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domenica, 28 febbraio 2016 08:45 |
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Rosario Pesce
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Quella del Governo Renzi è stata una scelta conservatrice e foriera di conseguenze: facciamo, ovviamente, riferimento alla decisione, assunta dal Capo del Governo, di giungere all’approvazione della legge sulle unioni civili, puntando ad un accordo di maggioranza con Alfano ed i verdiniani, piuttosto che perseguire il sentiero, più tortuoso ma forse più gratificante, dell’accordo parlamentare con i Grillini, che avrebbe permesso, invero, un esito più coraggioso e più importante in termini di crescita culturale per il nostro Paese.
Infatti, blindarsi in una logica di Governo, contraendo un legame ancora più forte con Alfano e Verdini, non solo è una scelta di campo per Renzi, ma rappresenta un fatto simbolico, estremamente, significativo per la conclusione della legislatura in corso: i Grillini, infatti, non solo non potranno mai entrare in maggioranza, ma non potranno neanche firmare, insieme agli altri partiti, una legge che invero, trattando materie eticamente sensibili, non avrebbe avuto bisogno certamente di una investitura nata da un patto, meramente, di potere.
Peraltro, la scelta di Renzi ci appare contestabile, perché ovviamente anticipa una stagione di grande interesse politico, visto che, nella prossima primavera, si voterà nelle più grandi città italiane ed, in particolare, si andrà al referendum sulla materia costituzionale, che rappresenterà il vero e più autentico spartiacque della legislatura iniziata nel 2013, dopo il voto di febbraio e l’infausta trattativa, che venne condotta da Bersani, pur di comporre una maggioranza insieme a Grillo ed alla sua variegata truppa di parlamentari.
Cosa fa, frattanto, il PD per salvare la sua identità di partito progressista, mentre il Capo del Governo costruisce accordi con forze, che poco o nulla hanno a che fare con la storia del Centro-Sinistra italiano?
È evidente che il doppio ruolo di Renzi, quello di Premier e di Segretario Nazionale del suo partito, gli dia una forza notevole, per cui la minoranza interna, ormai, non esiste più, dal momento che i pochi riottosi, che hanno avuto il coraggio di sfidare il Presidente del Consiglio, nel giro di alcuni mesi, sono stati indotti o hanno scelto di abbandonare il PD e di salire sul tram in partenza della nuova Sinistra, tutta ancora da costruire ed, in verità, seducente solo per quanti esprimono un voto fortemente ideologizzato, visto che, almeno a breve, questo schieramento in fieri non ha alcuna possibilità di rientrare in un più ampio milieu di forze di Governo.
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Pertanto, è ovvio che, in una siffatta situazione, non solo Renzi diventa il vero demiurgo della vicenda parlamentare, ma ineluttabilmente, privo di concorrenti interni, che lo possano intimidire, cerca di chiudere ogni alleanza possibile, che non solo gli assicuri altri due anni di permanenza a Palazzo Chigi, ma in particolare gli dia la garanzia di poter arrivare al voto politico con una credibile chance di successo, alla luce in particolare del dispositivo elettorale, che lo obbliga a giungere al traguardo del 40% di voti per vincere le elezioni al primo turno, senza sottoporsi allo stress del ballottaggio, che sarebbe, per lui, una minaccia di non poco conto.
Ma si possono sacrificare idee e valori, tanto più su materie eticamente sensibili, sull’altare dei calcoli meri di opportunità politico-elettorale?
Negli anni ’70, la Sinistra dell’epoca ebbe il coraggio di assumere decisioni molto forti sui temi dell’aborto e del divorzio, non facendosi vincolare dalle strategie parlamentari, che avrebbero consigliato un atteggiamento molto più prudente al PCI, che era in orbita di Compromesso Storico con la Democrazia Cristiana.
Eppure, allora, le decisioni assunte furono diverse: sui temi di Governo, continuò il rapporto privilegiato fra democristiani e comunisti, ma su aborto e divorzio ognuno andò legittimamente per la sua strada, coerentemente con il proprio retroterra culturale e con la tradizione del pensiero, che ciascuna delle due forze poteva vantare.
Oggi, il medesimo coraggio non c’è stato: Renzi, pur non rompendo l’intesa di Governo con Alfano, poteva sulle unioni civili ricercare il giusto ed opportuno accordo con i Grillini, allo scopo di non dare a questi una legittimazione ulteriore, che ineluttabilmente ora hanno ricevuto, visto che, agli occhi della pubblica opinione nazionale, sono apparsi gli unici che si muovono in una dinamica non confessionale, rispettosa dei nuovi bisogni, che nascono nella nostra società, ed a cui il legislatore illuminato non può non dare una risposta, chiudendosi in un atteggiamento oscurantista e, falsamente, attento inoltre ad una tradizione civile, che ormai non esiste più da tempo.
Non sappiamo se la scelta renziana sarà premiante o meno in termini elettorali; certo è che essa rappresenta un grave vulnus nel rapporto fra il PD e la cultura laica, che dovrebbe incarnare e che, soprattutto, dovrebbe sforzarsi di rappresentare nelle aule parlamentari e nel dibattito pubblico.
Forse, il Governo vale bene una Messa?
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