza, le masse popolari che dalle prime - inevitabilmente - dipendono?
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