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Rosario Pesce
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Lunghissima è la battaglia fra l’uomo ed i batteri ed i virus, come nel caso del Covid.
Infiniti sono gli episodi della storia nel corso dei quali gli stessi hanno prodotto gravi devastazioni, epidemie e pandemie, che hanno mutato il corso degli eventi: non è un caso che le epoche storiche possono essere descritte, anche, in funzione degli accadimenti luttuosi che hanno cagionato batteri e virus.
Ma, quella contro il Covid è la prima importante pandemia che si consuma nel mondo post-moderno, in quel mondo dove cioè la globalizzazione interviene come acceleratore dei processi di contagio.
Non è un caso che il virus, manifestatosi in Cina per la prima volta, si sia poi diffuso nella regione più ricca d’Italia, che intrattiene i rapporti commerciali più significativi con il mondo orientale.
Le pesti ed i fenomeni morbosi, come insegnano illustri economisti, hanno sempre condizionato i cicli produttivi, intervenendo in primis sul rapporto essenziale fra demografia e produzione/distribuzione delle ricchezze, per cui quando l’umanità - in determinati momenti storici - cresce in modo eccessivo in termini di popolazione, i fatti pandemici intervengono a ripristinare una presenza più corretta dell’uomo sulla Terra.
D’altronde, in queste settimane di pandemia e di quarantena forzata, chi ha tratto vantaggio è stata la natura, il cui consumo è stato meno intensivo, a tal punto che, se si fotografa oggi nelle valli padane il corso di un fiume e lo si confronta con quello di appena un mese fa, si nota come lo stesso appaia molto più ossigenato di prima.
È evidente che simili osservazioni di natura economicistica ed ambientale ci allontano, però, dal dramma di una generazione intera, quella delle persone oltre i sessant’anni, che stanno combattendo una battaglia ardua ed impari nelle sale di terapia intensiva dei nostri ospedali per salvare la propria vita, preziosa per sé e per i propri figli e nipoti.
A tale generazione di Italiani dobbiamo essere grati, perché il boom economico lo hanno costruito questi nostri concittadini, che ora si trovano a vivere una condizione di pericolo molto forte.
A loro dobbiamo le fortune, che nel corso degli ultimi decenni il nostro Paese è stato in grado di edificare ed è infinitamente triste il fatto che non siamo in grado di assicurare loro la prosecuzione della propria vita.
Forse, la natura ha voluto imporre un cinico meccanismo di selezione della specie, lasciando in vita i più giovani e sani e determinando, invece, la morte dei più anziani e malati?
Forse, l’umanità, immaginandosi troppo forte, ha scoperto di essere debolissima di fronte ad un microrganismo che non si percepisce ad occhio nudo?
Forse, siamo ad un punto di svolta della nostra storia, come lo fu l’Europa con la peste nel corso del XVII secolo?
Certo è che gli eventi di questi giorni segnano un discrimine fra un passato, che così è definitivamente archiviato, ed un presente ed un futuro immediato che vanno costruiti tra mille incertezze ed inquietudini.
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