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Rosario Pesce
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Cinquant’anni fa l’uomo conquistò la Luna, portando così a compimento un obiettivo che, da anni, era ben presente alle classi dirigenti degli Stati Uniti d’America, che dimostrarono così in quell’estate del 1969 che la loro tecnologia era molto più avanti di quella sovietica e che, dunque, il capitalismo stava per trionfare sul socialismo reale.
Dopo quell’evento, per altri venti anni sono andati avanti i progetti della Nasa, volti alla conquista dello spazio celeste ed alla ricerca di nuove forme di vita, presenti eventualmente nel Sistema Solare.
La conquista della Luna, pur non provocando conseguenze importanti almeno nell’immediato, fu certamente un fatto simbolico essenziale, visto che non solo la letteratura ed il cinema avevano costruito molte opere d’arte intorno ad una simile opportunità.
Quei minuti di passeggiata degli astronauti americani sul suolo lunare segnarono una svolta per l’Occidente intero: Selene non era solo la proiezione di artisti e letterati, ma diveniva un luogo concreto su cui si poteva - appunto - deambulare, quasi come in un qualsiasi altro angolo della Terra, al netto dell’assenza della gravitazione universale.
L’allunaggio aprì, quindi, le porte di una trascendenza, che fino ad allora era stata la proiezione onirica di intere generazioni, abituate ad osservare il cielo ed a fantasticare su ciò che potesse esserci oltre il limite dell’occhio nudo.
Ed, oggi, qual è la nuova Luna da conquistare?
Forse, Marte?
Forse, qualche altro spazio recondito del cielo stellato?
Forse, il Sole con qualche particolare modulo spaziale resistente alle altissime temperature di Elios?
O, forse, torneremo tutti con i piedi (oltreché con la fantasia) ben fissi sulla nostra beneamata Terra, che è - pur sempre - l’unico luogo dello spazio celeste che rende la vita possibile a noi esseri umani, abituati a vivere con la punta del naso rivolta verso l’alto?
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