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Rosario Pesce
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Il bello della politica, sovente, consiste anche in piccole o grandi vendette, che vengono consumate in modo scientifico da chi deve rifarsi di qualche torto, che ritiene di aver subito.
È il caso degli esponenti del PD che, messi da parte dal nuovo ciclo renziano, hanno festeggiato, in modo sontuoso, la sconfitta del Premier la notte dello scorso 4 dicembre.
Qualcuno dal palato più raffinato ha storto il naso, dicendo che, in quei festeggiamenti, che hanno visto coinvolte personalità importanti di Governi di anni fa, si è violato il buon gusto.
Mai riflessione più sbagliata!
Infatti, come dichiarava - assai autorevolmente - un vecchio esponente della Prima Repubblica, Rino Formica, la politica è “sangue e m…”, a dimostrazione del fatto che la battaglia nelle istituzioni non è, certamente, idonea né per educande, né per nobili di spirito e che, dunque, chi sovente rispetta un’inflessibile etica, rischierebbe di trovarsi molto male al fianco di persone che non sono animate dai sentimenti più raffinati, di cui è, pure, capace l’essere umano.
La politica, sin dai tempi più remoti della democrazia occidentale, ha messo in gioco passioni, interessi, istinti, che hanno portato l’uomo a raggiungere traguardi, finanche, importanti di civiltà e di progresso, ma molto spesso questi - pur nobili - obiettivi sono stati conseguiti, anche, attraverso violenze e meschinerie varie, di cui i libri di storia sono pieni.
Pertanto, non può - invero - sorprendere il fatto che un manipolo di parlamentari abbia festeggiato la detronizzazione del proprio leader di partito davanti alle telecamere, così come non si possono dimenticare i festeggiamenti che, all’interno dell’aula di Montecitorio, vennero promossi in occasione della caduta di taluni Esecutivi nel corso della storia più recente d’Italia.
Questo è l’uomo: l’agone politico ne evidenzia, talora, le dinamiche meno aristocratiche, ma - forse - le più autentiche.
Forse, abbiamo dimenticato l’atrocità degli spettacoli negli anfiteatri romani, quando il pubblico godeva del fatto che, con un semplice battito di mano, l’Imperatore poteva esercitare il potere di vita o di morte su un individuo?
O, forse, abbiamo dimenticato le violenze sistematiche, che, in particolare in età moderna, sono state consumate contro innocenti ed indifesi, spesso in nome di interessi biechi, che venivano tollerati solo perché ammantati da nobili e false motivazioni ideali o religiose?
È chiaro che il buon gusto non sempre si sposa con l’agone politico, ma è altrettanto chiaro che il potere logora, come diceva Andreotti, chi non ce l’ha, per cui, quando si vince una battaglia che rovescia - sic et simpliciter - i rapporti di forza tradizionali, è ineluttabile qualche eccesso, che fa a pugni inesorabilmente con il bon ton.
Forse, come a Carnevale, si rovesciano le regole e ciò che, altrimenti, non è consentito, diviene possibile?
O forse, più semplicemente, la politica niente altro è se non lo specchio fedele di ciò che noi siamo nel profondo, al di là di qualsiasi etichetta o di qualsiasi limite, imposto dall’autocensura e dalle rigide regole sociali?
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