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Se Renzi perde il sostegno di Repubblica…

domenica, 03 dicembre 2017 14:53

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Rosario Pesce
L’intervista, rilasciata da De Benedetti agli organi di stampa, dimostra bene come il consenso di Renzi sia venuto meno, finanche, presso i principali sponsor del passato.
Ormai, l’atteggiamento molto recriminatorio dell’ex-Presidente del Consiglio, teso a recuperare i sostegni del recente passato, produce effetti contrari alle sue intenzioni.
È evidente che coloro che hanno postazioni di potere importanti, all’interno delle famiglie del grande capitalismo italiano, non hanno alcun interesse a fomentare il conflitto fra organi dello Stato, come nel caso della contrapposizione fra lo stesso ex-Premier e la Banca d’Italia, per cui non possono che sostenere chi, invece, come Gentiloni, tende a ricostruire una tela di rapporti qualificanti intorno alla propria posizione legittima istituzionale.
D’altronde, il ragionamento di De Benedetti non fa una grinza, come si dice in gergo.
Renzi ha tentato di innovare la politica, ma si è incamminato in una sfida più grande di lui, come il referendum costituzionale dello scorso autunno, per cui, dopo una sconfitta di quelle dimensioni, avrebbe dovuto farsi da parte non solo da Premier, ma anche da leader del suo stesso partito, evitando quindi che il dibattito, interno al PD, si sclerotizzasse intorno a lui ed ai suoi destini personali.
Peraltro, con l’esperienza del Governo Gentiloni sta crescendo una classe dirigente, non di stretta osservanza renziana, che dimostra di poter governare il Paese per il prossimo decennio, solo se Renzi avrà il buon senso di farsi da parte e di evitare di cagionare ulteriori danni alla sua parte.
Da Franceschini a Delrio, da Minniti a Calenda, le personalità certo non mancano e sono tutte in grado di potersi candidare per il premierato, come lo stesso Gentiloni, che sta dimostrando di possedere una sensibilità istituzionale, che forse pochi osservatori gli avrebbero riconosciuto all’inizio della sua esperienza a Palazzo Chigi.
Pertanto, se Renzi dovesse farsi da parte, invero non mancherebbero coloro che sono in grado di poterlo sostituire, sia alla guida del PD, che dell’Esecutivo, anche perché non si può consegnare il Paese a Berlusconi o a Grillo o a Salvini, solo per difendere l’indifendibile.
Ma, è evidente che Renzi non si farà da parte da solo e che giocherà la partita delle prossime elezioni politiche in un ruolo di protagonismo assoluto.
Gli esiti, però, del voto dovrebbero indurre il PD, poi, a ragionare sulla leadership: se per formare il nuovo Governo, sarà necessario chiedere a Renzi un passo indietro, crediamo in verità che i maggiorenti del partito non esiteranno a farlo, pur di salvare il PD stesso e di dare una prospettiva di vita alla Sinistra riformista, che altrimenti sarebbe devastata dal successo dei populismi di Salvini e di Grillo.
Sarà Renzi in grado di capire e di non creare ostacoli lungo il sentiero di un processo, che dovrà portare all’autonomia dal renzismo i ceti dirigenti democratici, che pure hanno fornicato con lui?
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