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lunedì, 09 febbraio 2015 21:12 |
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Rosario Pesce
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Gli effetti dell’elezione del nuovo Capo di Stato, in assenza di un accordo fra il PD e il PDL, si sono fatti avvertire subito: Berlusconi, consigliato da Brunetta, ha deciso di tornare sulle barricate, alleandosi con il peggior nemico del Governo Renzi, quel Salvini che è dato in continua ascesa nei sondaggi.
È evidente che il Cavaliere non abbia una scelta diversa da poter compiere: rotto il Patto del Nazareno, deve ricercare il dialogo con la Lega, ben sapendo che, nel mese di maggio, si voterà per le elezioni regionali, per cui è necessario ricostruire l’intesa con il Carroccio, per riconquistare quelle Regioni, che sono già del Centro-Destra, come Campania e Veneto, e per tentare di fare il colpaccio nelle altre, dove l’Amministrazione uscente è di Centro-Sinistra.
Crediamo, invero, che Berlusconi stia in grandi difficoltà, perché la situazione odierna è ben diversa da quella di qualche anno fa, quando Forza Italia aveva un consenso pari, almeno, al triplo di quello della Lega.
Oggi, le due formazioni di Centro-Destra vengono accreditate di un livello di consenso simile, per cui la dialettica Berlusconi-Salvini non può che avvenire da posizioni alla pari: in tale contesto, è inevitabilmente avvantaggiato il leader leghista, che certo non ha compiuto il grave errore strategico di farsi sedurre da Renzi e, poi, di essere abbandonato nel momento essenziale dell’elezione del Capo di Stato.
Ma, le elezioni regionali si celebrano con una legge differente dall’Italicum: infatti, in tutte le Regioni vige l’elezione diretta del vertice della Giunta, per cui è ineluttabile che Lega e PDL si alleino fra di loro, mentre ben diversa è la situazione, che si configurerà con l’Italicum, che prevede che il premio di maggioranza venga attribuito al singolo partito e non alla coalizione intera.
Pertanto, Salvini e Berlusconi si accingono a correre insieme nella prossima primavera, salvo separarsi di nuovo, quando si andrà al voto per il rinnovo della Camera, dato che a nessuno dei due converrà correre in coalizione con l’altro, a meno che il Cavaliere non decida di lasciare al Segretario leghista il compito delicato di guidare l’alleanza, ben sapendo che, all’interno del suo partito, non esistono personalità in grado di sostituire il Berlusconi dei tempi migliori, quando, da solo, era in grado di attrarre il voto di milioni di Italiani, semplicemente in virtù di un passaggio televisivo o di pochi giorni di intensa campagna elettorale.
È evidente che, fra le due forze, esista un solco difficilmente colmabile: la Lega, per quanto si sforzi di divenire un partito nazionale, è pur sempre una formazione, che raccoglie consenso solo in una parte d’Italia, mentre il PDL è, tuttora, l’espressione della Destra moderata italiana, dal momento che nessun leader è stato capace, finora, di sostituire Berlusconi nell’immaginario dell’elettorato centrista.
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Quanti, nel corso degli ultimi anni, hanno tentato di prendere il posto del patròn di Mediaset hanno fallito miseramente, per cui, da Monti a Passera, da Casini a Fini, tutti gli avversari conservatori del Cavaliere hanno alzato bandiera bianca e sono, praticamente, scomparsi dallo scenario istituzionale del Paese, divenendo dei notabili, ormai, indotti ad una pensione forzata dal Caimano. Inoltre, un fattore deve essere preso in considerazione: appare, sinceramente, irragionevole che Berlusconi mantenga la promessa di un’opposizione a 360 gradi contro il Governo, vista l’imponente mole di interessi privati, che il suo impero, commerciale e televisivo, ineluttabilmente reca, per cui crediamo che, molto più saggiamente, dopo un breve periodo di contrasto molto duro, il Cavaliere tornerà a dialogare con l’Esecutivo, ben sapendo che moltissime questioni, che stanno a cuore alla figlia Marina ed a Confalonieri, possono essere risolte in favore di Mediaset, solo se c’è la disponibilità da parte dell’inquilino di Palazzo Chigi.
Pertanto, si sta consumando l’ennesima partita parlamentare, che si gioca su più tavoli: uno per le Regionali e l’altro per le prossime elezioni politiche, per cui la Lega e Forza Italia si atteggiano come i due compari, che fingono di litigare, salvo poi tornare a stare insieme, quando le ragioni di opportunità e di merito lo rendono possibile ed auspicabile.
Il buon Premier, che ha dimostrato malizia da vendere nella vicenda quirinalizia, invero non si lascerà intimorire da segnali siffatti, ben sapendo che il destino suo si giocherà in occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento, quando egli dovrà vincere al primo turno, raggiungendo la soglia fatidica del 40%, prevista dall’Italicum, se vorrà evitare di rimanere vittima, poi, delle strane alleanze e dei trasversalismi imprevedibili, che si potranno innescare, qualora fosse necessario andare al ballottaggio, per decretare il vincitore.
Naturalmente, sin da ora, noi non potremo non osservare i movimenti, che saranno realizzati dai partiti, i quali si agitano in vista dell’obiettivo - temporalmente - più vicino, ma soprattutto in funzione di quello, effettivamente, decisivo della primavera del 2016.
Rosario Pesce
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